Famiglia

Quelli che sull’italiano hanno fatto il mutuo

Il dossier Caritas apre una nuova sezione

di Sara De Carli

Nell?edizione 2007 del Dossier Statistico Immigrazione di Caritas/Migrantes c?è una voce nuova: la casella degli scrittori immigrati. Una realtà mai contabilizzata prima, che segna un passaggio culturale nell?approccio di chi studia l?immigrazione, prima ancora che nel ritratto dei nostri immigrati. E i numeri sono sorprendenti. «È un motivo d?orgoglio per il nostro Paese che siano stati censiti 279 scrittrici e scrittori immigrati, che utilizzano la nostra lingua», dice Franco Pittau, l?uomo che da diciassette anni coordina il dossier. «La parte del leone la fa l?Africa, con 96 scrittori. Segue l?Europa, con 82 autori, l?America, con 54, e l?Asia, con 47. In tutto sono rappresentate ottanta nazionalità». Ne sono cambiate di cose da quando Pap Khouma, nel 1990, esordiva con il suo Io venditore di elefanti!

«Negli ultimissimi anni il mondo degli scrittori migranti ha visto un?enorme crescita, soprattutto qualitativa», spiega Kossi Komla Ebri, togolese, medico e scrittore. «All?inizio scrivevamo su temi autobiografici, di solitudine, nostalgia, difficoltà di integrazione. Testimonianze di nicchia, tant?è che eravamo considerati i ?vù cumprà? della letteratura, buoni per fare un po? di esotismo, e ci pubblicavano solo case editrici piccole. Adesso invece siamo arrivati alla creatività pura, molti di noi sono pubblicati da grandi case editrici, Julio Monteiro e Christiana de Caldas Brito sono stati inseriti nelle tracce dei temi di maturità. Sono segnali grossi».

La geografia degli scrittori migranti descritta da Komla Ebri rispecchia quella del Dossier: «Ad affrontare la poesia e la letteratura pura sono soprattutto autori dell?Est Europa: penso a Gezim Hajdari, poeta albanese che ha vinto il premio Montale. Molti di loro erano già scrittori in patria, quindi hanno una maturità di temi e di tecnica diversa. Il gruppo meno rappresentato è quello dei Paesi asiatici, credo per la distanza delle lingue». Usa un?espressione strana, Komla Ebri: dice che l?italiano non lo hanno preso in affitto.

Hanno «fatto il mutuo»: lo hanno pagato, lo possiedono. Per molti poi l?italiano è la lingua dell?amore, di una famiglia costruita qui. Insomma, ci sono tutte le condizioni perché questi scrittori trasformino l?italiano, lo contamino nel senso bello, «non della malattia».

E il fatto che il Dossier Immigrazione, una bibbia sul tema, li abbia riconosciuti, può cambiare la nostra percezione del fenomeno. «Chi scrive, vuole comunicare. E se lo fa in italiano è perché vuole comunicare con gli italiani. Una volta eravate voi a descrivere i selvaggi, oggi siamo noi a osservarvi, descrivervi, mettervi davanti allo specchio in tempo reale. E questo ha un valore antropologico straordinario».


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