Economia
Quel QUID in più che fa sostenibile la moda
Un gruppo di giovani reinventano capi di maglieria, riciclando rimanenze di tessuti, facendo lavorare persone con fragilità. Un’idea che è stata “adottata” sin da subito da un grande marchio italiano dell’intimo
È fra i dieci finalisti della competizione europea dell’innovazione e il 20 maggio sapremo se QUID sarà uno dei tre vincitori. QUID è l’impresa sociale che si occupa di moda etica e sostenibile creata nel 2012 da un gruppo di giovanissimi, fra questi Anna Fiscale, 26 anni, lauree in economia e master, a Parigi, in Scienze politiche. E una passione: la moda. È lei che racconta la storia di questa iniziativa che sta raccogliendo premi e riconoscimenti in Italia e speriamo all’estero.
Che cos’è QUID?
Proponiamo collezioni limitate di maglieria casual chic. Ad esempio a una maglietta aggiungiamo dei pizzi, togliamo le maniche, facciamo degli inserti di altri tessuti e così via. Poi le vendiamo nei nostri tre negozi, a Verona, Vicenza e Trento.
Come funziona?
Riceviamo rimanenze da parte di grandi aziende tessili che operano in Veneto. Fra queste Calzedonia. L’azienda ci fornisce i tessuti e ci offre a titolo gratuito i negozi che dismette per un periodo variabile dai 3 agli 8 mesi dove noi installiamo il temporary shop di QUID. Quando Calzedonia ha bisogno di nuovo del negozio, prendiamo i nostri capi e ci trasferiamo in un altro spazio.
Come è nata l’ “adozione” di Calzedonia?
Siamo riusciti a parlare con i vertici aziendali a cui abbiamo esposto la nostra idea che è subito piaciuta e hanno creduto in noi. Ed eccoci qui.
Collaborate con altre aziende?
Carrera jeans ci dà vecchie collezioni di maglieria che noi reinventiamo e che poi sono vendute nei loro negozi. L’idea che vogliamo portare avanti è questa: recuperare ad esempio i tessuti di Missoni, creare delle collezioni con pochi modelli ma usando tutte le stoffe a disposizione. Questi capi sono marchiati da QUID e da Missoni e poi distribuiti da Missoni. Uno dei nostri sogni è quello di lavorare con Brunello Cucinelli che ha una dimensione vicina al nostro stato valoriale.
Quali sono state le fonti di finanziamento?
Per iniziare ci siamo rivolti alla Fondazione san Zeno del Gruppo Calzedonia e alla Fondazione Cattolica. La prima ci ha dato i primi 15mila euro che ci hanno permesso di partire senza dover chiedere un mutuo alla banche. Fondazione Cattolica ci ha dato 15mila euro che abbiamo utilizzato per creare la cooperativa sociale di tipo B e continuare le attività. Abbiamo anche ricevuto 20mila euro da Fondazione Unipolis risultando fra i primi 15 progetti usciti dalla selezione del bando “CultarAbility”. Adesso siamo in gara per la Competizione europea e speriamo di vincere il premio in denaro, anche se abbiamo raggiunto la soglia della sostenibilità.
Vale a dire?
Nel 2013 abbiamo superato i 100mila euro di fatturato. Tolte le spese siamo in pareggio. Per il 2014 abbiamo previsto un fatturato di 290mila euro, considerando che in media fatturiamo 20mila euro al mese per ciascun negozio. Quest’anno i negozi sono arrivati a tre.
Quanti dipendenti conta QUID?
Ci sono 8 dipendenti, di cui 3 con fragilità sociale. Collaborano con noi 9 donne che lavorano in alte tre cooperative sociali a cui abbiamo affidato il lavoro di cucitura dei capi. La scelta dell’esternalizzazione è dovuta alla diversificazione del rischio. Quest’anno abbiamo aperto anche un laboratorio di sartoria interno.
Quali sono le difficoltà che state incontrando?
Parlare con i vertici delle aziende con cui vogliamo allacciare rapporti. Una volta che ci riusciamo, l’idea piace, ma è difficilissimo incontrare Ceo, direttori e cosi via. Siamo un gruppo ben assortito. C’è chi si occupa dei temi contabili e finanziari, come Ludovico Mantoan, chi invece ha un occhio sui trend di moda come Elisabetta Stizzoli.
Ai suoi coetanei consiglierebbe di diventare imprenditore sociale?
A me è sempre interessato il settore sociale: dopo gli studi ho collaborato con la Commissione europea (EuropeAid), e con Ong in progetti internazionali di cooperazione in India (assist) e ad Haiti (Coopi).
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.