Volontariato

Quercia con elmetto

Legge 185, i troppi dubbi dei Ds. Nonostante le promesse dell’ulivo, presto il parlamento voterà il ddl che cancella molti controlli sull’export di armi.

di Gabriella Meroni

C?era imbarazzo, nei giorni scorsi tra i politici, sulla questione delle armi. In pochi avevano voglia di affrontare l?argomento: svicolavano, accampando improvvisi impegni o scaricando su segreterie e colleghi di partito. I più gentili (come Livia Turco) hanno chiesto tempo per riflettere. Brutto segno. E infatti: questa settimana, dopo averci fatto sperare in una positiva conclusione della campagna ?Io difendo la 185?, è arrivata la mazzata. Il ddl 1927, che cancella molti controlli sull?export di armi, andrà in aula alla Camera lunedì 25. Dove ha tutte le chance per essere approvato così com?è. Fine della mobilitazione? Sconfitta della società civile? Probabile, a meno che le iniziative delle associazioni in questi ultimi giorni utili non sappiano attirare l?attenzione di media e opinione pubblica su quello che accade in Parlamento. Ovvero, la definitiva vittoria della lobby delle armi, adeguatamente sostenuta dall?altra lobby (che non sospettavamo così numerosa e trasversale) dei politici-cowboy.

Promessa mancata
Le speranze di successo per la campagna si erano accese all?indomani dell?incontro che alcune associazioni (tra cui Pax Christi, Medici senza frontiere e Amnesty International) avevano avuto con il gruppo dei deputati Ds il 5 marzo. In quell?occasione parlamentari autorevoli come Luciano Violante e Marco Minniti, ma anche volti amici del Terzo settore come Mimmo Lucà e Giovanni Lolli, si erano impegnati a non far entrare nei lavori parlamentari il ddl contestato per tutto marzo, e almeno fino a quando non avessero preparato opportuni emendamenti al testo. Anzi, avevano giurato di volerlo riportare in Commissione per ridiscuterlo. Stando al verbale dell?incontro, redatto da Enrico Maria Borrelli dell?associazione Obiettori nonviolenti, Minniti dava la cosa per fatta dichiarando di aver «chiesto, e ottenuto, lo spostamento della discussione in aula e il rientro del testo in Commissione». E Violante aveva concluso impegnandosi a chiedere addirittura una sessione straordinaria delle commissioni congiunte Difesa ed Esteri proprio per affrontare il problema. Logico che i promotori della campagna avessero cantato vittoria? ignari della doccia fredda che li avrebbe colti di lì a qualche giorno.
Il 15 marzo, per la precisione, quando il ddl entra nel calendario della Camera. Come è potuto succedere? «Semplice: il governo ha chiesto di discuterne, e nessuna voce contraria si è levata», spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, che presiedeva come di consueto la conferenza dei capigruppo, incaricata di programmare i lavori dell?aula. Il capogruppo Ds Violante, da parte sua, preferisce non commentare, e tramite la sua segreteria fa sapere che «come al solito la maggioranza propone il calendario, e avendo la maggioranza vince». Inoppugnabile, ma allora perché promettere un?opposizione impossibile? Andiamo avanti. In fondo, il Parlamento è fatto per parlare, confrontarsi, eventualmente correggersi. Potrebbe anche darsi, quindi, che il ddl 1927 venga respinto?

Violante docet
«Lo troverei quantomeno singolare», ribatte il ministro Giovanardi, che la campagna di difesa della 185 la conosce (e non la appoggia) per averne parlato con don Tonio Dall?Olio di Pax Christi e altri, ricevendoli nel suo studio. «Anche perché si tratta di un provvedimento che in commissione aveva ottenuto l?unanimità. In questi casi, il voto dell?aula è poco più di una formalità. Da parte sua, il governo chiederà con forza il sì dei deputati della maggioranza». Che, avendo la maggioranza (Violante docet), vincono.
Intanto i Ds, forse per rimediare alla figuraccia, stanno mettendo a punto degli emendamenti. «Riguarderanno quattro punti», spiega l?onorevole Piero Ruzzante, che li firmerà assieme proprio a Marco Minniti (che, lo ricordiamo, è all?origine di tutta questa vicenda, avendo firmato l?accordo europeo sulla commercializzazione degli armamenti che si ratifica con il ddl 1927). «Innanzitutto, chiediamo che venga mantenuto il divieto di vendere armi ai Paesi che commettono ?violazioni? dei diritti umani, mentre il ddl aggiunge la parola ?gravi?. Poi vogliamo l?abolizione dell?articolo 7, che permette a Paesi terzi di aggiungersi ?in corsa? agli accordi in tema di armamenti senza il consenso dei Parlamenti nazionali, e reintroduciamo l?obbligo di informare il Parlamento sia sulle esportazioni intergovernative che su quelle di singole aziende». Appena un cordialino, viste le richieste delle associazioni. Eppure sarebbe già un segnale, se si riuscisse a farli approvare. Ma per favore, questa volta niente scherzi.

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