Cultura

Quella guerra di religione che si profila in Ucraina

Ciò che si temeva nel mondo ortodosso è accaduto: il Patriarcato di Costantinopoli ha riconosciuto le strutture scismatiche dell’Ucraina come legittime sulla base delle loro rivendicazioni territoriali. Nonostante le dichiarazioni della Chiesa ortodossa russa sulla violazione dei canoni ecclesiastici, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli non è arretrato dalle sue posizioni, intenzionato ad andare fino in fondo nella creazione di una “Chiesa indipendente” ucraina

di Redazione

Nell’Ucraina già dilaniata da una guerra civile nelle regioni orientali del paese che dura da oltre quattro anni, si profila ora all’orizzonte il rischio concreto di una guerra di religione.

Ciò che si temeva nel mondo ortodosso è accaduto: il Patriarcato di Costantinopoli ha riconosciuto le strutture scismatiche dell’Ucraina come legittime sulla base delle loro rivendicazioni territoriali. Nonostante le dichiarazioni della Chiesa ortodossa russa sulla violazione dei canoni ecclesiastici, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli non è arretrato dalle sue posizioni, intenzionato ad andare fino in fondo nella creazione di una “Chiesa indipendente” ucraina, senza tener delle conseguenze per milioni di fedeli.

La composizione religiosa dell’Ucraina è estremamente complessa. Questa sua complessità ha origine dal fatto che il paese, ha sempre rappresentato una terra di incontro e scontro tra civiltà e popoli non solo con religioni diverse, ma spesso con confessioni diverse all’interno della stessa fede religiosa.

I Tre rami dell’ortodossia presenti in Ucraina sono:

1. la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca (UOC-MP);

2. la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Kiev (UOC-KP);

3. la Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina (UAOC).

Delle tre Chiese ortodosse, la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev e la Chiesa Autocefala ortodossa d’Ucraina, non essendo riconosciute dall’ortodossia canonica, sono considerate illegittime. Non va dimenticato che nella tradizione ortodossa ciò che è illegittimo è anche non valido: le cresime, i matrimoni, le ordinazioni celebrate da un vescovo/prete che è fuori dalla comunione di fede sono nulle per la Chiesa canonica. Tutto questo fino a qualche giorno fa.

Giovedì 11 ottobre, il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha deciso di rimuovere l’anatema che gravava sui capi delle due strutture ecclesiastiche “non canoniche” dell’Ucraina: l’autoproclamato “patriarca di Kiev” Filarete Denisenko, scomunicato dalla Chiesa ortodossa russa nel 1997, e Macarius Malietich della Chiesa ortodossa autocefala ucraina. Costantinopoli ha persino affermato i suoi diritti sull’Ucraina annullando i vincoli della storica lettera del 1686, dove si conferiva al patriarca di Mosca il diritto di nominare il metropolita di Kiev.

Il sacerdote Alexander Volkov, portavoce del patriarca Kirill di Mosca, ha dichiarato sul canale televisivo Russia-24 che queste decisioni del sinodo del Patriarcato di Costantinopoli non hanno precedenti nella storia, rappresentano una “insolente e aggressiva” interferenza di una chiesa locale negli affari di un’altra.

Ma di cosa si tratta esattamente? Il sinodo della Chiesa di Costantinopoli ha deciso di prendere in considerazione “le petizioni per l’appello da parte di Filarete Denisenko, capo del non riconosciuto Patriarcato di Kiev (UOC-KP), di Macarius Maletich, capo della Chiesa ortodossa autocefala ucraina (UAOC) e dei loro seguaci, trattandosi di una scissione non di natura dogmatica”. In altre parole, si riconosce che il Patriarcato di Kiev e la Chiesa autocefala ucraina si staccarono dalla Chiesa ortodossa russa non a causa di discrepanze nel dogma (come nel 1054, quando il cristianesimo unitario si divise nei due rami: ortodosso e cattolico), ma per ragioni puramente politiche. Filarete fondò la sua struttura nel 1992 con il sostegno dell’allora presidente ucraino Leonid Kravchuk, l’UAOC venne fondata dal Direttorio della Repubblica Popolare dell’Ucraina nel 1920.

Per evitare una spaccatura la Chiesa russa, nel 1992, privò Filarete del titolo di metropolita, per poi scomunicarlo totalmente cinque anni più tardi. L’UAOC già negli anni ‘20, fu riconosciuta “non canonica”, e “scismatici” tutti i suoi membri. Secondo i canoni, solo la Chiesa russa ha il diritto di rimuovere le “sanzioni alle chiese” dei scismatici.

Ovviamente le autorità ucraine hanno esultato per la scelta di Costantinopoli. Il presidente ucraino Petro Poroshenko che il 9 aprile di quest’anno si è recato in visita in Turchia per incontrare il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo , ha affermato con sicurezza che: “Di fatto è un altro atto di proclamazione d’indipendenza dell’Ucraina”, attuato con la decisione sull’autocefalia.

«L’Impero (russo n.d.r.) sta perdendo una delle sue importanti leve di influenza sulla sua ex-colonia (Ucraina n.d.r.), per noi, la nostra stessa Chiesa è garanzia della nostra libertà spirituale», ha riferito il presidente.

Poroshenko ha inoltre promesso che i credenti della Chiesa russa non verranno toccati. Non ha però menzionato i disegni di legge anti-ecclesiastici n. 4128 e n. 5309, la cui attuazione autorizza l’esproprio dei luoghi di culto alla Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca (ce ne sono quasi 12.000), la quale verrà anche privata della sua denominazione nonostante rappresenti l’unica struttura canonica nel paese.

