In prima persona

Quella distanza fra il tempo della burocrazia e il tempo di chi lavora nei servizi educativi

La testimonianza di una cooperatrice sociale impegnata in un asilo per l'infanzia: «Il tempo dei servizi si scontra con il tempo della “realtà”, il tempo burocratico, il tempo per gli educatori da dividere tra lavoro e casa: spesso ci troviamo a lavorare in orari che non dovrebbero essere lavorativi»

di Caterina Giudicianni

La parola “tempo” risuona continuamente quando si parla di servizi di cura e si declina al contempo da più punti di vista evidenziandone differenti sfumature.
Dal suo dispiegarsi nella quotidianità si rivela alle volte un non tempo, della fretta, delle richieste sociali e burocratiche contrapposto a un tempo lento, il tempo dello sguardo, del riconoscimento, dello stare senza premura e quindi di so-stare non pensando al tempo che scorre, un tempo per ambientarsi. Chi meglio di chi lavora nell’ambito educativo dà un significato importante al termine “tempo”?
Entrando nei servizi educativi si accede in un luogo in cui i tempi si fanno rallentati (o dovrebbero), tempi che seguono i ritmi di chi usufruisce e vive in quei servizi.
Nel mio caso, come educatrice di asilo nido, un tempo non solo per i bambini e per accompagnarli senza fretta nel loro percorso di crescita ma anche un tempo per le famiglie, per conoscerci, creare un legame, fidarsi.

Caterina Giudicianni, socia lavoratrice della cooperativa Koiné

Un tempo che alle volte chiediamo sia concesso anche a noi educatori: un tempo per poter conoscere a nostra volta, un tempo per poter formare il personale, per progettare, per fare nostra una pratica pedagogica come quella di Koinè, che è alle volte molto impegnativa perché permeata da un senso e una risignificazione dei gesti molto profonda.

Il tempo dei servizi si scontra spesso con il tempo della “realtà”, il tempo burocratico, il tempo per gli educatori da dividere tra lavoro e casa, e il tempo che inseguiamo perché “non abbiamo mai tempo per fare tutto” e spesso ci troviamo a lavorare in orari che non dovrebbero essere lavorativi, andando a incrementare la banca ore; le richieste sempre più alte che ci arrivano e che purtroppo nella maggior parte dei casi non sono sostenute da un riconoscimento economico e sociale adeguato dato alla cooperativa e di conseguenza a noi lavoratori.

Spesso chiediamo maggior tempo per progettare all’interno del nostro orario di lavoro, maggior tempo per permettere ai bambini di seguire i propri ritmi che alle volte purtroppo si fanno serrati a causa di tempistiche e di un numero di personale da rispettare.

Un tempo che chiediamo alle famiglie che però spesso hanno necessità di tempi più brevi, per motivi lavorativi e una mancanza di sostegno e supporto esterno e quindi politiche sociali che non mettono al centro le esigenze reali delle famiglie: devono tornare al lavoro, devono lavorare fino a tardi e chiedono più tempo per i loro bambini al nido o al doposcuola e servizi aperti il più possibile.

Un tempo che alle volte, per motivi economici, non è concesso a chi necessiterebbe di supporto e sostegno. Perché siamo appunto in un tempo a livello storico in cui spesso l’aspetto economico è più importante rispetto alla qualità del tempo stesso e tale visione ricade e si ripercuote fortemente in ambito sociale.

In Koinè cerchiamo di lavorare molto su questi aspetti, sul darsi e darci tempo: ci stiamo dando un tempo importante per guardare ai nostri servizi, guardare a tutto ciò che orbita intorno ad essi per migliorare lo stato attuale delle cose.

Agnese Infantino dice che «lo sguardo è un gesto. È azione. Guardare mette in moto il poter vedere»: e già iniziare a guardare dà quindi significato, implica l’inizio di un moto, di un cambiamento possibile, nella speranza che i tempi futuri portino con sé un cambiamento di sguardo, anche grazie al tempo e all’impegno che stiamo dedicando perché questo cambiamento possa avvenire.

Contributo raccolto in occasione dell’ultima assemblea di Legacoopsociali Lombardia

In apetura: Foto C. Di Paolo/Ag.Sintesi

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