Welfare

Quella mia prima volta nell’Opg. Ho visto cose terribili

Tratta da "Spiragli", il giornale degli internati all'Opg di Firenze, é la seguente testimonianza di una prima esperienza in questo luogo.

di Ornella Favero

Il disagio psichico cresce nella società ?fuori?, che ha poco tempo e poca attenzione da dedicare a chi sta male, e cresce ancora di più in carcere, ma cresce in modo quasi ?clandestino?, taciuto e trascurato perché tutti sanno che, se già si sta male in un carcere ?normale?, finire all?Ospedale psichiatrico giudiziario è ben peggio. Torniamo a parlarne, degli Opg, proprio perché non ne parla quasi nessuno Quella che segue, tratta da Spiragli, il giornale degli internati nell?Opg di Montelupo Fiorentino, è la testimonianza di una ?prima volta? in questo luogo, capace ancora di incutere terrore a tal punto, che la minaccia di uno ?sballamento? (= trasferimento) in Opg costituisce spesso per un detenuto comune il freno a qualsiasi forma di insofferenza o dissenso nei confronti dell?istituzione. Ornella Favero (ornif@iol.it) Per me è stata la prima esperienza vivere per trenta giorni in un Opg. In questi trenta giorni mi hanno costretto a vivere ai confini con l?Inferno. In questo caso ero io l?osservatore, il testimone di un dramma che si consuma giorno dopo giorno nei confronti di esseri umani che in tutto o in parte hanno perso le loro facoltà mentali. Molti di questi esseri umani sono stati dichiarati (come me) pericolosi per sé e per gli altri a causa di banalità. Ma questa è una ?bollatura? difficile da eliminare. I dottori dell?Opg, con la loro esperienza, si rendono conto subito della situazione del soggetto che viene da loro seguito e curato. Ma l?Opg è una giungla piena di insidie; il nervosismo è palpabile per le troppe ore trascorse in cella spesso con persone che non si riesce a sopportare. E così, anche per futili motivi, piccole discussioni possono degenerare in assurde liti che fanno esplodere l?aggressività che ognuno di noi ha nel suo dna, peggiorando la propria posizione. Ed ecco che non sono più sufficienti trenta giorni di osservazione, ma lievitano in mesi e anni. Il compito dei dottori è assai delicato com?è quello del direttore sanitario: non possono permettersi di sbagliare lasciando libero un potenziale violento e pericoloso a sé e agli altri. Durante la mia permanenza ne ho sentite di storie. Alla base vi è l?incomprensione con la famiglia che si rifiuta di accettarli e di accudirli. Ma l?Opg non ha le strutture né i mezzi per poter accudire questi disperati affamati di affetto e comprensione. Con poche ma radicali varianti al regolamento, l?Opg potrebbe diventare una piccola oasi per tutti coloro che giornalmente soffrono e non fanno altro che accumulare rabbia che devono poi tirare fuori per non esplodere. Queste mie riflessioni verranno pubblicate quando io sarò già con la mia famiglia, ma non posso scordare cosa ho visto, sentito e vissuto. (?) Guglielmo Leonardi


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