La solitudine dei caregiver

Quelli che curano chi cura

Solitudine, disorientamento, stanchezza, impotenza sono emozioni che tutti i caregiver conoscono bene. Prendersi cura di chi cura è un investimento per il presente e per il futuro. Ecco quindici esperienze innovative a sostegno dei caregiver

di Sara De Carli

famiglia

Più di 7 milioni: sono i caregiver familiari in Italia, persone che ogni giorno si prendono cura di un proprio caro in condizioni di fragilità. Sono invisibili e spesso li diamo per scontati, ma tengono in piedi il welfare. Il nuovo numero di VITA è dedicato a loro. Solitudine, disorientamento, stanchezza, impotenza sono dimensioni che i caregiver sperimentano quotidianamente: tutto quel bianco nella bellissima copertina firmata da Magda Azab lo restituisce in maniera impattante. La solitudine però è pericolosissima: esistono delle alternative e noi ve le raccontiamo.

Prendersi cura di chi cura è un investimento, sul presente e sul futuro. Il secondo capitolo del magazine offre un panorama dei servizi più innovativi messi in campo dal Terzo settore per curare chi cura. Quattro esperienze verranno raccontate martedì 15 aprile alle ore 18 durante la presentazione del nuovo numero di VITA.

Sembra banale, eppure il primo e più grande aiuto per i caregiver è avere qualcuno che ti orienti tra i servizi esistenti, ti fornisca una mappa per conoscerli e un aiuto per valutarli. Poco cambia se ci si ritrova a ricoprire questo ruolo gradualmente o improvvisamente, la sensazione di spaesamento è la stessa: si naviga senza bussola.

L’altro grande bisogno è quello di un sostegno psicologico, un pezzetto fondamentale di quella cura di sé che diventa un lusso: non per nulla anni fa Elizabeth Blackburn, premio Nobel per la Medicina, dimostrò che l’aspettativa di vita dei caregiver di familiari gravi si riduce dai 9 ai 17 anni rispetto ai coetanei.

Lo psicologo di strada

Il Terzo settore da tempo ha introdotto nei suoi servizi la “cura di chi cura”: orientamento, supporto psicologico, servizi di sollievo sono gli interventi più diffusi. È nella trama del quotidiano che si fa innovazione, non tanto nel “cosa”: per esempio collocando lo sportello informativo dentro un mercato rionale come ha fatto a Milano Fondazione Ravasi Garzanti con gli sportelli di CuraMI & ProteggiMI oppure puntando sullo “psicologo di strada”, sperimentato a Bologna da Società Dolce e che muovendosi a bordo di un pullmino riesce a intercettare più facilmente i caregiver. Anziani e non Solo a Carpi è l’unica realtà in Italia a offrire sollievo al caregiver non tramite inserimento temporaneo della persona fragile in una struttura, ma inviando un operatore al domicilio, secondo il modello francese della “bulle d’air”.

Un coro per prendere voce

A Bergamo il progetto Caring Connection, che vede coinvolta l’Ats con alcune cooperative sociali della rete Welfare Lynx, ha puntato sul coinvolgendo di mediatori culturali per creare uno sportello più inclusivo e gli psicologi si adattano agli orari dei caregiver. C’è chi fa leva sulla musica, come il coro di caregiver messo in piedi a Cellino San Marco (Br) dalla cooperativa sociale Eridano o il progetto “Ti ascolto, la musica della cura” di Proges. Chi sul camminare insieme: l’associazione Mulino Sambuy insieme alla cooperativa sociale Valdocco e ad Angsa Torino.

Un manager dedicato ai caregiver

Realtà come Ail, Fondazione Ant, Uildm, Aisla da sempre sanno che la cura del caregiver e quella della persona con una malattia o un disabilità vanno di pari passo: il loro impegno è a 360 gradi. Non è un caso, per esempio, che Fondazione Ronald Mc Donald lavori proprio sul metodo Family Centered Care, che prevede cura e attenzione per tutto il nucleo familiare del bambino malato. In tutte le Case Ronald (in foto), da quest’anno è previsto l’inserimento di un family centered care manager, una risorsa completamente dedicata ai caregiver che lavorerà sia per migliorare i servizi offerti alle famiglie sia per riconoscere i “bisogni silenti” dei genitori». Accanto ai caregiver, il Terzo settore c’è, con risposte da copiare e da allargare.

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Foto di Giovanni Diffidenti per Fondazione Ronald McDonald

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