Due mesi fa, Filarete ha minacciato apertamente di voler togliere alla Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca i suoi due principali santuari: Kiev-Pecherskaya Lavra e Pochaevskaya Lavra (nella regione di Ternopol’). Non è tardata la minaccia dei radicali ucraini. Da settimane i fedeli si aspettano con terrore l’assalto ai monasteri.

Sulla rivista “Fond Strategicheskoj Kult’tury”, il prete ortodosso Alekseij Khoteev, storico e giornalista, ha espresso le sue perplessità nei riguardi dell’imminente cataclisma religioso che si sta abbattendo sull’Ucraina. Rappresentano dei punti di riflessione che meritano d’essere considerati:

«Se una fede che per secoli ha attraversato tutti i confini esistenti – stato, lingua, etnia – diventa serva della politica, cosa le rimarrà d’incrollabile? Dove condurrà l’uomo e il suo dolore? Dove potrà l’uomo percepire l’aldilà e l’eterno? Voglio rispondere con le parole bibliche “sì, non ci sarà!”» Nella Chiesa ortodossa non ci sono “moskali” (termine dispregiativo per indicare i russi), “khokhli” e “bulbashi” (entrambi termini denigratori per indicare gli ucraini). Per secoli ha testimoniato l’unità della fede apostolica tra diversi popoli, e se ci saranno divisioni secondo il principio “ognuno deve avere il suo”, nulla rimarrà della fede e dell’unità della Chiesa.

Qualcuno dirà: “Ma il dogma non viene toccato”, in che modo? Ma l’unità della Chiesa non è forse un dogma! Se le chiese locali smetteranno di comunicare l’un l’altra, “l’Unità della Chiesa” rimarrà intatta? La separazione tra persone che professano una sola fede, con fratellanza in Cristo, non solo rappresenta un dolore spirituale, ma anche la rottura di un singolo corpo ecclesiastico. Proprio ora, con l’aggravarsi delle relazioni politiche tra Ucraina e Federazione Russa, più che mai è importante promuovere l’unità spirituale dei popoli ortodossi dei due paesi. Purtroppo la spaccatura politica sta cercando di aggravare lo scisma della Chiesa.

“Autonomia della Chiesa (autocefalia) in Ucraina”: a cosa mira questo slogan? La risposta è ovvia: il potere che si è stabilito a Kiev cerca di subordinare completamente e definitivamente la Chiesa a se stesso. Dov’è l’autonomia, quando c’è un chiaro calcolo politico? Il calcolo, tramite l’autocefalia, d’unire i gruppi scismatici di Filarete per aprire la strada del malcontento verso Mosca finalizzato alla fuoriuscita dalla Chiesa ucraina dal Patriarcato di Mosca, per una indefinita Chiesa ortodossa ucraina europea. E per facilitarne l’uscita si potrà iniziare: con una nuova registrazione delle parrocchie, con l’introduzione di leggi per “dissidenti”, chiudendo un occhio sulle eventuali azioni violente nell’assalto alle chiese… Di certo non verrà insegnato come adempiere agli insegnamenti di Cristo.

Bisogna considerare che l’autocefalia è legittima (canonica) quando è approvata dal popolo della Chiesa, e non dichiarata da alcuni gerarchi ecclesiastici. Il falso patriarca Filarete da molto ha dichiarato l’autocefalia, si è nominato capo e ha ricevuto il sostegno delle autorità. Ma i fedeli non lo seguono. Quindi, c’è poco da proclamare, quando non c’è riconoscimento. Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo dichiara, ad esempio, “Autocefalia ucraina”, e quindi? Se gli ortodossi in Ucraina non vogliono che i politici guidino i sacerdoti della Chiesa, allora qualsiasi “tomos” (decreto) rimarrà un documento vuoto. Nei luoghi di culto si va a pregare Dio e per ascoltare la voce del predicatore, non per organizzare un club politico.

Se l’autocefalia dovesse venir concessa su base nazionale, perché la Chiesa di Costantinopoli non ha ancora riconosciuto la Chiesa autocefala americana, che merita d’essere ciò che rappresenta? E i greci della diaspora che il patriarca di Costantinopoli considera il suo gregge? Significa che il controllo autocefalo non dipende dai confini di uno stato. Che l’autocefalia venga data su base etno-culturale? Allora, forse, può essere concessa ai Rusyni (popolazione dell’Ucraina occidentale n.d.r.), che non si considerano ucraini.

Il principio secondo cui: “tutti hanno diritto all’autogoverno ecclesiastico” è simile al principio “il diritto delle nazioni all’autodeterminazione”. E cosa vediamo? La Chiesa ortodossa rumena costituisce sul territorio della Repubblica di Moldova la diocesi della Bessarabia anche con un tentativo sul territorio dell’Ucraina (per i romeni, ovviamente). In Macedonia, la Chiesa autonoma del Patriarcato serbo ha annunciato la sua autocefalia nel 1967, e da allora la Chiesa si è divisa tra serbi e macedoni.

Tali fenomeni nel mondo ortodosso non mancano: i greci coi greci, i serbi coi serbi, i bulgari coi bulgari, tutti si dividono e fondano le proprie comunità “autocefale”, “autonome”, “autentiche-ortodosse”. L’Ucraina non fa eccezione. Questa corruzione nelle menti non si la si può curare con “tomos” distribuiti a destra e manca, ma solo col ripristino di una coscienza volta all’unità della Chiesa. Questo è fondamentale, le forme di amministrazione della Chiesa sono secondarie”.

Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa valuterà le azioni del Patriarcato di Costantinopoli in una riunione del 15 ottobre.

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