Welfare

Quel piano svuota carceri

Processi per direttissima. E poi affidamento alle strutture pubbliche o del privato sociale. Sarà la procedura per chi viene arrestato per reati minori legati alla droga.

di Redazione

Grandi manovre sul pianeta carcere. In superfice traspare ancora poco, ma dietro le quinte l?ambiente è in fibrillazione. Il sasso nello stagno è stato lanciato dal Dap , il Dipartimento di amministrazione penitenziaria, che il 27 gennaio scorso ha reso noto il progetto Dap Prima. Un?iniziativa presentata in pompa magna (per l?evento si è scomodato persino il premier Berlusconi: «I tossicodipendenti non possono stare in carcere, ma devono essere ricoverati in strutture adeguate e gestite da professionisti») che consentirà ai detenuti con problemi di droga di lasciare la cella (nel 2004 sono transitati per le patrie galere 24.113 tossicodipendenti). L?idea è di costituire, seguendo l?esempio americano, una rete di drug court, ovvero sezioni di tribunali ad hoc che si occuperebbero di reati correlati alla dipendenza. Questi uffici si dovrebbero avvalere di un servizio di connessione gestito da un?équipe di esperti sul modello di quella operante a Milano dal 1993 e guidata da Dario Foà. Sovraffollamento addio Il tossicodipendente fermato o arrestato per reati minori sarebbe processato per direttissima e quindi preso in carico dal servizio pubblico o dal privato sociale. Se questo sistema fosse applicato a livello nazionale (per ora sono state predisposte sperimentazioni a Roma, Padova, Reggio Calabria e Catania, oltre che a Milano) la stragrande maggioranza dei 15.097 tossici detenuti al 31 dicembre 2004 ( il 26,93% del totale della popolazione carceraria) prenderebbero la strada dei Sert o delle comunità. Una vera e propria rivoluzione. Ma anche una risposta tangibile alla questione del sovraffollamento: 56.068 detenuti a fronte di 41mila posti disponibili. Con uno scarto proprio di 15mila unità. L?iniziativa del Dap arriva in un frangente non casuale. Ha, infatti, anticipato di pochi giorni la presentazione, per iniziativa governativa, della modifica degli articoli 89, 90 e 94 del disegno di legge Fini. In particolare quest?ultimo tratta l?affidamento in prova delle persone tossicodipendenti. Nella nuova versione l?articolo 94 prevede l?equiparazione fra strutture sanitarie pubbliche e private oltre ad ampliare il limite di pena consentito. Una modifica che riporta all?ordine del giorno l?idea di un ?carcere privato per i tossicodipendenti?. L?ipotesi era già stata bocciata nel dicembre 2001, quando la Comunità di San Patrignano fu ad un passo dall?assumere la gestione dell?ex carcere di Castelfranco in Emilia Romagna. Quell?idea però non è mai stata abbandonata. Lo ammette il capo del Dipartimento nazionale antidroga Nicola Carlesi, e lo conferma il passaggio di competenze da Gianfranco Fini a Carlo Giovanardi. Da poche ore infatti l?agenda della politica sulla droga è nelle mani del ministro per i rapporti con il Parlamento, che, in via del tutto informale, ha però di fatto ereditato la delega dal neo ministro degli Esteri, evidentemente troppo assorbito dagli impegni in giro per il mondo per seguire le sorti della legge che reca la sua firma. E proprio Giovanardi nel 2001 fu un accanito sponsor di Andrea Muccioli. Giro di vite sulla recidiva Ma c?è di più. La conclusione dell?iter parlamentare della legge Fini (attesa per le settimane successive alle elezioni del 3 e 4 aprile) sarà anticipato dal giro di vite sulla recidiva (il tasso per i tossicodipendenti si aggira intorno al 70%) previsto dalla Cirielli-Vitali (meglio nota come ?salva Previti?). Un provvedimento che restringendo l?accesso alle misure alternative rischia di vanificare il progetto svuota carceri del Dap: infatti l?associazione Antigone per la sola ?salva Previti? prevede una media di 20mila nuove presenze. Nel frattempo, il progetto del ministro della Giustizia, Roberto Castelli di costruire 23 nuove carceri rimane fermo al palo. Il Cipe – Comitato interministeriale per la programmazione economica ha infatti approvato la versione aggiornata del programma di edilizia penitenziaria (oltre 214 milioni di euro per il triennio 2003/2004) da cui risultano «finalità essenzialmente manutentorie degli interventi previsti». Di fronte allo spettro di un black out del sistema, il governo ha giocato quindi il jolly delle comunità terapeutiche. Ma il Dap ha fatto i conti senza l?oste. Giovanni Tinebra, numero uno dell?amministrazione penitenziaria, ha salutato il progetto Dap Prima come «conveniente anche dal punto di vista economico». Peccato che le comunità la pensino diversamente. Non si è fatta attendere la replica della Fict, la federazione delle comunità terapeutiche, che per bocca del presidente don Egidio Smacchia ha ricordato allo stesso Tinebra che «la nostra federazione vanta un credito nei confronti del Dap di 634.503 euro derivante da rette non pagate», osservando anche che «attualmente la retta giornaliera percepita per la presa in carico di detenuti tossicodipendenti è di 30,99 euro, mediamente pari al 60% di quelle corrisposte dalle Asl regionali per l?inserimento in comunità di drogati non colpevoli di reati».


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