Quella Challenge che ha portato via una famiglia

di Elisa Furnari

Nella disperazione dei genitori e dei parenti si fa avanti, con sempre maggiore forza, l’ipotesi che sia morta per una delle sfide che i giovanissimi disputano su TikTok (qui l’articolo di LiveSicilia).
10 anni la bimba di Palermo, soffocata da una challenge, la cintura di una accappatoio attorno al collo per emulare, imitare, vincere… davanti a uno schermo.
Tutto poteva essere diverso, poteva non esserci accesso al telefono, poteva esserci un adulto, poteva non esserci la challenge, ma così è stato.
Lacrime condivise, lacrime di una comunità dove noi genitori, dell’epoca dei social, siamo disarmati o con un’artiglieria giocattolo in pieno conflitto mondiale.
E via con le morali, con i consigli dello psicologo, dell’educatore, del genitore modello. Ma in realtà siamo veramente soli a combattere qualcosa che non conosciamo.
Noi genitori che abbiamo i profili social, noi che impariamo a usarli dai nostri figli, noi che siamo schiacciati tra una dad e l’altra, soffocati l’assenza cronica di relazione profonda e reale, noi che per necessità o comodità abbiamo delegato troppo.
E quando il buon Gigi de Palo continua con ogni tono e timbro di voce a richiedere politiche per le famiglie chiede di non lasciare i genitori soli e i bimbi ancor più soli. Perché essere genitori senza servizi di welfare familiare significa aver perso il lusso del tempo passato in famiglia. Non parlo di quel tempo a cui siamo “costretti” perché qualcuno ci ha chiuso dentro, ma di un tempo che chi concediamo in normalità, perché c’è uno stato che decide di valorizzare la funzione genitoriale.
E invece, tante volte, per finire una riunione, per leggere un documento, per respirare…, mettiamo i nostri figli davanti a una cosa rettangolare che proietta immagini, e pian piano i nostri figli imparano a usarla, e velocemente navigano in un mondo dal quale non riusciamo a proteggerli.
Abbraccerei forte quella mamma e quel papà se potessi, ma quale grido serve alzare per capire che così non si piò proseguire.
Abbiamo bisogno di costruire relazioni vere, quelle di Prossimità, abbiamo bisogno di tempo per le nostre relazioni familiari, abbiamo bisogno di ritrovare una comunità dove le priorità sono chiare. Famiglia, ambiente, lavoro sviluppo sostenibile….
Non volevo fare un’analisi semplicistica, ma dire che non abbiamo bisogno di altri continui esempi perché si decida di cambiare. Promuovere l’utilizzo consapevole dei social è il compito che spetta alla comunità educante…peccato resti un'azione nelle mani di pochi volenterosi, e così come stamane la mia collega Stefania mi diceva " è vero che l'educazione al digitale è un tema che tocca tutti ma in alcuni contesti rischia di esplodere".
Per la piccola e per la sua famiglia, che non sarà mai più la stessa, possiamo solo pregare.

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