L'Italia dimenticata

Quelle casette provvisorie, otto anni dopo il terremoto

Dal 2016 a oggi, metà della popolazione colpita gravemente dal sisma del Centro Italia è ancora ospitata da edifici di emergenza. ActionAid continua a sviluppare progetti e iniziative, ma occorre un intervento risolutorio del governo. Storie di disgregazione sociale e nuove povertà

di Redazione

Sono trascorsi otto anni, eppure circa metà della popolazione abita ancora nelle cosiddette Sae, un freddo acronimo che significa Soluzioni abitative di emergenza ma che invece parla di una realtà tristemente consolidata. Secondo una pessima tradizione tipicamente italiana. Il sisma che nel 2016 ha sconvolto le vite di migliaia di persone del Centro Italia, non ha mostrato niente di nuovo. Le esperienze del passato hanno insegnato poco o nulla, nonostante le consuete passerelle dei politici di turno. Nei Comuni del Cratere, in cui ActionAid è attiva fin dai primi giorni post terremoto, è stato pagato il prezzo più alto in termini di vite umane, di distruzione delle infrastrutture sociali, economiche, sanitarie. Lì, su 16.500 abitanti, ancora oggi ottomila persone sono costrette a vivere in edifici precari. «Una realtà frammentata dove, ai vecchi problemi delle aree interne e isolate, si sono sommate la disgregazione sociale, l’isolamento, la depressione e i disagi psichici tra giovani e anziani. Infine, è evidente l’emergenza di nuove forme di povertà», sottolinea una nota di ActionAid Italia.

Claudia Pasqualini, abitante di Giove-Muccia (Marche)

«All’inizio, dopo il terremoto, siamo stati tutti uniti. Tutti insieme. Poi sono arrivate le casette, le Sae, e ognuno si è trovato a vivere in modo diverso, con persone che non conosceva», racconta Claudia Pasqualini, abitante di Giove (frazione di Muccia, nelle Marche) che gestisce un’impresa di salumi artigianali con i tre figli e il marito, impiegato comunale ora in pensione. «Poi c’è stato il Covid e non si è più usciti. C’è una chiusura, una difficoltà a partecipare… i problemi di ogni famiglia sono troppi da affrontare, tante persone anziane si sono ammalate. Dopo otto anni, tutto è cambiato, solo a luglio di quest’anno sono iniziati i lavori di ricostruzione della nostra casa, ma i miei figli non vivono più con noi, sono grandi».

«ActionAid esprime oggi, come ogni anno dal 2016, la propria vicinanza a tutte le famiglie delle vittime e a tutte le persone colpite che ancora si confrontano con la difficoltà di vivere un territorio trasfigurato e non ancora ricostruito del tutto», commenta Patrizia Caruso, responsabile dell’Unità resilienza ActionAid Italia. «Sin dalle prime scosse, ci siamo attivati per sostenere questi territori e siamo ancora qui a chiedere alle istituzioni e al Governo di dare risposte concrete ai problemi che qui continuano a segnare le vite delle persone. Il tempo spegne i riflettori ma noi continuiamo a stare al fianco della popolazione colpita e a far sentire la loro voce».

Arquata del Tronto (foto ActionAid)

Le fragilità sociali esasperate dal terremoto hanno inciso sulle motivazioni e sulle opportunità dei giovani di partecipare al mondo del lavoro. «Il Lazio ha la più alta incidenza di Neet con circa il 25,1%, a seguire l’Umbria (20%), le Marche (19,9%) e la Toscana (18,7%). Rispetto alla quota di Neet donne, la regione Marche presenta per il Centro Italia quella con i tassi più elevati, arrivando al 58,8%», sottolinea la nota dell’associazione. «La motivazione più diffusa è legata a carichi di cura familiari, il 26% per il Centro Italia secondo il report ActionAid-Cgil. Nelle Marche, la regione dove il cratere è esteso per circa il 40% del territorio, oltre il 65% dei giovani ha contratti precari e le donne hanno uno stipendio inferiore in media di settemila euro rispetto agli uomini (dati Ires Marche)».

Per dare risposte efficaci è nato il progetto Reti nel Lazio e nelle Marche, che migliora l’accesso ai servizi sociali territoriali, attraverso un servizio di sportello di prossimità itinerante e anche con operatrici che si recano a domicilio per far emergere i bisogni delle persone più escluse e vulnerabili, indirizzarle a servizi specifici sul territorio (enti di assistenza per la distribuzione alimentare, consultori, servizi sociali, Caf, sportelli lavoro, ecc.) e coinvolgerle in percorsi formativi professionali. “Entra nel Loop” è invece il nome del percorso messo a punto proprio per dare risposte personalizzate a giovani tra i 16 e i 35 anni che vogliono riattivarsi e riprendere una vita sociale e lavorativa. Sono in maggioranza giovani donne con bambini piccoli a partecipare. Per loro, all’interno di un percorso di orientamento ed accompagnamento centrato sui loro bisogni e desideri, anche l’opportunità di usufruire di borse di inclusione, ossia di contributi economici per sostenere le spese dei costi di iscrizione e frequenza a corsi professionali; di trasporto per raggiungere i luoghi in cui si svolge la formazione; per servizi di conciliazione a pagamento (come baby-sitter e servizi per l’infanzia).

«Le donne giovani con bimbi piccoli sono le più isolate, ancora di più se donne straniere con background migratorio», spiega Domiziana Acciarri, case manager del progetto Reti. «Molte sono anche laureate, con titoli di studio che però non corrispondono alle aspettative del territorio, oppure non hanno la patente, né l’auto per spostarsi, e non possono cercare al di fuori del proprio paese. Noi seguiamo ogni donna per darle le opportunità e i sostegni necessari a cercare lavoro, ma anche a rimettersi in moto e fare rete».

Dal 2016 ad oggi, ActionAid ha realizzato in quei territori numerosi progetti che hanno seguito l’evolversi dei bisogni della popolazione e della situazione locale, attivando: percorsi di supporto e accompagnamento alle associazioni che volevano mobilitarsi per la ricostruzione materiale e sociale; percorsi educativi nelle scuole primarie di primo e secondo grado; servizi di supporto psicologico e psicosociale di comunità; costruzione di spazi civici di aggregazione; sportelli di orientamento al lavoro per le donne; formazione per operatrici dei servizi pubblici sanitari, educativi e assistenziali sui temi della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere. Sono state raggiunte e coinvolte oltre quattromila persone nei diversi Comuni, con particolare atten zione alle fasce più vulnerabili della cittadinanza.

ActionAid nel 2019 ha dato vita alla campagna nazionale #Sicuriperdavvero, che ha attivato oltre 400 persone e realtà sociali, associazioni, comitali locali, esperti attorno all’urgenza di avviare un dibattito pubblico, partecipato e ampio, sulle politiche di prevenzione e ricostruzione in Italia e sulla necessità di dotare il Paese di un Codice delle ricostruzioni. «Nel corso dell’ultimo anno, un Ddl sul tema ricostruzioni è stato traghettato in Parlamento ma senza un processo di ascolto e consultazione trasparente delle comunità colpite e della società civile», precisa la nota dell’associazione. «ActionAid ha portato le richieste di #Sicuriperdavvero nell’ambito delle audizioni informali organizzate dall’ottava commissione della Camera, chiedendo di rafforzare la trasparenza dei processi di ricostruzione, destinare una quota delle risorse dei fondi per la ricostruzione e la ripresa sociale, economica e culturale, garantire la partecipazione della società civile nei processi decisionali».

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