Welfare

Quelli della newsletter (light)

di Flaviano Zandonai

Elogio per i confezionatori di newsletter. Soprattutto di quelle che si leggono al volo, anche dal blackberry. Se lo meritano, come ben conferma la recente indagine di ContactLab e Vita Consulting che traccia un profilo degli “utenti” del settore non profit. Il titolo è sbagliato perché in realtà si tratta soprattutto di donatori di risorse (economiche e forse anche di altro tipo: tempo, legittimazione…) di cui beneficiano le non profit. Un poderoso campione di quasi ventimila persone che, fra i diversi canali informativi, privilegia proprio la newsletter. Ma non solo per mera informazione, perché si tratta di persone fidelizzate e competenti: il 60% bazzica nel settore da un decennio e il 44% riceve tra le tre e le cinque newsletter. Sono quindi interlocutori preziosi, relativamente facili da attivare non solo per avere denaro ma per creare consenso su campagne e iniziative. D’altro canto, a questa disponibilità al coinvolgimento è probabile corrisponda una altrettanto significativa esigenza in sede di rendicontazione sia delle attività sia, più in generale, della reputazione dell’organizzazione promotrice. Una duplice sfida che gli editor della cara, vecchia newsletter si trovano ad affrontare, oltre, immagino, a compiti correlati come aggiornare il sito e la pagina facebook, twittare, produrre video per una campagna informativa virale e chi più ne ha più ne metta. Il tutto considerando i tempi che stringono e soprattutto il fiume delle notizie in entrata. Che alle volte è in secca: “Ci sono così tante cose da raccontare!” chiosano i colleghi e soprattutto i capi, salvo poi far cadere nell’oblio decine di storie, dati, esperienze. E alle volte invece esonda con notizie lunghissime e barbose che non si possono tagliare perché altrimenti gli autori si offendono. Davvero dura la vita di quelli della newsletter. Eppure non bisogna mollare. Perché lo strumento serve e perché i lettori chiedono proprio più storie, più semplicità e più snellezza. Leggere i dati per credere.


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