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Quelle ong nella ragnatela di Bin Laden

Bush accusa alcune ong di finanziare lo sceicco del terrore. Cosa c’è di vero? Vita ha cercato di capirne di più scoprendo interessi politici, religiosi, industriali .

di Carlotta Jesi

Ong = organizzazione non governativa. Lo sanno tutti, si fidano tutti. Un terzo degli europei e degli americani, addirittura più che dei governi, delle multinazionali e dei media, ha spiegato in uno studio sulla credibilità della società civile la Edelman public relations. Ong= aiuto a chi ha bisogno. Compreso, purtroppo, Osama Bin Laden, il miliardario saudita sospettato di essere il mandante degli attentati terroristici che l?11 settembre hanno raso al suolo le Torri gemelle e distrutto un?ala del Pentagono. Secondo l?amministrazione Bush, tra gli enti che sostengono finanziariamente l?internazionale del terrore ci sono, infatti, anche tre ong. La Wafa humanitarian organization, una non profit palestinese ufficialmente impegnata a costruire infrastrutture nei paesi poveri; l?Al Rashid trust, che sostiene il regime dei Talebani; la Makhtab al-khiamay/al kifa da cui sarebbe addirittura nata Al Qaeda, l?organizzazione terroristica di Bin Laden. Una doccia fredda sul mondo della solidarietà? No, a dir la verità. Da giorni la Charity Commission inglese aveva messo sotto inchiesta l?International islamic relief organization, sospettata di avere rapporti con lo stesso Laden. Con la sigla ong, meglio di un bollino di qualità, negli ultimi due mesi si è certificato un po? di tutto. Ginevra, 10 agosto. Il direttore dell?Organizzazione mondiale del commercio annuncia soddisfatto che le ong ammesse al prossimo vertice di Doha sono 647. I loro nomi? Inutile cercare nell?elenco dei fortunati sigle note come Medici senza frontiere e Greenpeace: a rappresentare gli interessi della società civile in tema di brevetti e agricoltura sostenibile ci sono la European federation of pharmaceutical industries and associations (Efpia) e la National corn growers association. Ovvero un? associazione di industrie farmaceutiche che dal 1978 a Bruxelles promuove gli interessi di Bayer, GlaxcoSmithKline e compagne, e un?organizzazione di 31mila produttori di mais che in Qatar va a difendere le biotecnologie. Possibile? Sì, anche loro sono organizzazioni non governative. Business initiated, cioè create dalle aziende, ma pur sempre ong. E a Doha hanno conquistato più della metà dei posti. Insieme alle Gongo ong, non profit create dai governi che hanno conquistato ben 35 accrediti. Al summit del Wto, per fortuna, le ong saranno chiamate solo come osservatori e non ci saranno risoluzioni della società civile firmati dalle lobby delle multinazionali. Ma rimane il fatto che a tenere sottocchio le leggi sul commercio internazionale saranno ong a favore di una globalizzazione non partecipata, di cui meno del 25% provenienti dai Paesi in via di sviluppo che invece rappresentano il 75% dei Paesi membri dell?Organizzazione mondiale del commercio. Durban, 4 settembre. Il Forum delle ong, cui partecipano oltre 8mila rappresentati della società civile di tutto il mondo, stila una risoluzione che equipara il sionismo al razzismo. L?Associazione delle ong italiane, Amnesty international e molte altre grandi sigle della solidarietà internazionale si dissociano dal documento e, in tutta Europa, si comincia a spulciare la lista degli enti non profit accreditati (www.unhchr.ch/html/racism/05-negoreom.html). Tra questi, ong per la cooperazione fra istituti di credito di uno stesso paese, come la Union arab banks, e organizzazioni studentesche come l?Association of graduates of Teheran faculty introvabili su Internet e anche dal Servizio chiamate internazionali. Molti i delegati che tornano a casa col forte sospetto di ong false create apposta dai governi per condizionare l?andamento della conferenza. Un sospetto confermato dai dati sull?incredibile boom delle ong che il settimanale inglese Economist aveva raccolto e pubblicato a gennaio 2000, poco dopo il vertice di Seattle: in Russia, dove prima del crollo del comunismo non esisteva la società civile, oggi le ong sono 65 mila e nascono 12 nuove non profit al giorno. Ancora più impressionante il ritmo di crescita delle ong africane: in Kenya ne spuntano 240 all?anno, e delle 120 create tra il 1993 e il 1996, 111 sono finanziate dal governo. Bruxelles, 18 settembre. Pascal Lamy, Commissario europeo per il commercio estero incontra le ong a Bruxelles per illustrare la posizione che l?Ue terrà a Doha su brevetti e negoziati agricoli. Delle 150 organizzazioni non governative presenti, l?80% sono business intitiated ngo. E cioè, ancora una volta, lobby industriali. «Capire cosa sia oggi una ong è diventato abbastanza complesso», dice Matteo Rizzoli, che per un centro di ricerca di Ginevra (International center for trade and sostenible developement) ha analizzato la lista di organizzazioni che saranno presenti al vertice del Wto. «L?opinione pubblica intende un?associazione che lavora per progetti di sviluppo, o per portare avanti interessi comuni a tutta l?umanità come la difesa dell?ambiente, i diritti umani, i diritti economici o culturali. Di fatto, però, al vertice del Wto più della metà delle organizzazioni non sono di questo tipo». A Seattle i posti disponibili per i rappresentati delle delegazioni governative e della società civile erano 7mila. Nel Qatar i posti sono solo 4mila e 400, come hanno fatto sapere dal Wto. Per le ong, poco più di 600. «Il risultato è stato che le organizzazioni con più disponibilità di capitali, fra cui campeggiano le bussiness ong, hanno fatto man bassa della maggior parte dei posti. Un?altra conseguenza rilevante, per lo stesso motivo, è la schiacciante dominanza delle ong del Nord del mondo rispetto a quelle del Sud». Ci saranno associazioni di tutti tipi, corrispondenti gli interessi più disparati: dalle associazioni di industriali alle camere di commercio di singoli Paesi, dai sindacati alle associazioni di consumatori. Presenti anche gli advisory comitee, dei gruppi di consulenza non governativi del ministero del Commercio americano, i cui rappresentati fanno parte delle lobbies industriali del Paese. «Tutte ong», dice Rizzoli, «ma di fatto c?è una grande confusione che probabilmente a qualcuno torna utile mantenere». Le lobby industriali hanno tutto da guadagnarci, presentandosi sia sul fronte governativo sia su quello ?non?. Inoltre, visto il numero limitato di posti, alcune ong hanno fatto richieste multiple di accreditamento, presentando diverse domande che differivano solo per il nome dell?ufficio richiedente o per il paese di provenienza. Così 9 organizzazioni si sono accaparrate 53 posti. Tra di esse spiccano tre organizzazioni di consulenza statunitensi (advisory comitee), che ne hanno ottenuti addirittura 26. di Emanuela Citterio e Carlotta Jesi


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