Mondo

Quel tribunale mai nato

Intervista a Marco Pezzoni, Commissione Esteri della camera

di Gabriella Meroni

Se la Corte penale internazionale fosse già realtà, oggi non si parlerebbe tanto di taglia su Milosevic né si tirerebbe in ballo il tribunale dell?Aja. Perché si saprebbe già a chi rivolgersi per ottenere giustizia contro i criminali di guerra e i colpevoli di delitti odiosi quali genocidio e pulizia etnica. Ma sulla Corte internazionale, le cui basi erano state gettate giusto un anno fa a Roma, è silenzio fitto. Nonostante l?impegno di chi lavora perché quel progetto non rimanga un sogno. E proprio questa settimana conta di ottenere un risultato storico. «La ratifica italiana della Corte penale internazionale permanente è una prova di grande civiltà» ci dice martedì 29 giugno l?onorevole Marco Pezzoni, Ds, membro della Commissione Esteri della Camera e relatore della legge di ratifica. Mercoledì 30 la Camera si è espressa (l?esito, a oggi, è dato per scontato) a favore della ratifica della Corte, un passo indispensabile verso l?obiettivo di rendere operativo il tribunale entro il 2000. «Il voto italiano serve a dimostrare che anche l?Europa è interessata a questo progetto» dice l?onorevole Pezzoni.
Perché, ci sono ragioni per dubitare di questo interesse?
Alla conferenza di Roma parteciparono circa 150 Paesi: 120 votarono a favore della Corte penale, 7 gli astenuti (tra cui Stati Uniti, Cina, India e Israele) e 21 contrari. Ma poi firmarono in 80, perché 40 Paesi si tirarono indietro. Ora, dopo 12 mesi, ci sono solo tre ratifiche : S. Marino, Senegal e Trinidad Tobago. L?Europa è latitante.
Non c?è da stare allegri…
Forse a molti governi sfuggono le novità di questa Corte. Primo, non è un tribunale eccezionale, istituito dall?Onu con un mandato a tempo, come il tribunale dell?Aja sui crimini nell?ex Jugoslavia. Secondo, è del tutto indipendente sia dall?Onu sia dai Paesi vincitori di qualunque guerra. Terzo, questa Corte può prendere provvedimenti non solo contro Stati ma anche contro singoli individui, per esempio capi di Stato o generali, per cui non è più valida la scusa di aver semplicemente obbedito a degli ordini.
Nel caso della Jugoslavia di Milosevic, cosa succederebbe se la Corte fosse attiva?
Purtroppo in questo caso la Corte mostrerebbe il suo limite più grave: non avere giurisdizione sui Paesi che non l?hanno ratificata. Ecco perché gli Usa non firmano: hanno paura che il loro esercito all?estero venga messo alla sbarra.
Milosevic, dunque, non avrebbe nulla da temere visto che la Jugoslavia non ha neppure firmato a Roma?
Ci sono importanti spiragli che si potrebbero usare contro di lui. Basterebbe per esempio che un crimine che gli viene imputato coinvolga il territorio di un Paese ratificante. E poi non sottovalutiamo l?effetto a cascata che avrebbe in tutto il mondo la ratifica da parte di 60 Paesi.
Cioè?
Ipotizziamo: se in mezzo mondo valessero le disposizione della Corte, in quei Paesi i criminali di guerra e i nemici dei diritti umani verrebbero giudicati e puniti. Si creerebbe un nuovo, formidabile diritto internazionale con cui tutti i Paesi, firmatari e non, dovrebbero fare i conti e decidere da che parte stare. Ma occorre far presto e creare in tutti i Paesi un movimento d?opinione che solleciti la ratifica degli accordi di Roma. Altrimenti gli impuniti continueranno a trionfare, a spese degli innocenti. G.M.

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