Cultura

Quella morale che sfida i palazzi del potere e delle religioni

La Montagna delle Beatitudini. Da qui Gesù parlò guardando dritto alla fortezza di Erode. di Riccardo Bonacina

di Riccardo Bonacina

Bisogna salirci sul monte delle Beatitudini, un?altura di circa 200 metri sul lago di Tiberiade, a meno di tre chilometri da Cafarnao, dove Gesù abitò, ospite nella casa di Pietro, per un anno e mezzo. Bisogna salirci per provare ad immedesimarsi nei pensieri di Gesù immedesimandosi nel suo sguardo. L?altura, che si trova sul lato nord del triangolo del lago che gli arabi chiamano «occhio di Dio», offre un grande panorama su tutto il cosiddetto ?mare? di Galilea. Sul lato ovest del lago, Tiberiade, la città, oggi un centro turistico, è poco lontana da quella che Erode Antipa, tetrarca di Galilea, figlio di Erode I il Grande, aveva fatto costruire nell?anno 20 come capitale della Galilea, dandole quel nome in onore dell?imperatore romano Tiberio da cui sperava di ottenere favori. Su questa altura, che i cristiani sin dai primissimi anni hanno chiamato dell?Eremos per indicare il luogo che Gesù prediligeva per ritirarsi a pregare in solitudine, si può immaginarlo che diceva: «Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, beati i miti, beati i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia», guardando le mille-millecinquecento persone accorse ad ascoltare questo nuovo rabbi che diceva parole diverse da tutti e che sapeva guardare in modo così profondo e personale. Chissà con che sguardo Gesù si rivolse a quella folla in cerca di un?ipotesi di salvezza e di un senso alle fatiche quotidiane! Nel Vangelo di Marco (6, 34) c?è una notazione preziosa: «E si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro a lungo». Ma sopra quegli sguardi, sopra quelle teste, Gesù vedeva davanti a sé le sagome della nuova città-capitale con la sua tetra fortezza nera in pietre di cobalto, simbolo di potere e di ingiustizia. Lì abitava il tetrarca che un anno prima (probabilmente nella primavera del 29) aveva assassinato suo cugino, Giovanni il Battista. Gesù, sollevando lo sguardo da quelle facce attente e stupite, perché quella morale sovversiva fondata sull?amore e non sul potere era come fosse tutt?uno con lo sguardo di quell?uomo che la predicava, avrà probabilmente guardato dritto a quella città fondata sul nulla, anzi su un cimitero (perciò gli ebrei la consideravano città impura), a quella fortezza dove Erode Antipa e la sua concubina Erodiade (che dell?Antipa era nipote e cognata e perciò fu accusato dal Battista di incesto) consumavano il potere come esercizio di soprusi e di ingiustizie, avrà forse gridato quella parte del Discorso della montagna che dice: «Guai a voi ricchi perché avete già la vostra consolazione, guai a voi che ora siete sazi perché avrete fame». Certo in quel discorso sull?Eremos Gesù pone il fondamento di una nuova morale, inaudita e distante sia dalla ?morale? di Erode, a cui occhi era lecito tutto ciò che consolidava il suo potere, sia dalle morali religiose in voga in quegli anni, quella della Torah interpretata dagli scribi farisaici ed esseni, tradotta in una infinità di norme e regole. Nei tre capitoli che il Vangelo di Marco dedica al Discorso della montagna si dice, infatti, ripetutamente «Avete udito che è stato detto?», e ogni volta Gesù corregge: «Ma io vi dico». Vi dico, dice Gesù, amate i vostri nemici, non solo gli amici, fate del bene a chi vi odia e non solo a chi vi ama, perché «con la misura con cui misurate sarà misurato a voi in cambio». Qui, su questo monte, riandando a quelle parole inaudite, risulta forse più chiaro come Gesù Cristo non intendesse fondare una nuova religione, anzi a chi voleva rinchiuderlo in quello schema – siano stati essi nemici o amici – egli si sottrae per perseguire una sola missione: rendere concretamente sperimentabile la misericordia del Padre la cui sola «gloria è l?uomo che vive», una misericordia che sola può estirpare le radici di ogni odio. A quattro giorni di cammino da quell?altura, Gesù, su un altro monte, il Monte degli ulivi, alle porte di Gerusalemme, darà poi un giudizio definitivo sulle religioni che così spesso, oggi come ieri, sono alla radice stessa dell?odio: «Guai a voi scribi e farisei, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare». Alla religione come muro, come identità da opporre all?altro, Gesù oppone quell?inaudita morale del perdono resa possibile solo dal riconoscersi figli di un unico, misericordioso Dio, una coscienza vissuta, come fecero quei dodici a Cafarnao, in una compagnia fragile che ogni giorno ricorda come ogni altra potenza mondana sia solo espressione di sopruso e violenza.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA