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Quell’intervista che feci a Fabrizio…

L'ex responsabile comunicazione istituzionale di Telethon ed ex redattore e collaboratore di Vita, Marco Piazza, ha postato sulla propria pagina Facebook una vecchia intervista «fatta nel 2010 per Telethon Notizie». Eccola qui

di Marco Piazza

Marco Piazza, ex responsabile comunicazione istituzionale di Telethon, la Maratona televisiva sulle reti Rai, oggi ha postato sulla sua pagina Facebook una vecchia intervista «che avevo fatto a Fabrizio Frizzi nel 2010, per il Telethon Notizie». Eccola qui



È proprio lei il commissario dei “Soliti ignoti”? Il conduttore televisivo che dal 17 dicembre guiderà la ventunesima maratona televisiva di Telethon?
Sì, sono io, Fabrizio Frizzi. E sono molto contento di poter essere ancora utile alla causa della ricerca.

Lasciamo per un attimo da parte Telethon e continuiamo nel gioco delle identità. Se non esistesse la tv, che mestiere farebbe?
Ho sempre amato l’avventura e la competizione. Da ragazzo volevo fare il pilota. Ci ho anche provato, per un po’. Ma il mio fisico non mi ha aiutato. Sono troppo alto, troppo robusto. Per un periodo, poi, ho scritto canzoni e non è detto che tra un po’ di tempo non le ritiri fuori. Comunque, se non avessi fatto il conduttore avrei scelto un lavoro che mi permetteva di stare a contatto col pubblico. Chessò, l’albergatore o il ristoratore.

Un suo pregio e un suo difetto…
Come pregi direi la lealtà e la grinta. Non mollo mai, probabilmente perché sono una persona umile e insicura ed ho sempre paura di non farcela. Perfino con i “Soliti ignoti”, un programma che sembra sempre uguale a sé stesso, ogni sera mi rimetto in discussione e cerco di inventare qualcosa di nuovo.

E ci riesce bene, visto che la sera prima di questa intervista ha battuto l’audience di “Striscia la notizia”, cosa che non accadeva dai tempi del “Gioco dei pacchi” di Bonolis. E il difetto?
Non mi rilasso mai. Sono sempre in tensione. Vorrei riuscirmi a godere di più le cose semplici.

Un suo handicap?
La mia educazione, il garbo che mi hanno insegnato i miei genitori a volte mi fanno apparire come un cretino. Nell’ambiente in cui lavoro questo è un handicap. Dovrei essere più duro. Ma, in realtà, sono contento di essere come sono. Anche se, a volte, ne pago le conseguenze.

Cominciamo ad entrare nel mondo di Telethon. Qual è la sua personale ricerca?
Premetto che non oso paragonarmi agli scienziati. Loro sono veri geni, io solo un onesto conduttore televisivo. Quanto a me, dopo tanti anni ho capito che il vero segreto non sta nella mia naturale simpatia. Il talento non basta, il motivo del mio successo è nello studio, nel continuo aggiornamento, nella curiosità. E forse in questo, assomiglio anch’io ad un ricercatore.

E il suo rapporto con le famiglie dei malati?
Sono i veri eroi di questa missione globale che Telethon porta avanti da vent’anni. Trasmettono messaggi importanti, fatti di forza, valori, fiducia nel progresso e nel prossimo. Poter utilizzare l’esperienza e la fama per queste persone è la parte più bella del mio lavoro. Il mio sforzo, come quello di tutta la squadra, è solo per loro.

Cos’ha dato Telethon a Fabrizio Frizzi?
L’emozione di essere utile. Nella mia vita ho partecipato spesso ad iniziative benefiche, una volta ho donato il midollo osseo e ne sono stato molto fiero. Ma Telethon è qualcosa di diverso, che coinvolge milioni di persone. Mi fa pensare ad un enorme domino, in cui tutte le tessere sono collegate tra loro. Oppure ad un gigantesco contagio collettivo fatto di speranza, di fiducia e di generosità. Sono motivazioni eccezionali, che mi permettono di sopportare lo sforzo di due giorni di diretta e di andare di fronte alle telecamere anche quando sono stanco morto, col rischio di dire qualche sciocchezza.

Cos’ha dato invece all’Italia?
Risultati scientifici di cui essere fieri. Sono cose straordinarie, che un giorno saranno scritte sui libri di storia e anche noi potremo dire ai nostri nipoti che abbiamo fatto parte di quella grande missione. Noi italiani ci emozioniamo ed esultiamo quando fa gol la nazionale di calcio. Ma un gol della ricerca è molto più importante.

È troppo pensare che il modello di Telethon possa essere utile al nostro Paese?
No, perché dietro ai successi degli scienziati ci sono la trasparenza nella gestione dei fondi e la capacità di premiare il merito. Sono concetti che oggi, in Italia, sembrano scomparsi. Ma è proprio da lì che dobbiamo ripartire. Telethon, che è un grande evento popolare, può riuscire a dare il suo contributo. E i suoi rappresentanti, penso al presidente, Luca di Montezemolo o al direttore generale Francesca Pasinelli, sono in grado di far passare questi concetti in modo semplice ed efficace.

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