«Nessuno deve andare in rovina perché si è ammalato». La battaglia di Barack Obama per la riforma della sanità non può non avere il sostegno della Chiesa. È in gioco un principio di dignità e di solidarietà sociale che dovrebbe suonare, d’istinto, familiare ad una sensibilità cattolica. Tanto più che le remore su una possibile estensione statale dell’aborto sono state fugate dal presidente nel discorso tenuto il 9 settembre davanti al Congresso: i soldi federali non verranno impiegati per finanziare l’aborto, l’obiezione di coscienza per i medici resta garantita. Promesse che hanno suscitato qualche malumore nello schieramento liberal favorevole ad Obama. E hanno disarmato le frange più agguerrite (e ottuse) del movimento pro life. In ambito cattolico le dichiarazioni di appoggio più convinte sono venute dagli uffici competenti della Conferenza episcopale a stelle e strisce. Monsignor William Francis Murphy, presidente della commissione Giustizia e sviluppo: «Una sana riforma sanitaria che rispetti la vita e la dignità di tutti è un imperativo morale, un dovere nazionale». Presa di posizione riferita anche da L’Osservatore Romano. Più freddi i vescovi da sempre più ostili. L’arcivescovo di Denver, Charles Caput, ha annunciato una risposta risentita alle tesi pro Obama espresse dal cardinale Georges Cottier (ex teologo della casa pontificia) sulla rivista 30Giorni. L’arcivescovo di Boston, il piissimo cardinale francescano Sean Patrick O’Malley, nel suo blog ha dovuto difendersi dai fondamentalisti che gli rimproveravano persino di aver celebrato i funerali del senatore Ted Kennedy, ritenuto un “indegno cattolico” (per le aperture sull’aborto).
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