Volontariato

Quel peccato originale delle due volontarie

di Giulio Sensi

È ufficiale: anche la politica estera e la cooperazione internazionale si fanno al bar nel nostro benedetto Paese popolato ormai da veterani dell’opinione al netto dei fatti (forse lo siete anche voi che mi leggete e magari lo sono pure io che scrivo). E come in un copione già scritto, è la politica “che conta” quella che sposta il bar nelle istituzioni -ma sempre bar rimane- a scolpire il fatto e lavorarlo fino a dargli una forma che si chiama opinione, che è funzionale a precisi interessi culturali, economici o politici e non ha quasi più niente a che fare col fatto stesso.

La detenzione, la liberazione e il presunto riscatto delle volontarie italiane Greta Ramelli e Vanessa Marzullo ne è un caldo esempio.

Basterebbe leggere un paio di articoli della rassegna stampa di oggi (“Quel sogno divenuto dramma” dell’ottimo come sempre Luca Liverani su Avvenire, ormai quasi l’unico giornale che ancora si occupa di temi internazionali in maniera seria e documentata, e l’intervista di Francesca Paci al direttore generale di Amnesty Italia su La Stampa) per capire meglio i contorni di una vicenda complicata e contraddittoria. Fortunatamente finita bene, ma che non merita le volgarità che in giro si sentono da chi commenta dopo che ha appreso notizie “per sentito dire” dai grandi media.

Leggendo un po’ di informazione seria si apprende la storia di queste due volontarie e si può ragionare in modo critico sull’efficacia della cooperazione dal basso.

Ma così è. E basta scegliere se andare controcorrente a questa cultura della superficialità o adeguarvisi. Consapevoli che è inutile negare i danni culturali e morali che al sentire comune del nostro Paese questo modo di trattare le caricature dei fatti (e non i fatti in sé) arrecano.

Perché quello che di più amaro c’è intorno a questa vicenda riguarda proprio quella cinica considerazione diffusa nei più che queste ragazze e “se la siano andata a cercare” e meritino “un bel calcio nel culo”. Come se l’andare ad aiutare le vittime di una guerra -pur con tutte le avventatezze e difetti del caso- sia paragonabile ad una marachella di un sabato sera italiano e noioso di provincia.

Considerazioni basate su sillogismi sbagliati, che portano a conseguenze ignobili sul piano politico e morale: chi si attiva volontariamente per gli altri, chi fa volontariato, si merita di pagare fino in fondo il prezzo di eventuali pericoli o responsabilità incidentali della propria azione. È lo stesso ragionamento che dovrebbe portarmi a chiedere i danni al volontario del 118 che giunto in casa mia per soccorrermi urta sbadatamente in un inutile suppellettile, o in uno scalino, e lo rompe. Lo scrivo perché cose simili in Italia accadono.

Per fare il bene bisogna conoscere il bene scriveva il Manzoni, e la storia e l’attualità sono pieni di esempi di chi facendo il bene fa solo del casino. Ma il penoso dibattito che media e politici (sempre felici e banali a braccetto) stanno propinando al Paese è pericoloso perché dà un’altra botta alla distruzione della cultura della solidarietà internazionale e dell’aiuto costruita in secoli di storia.

Come se queste due ragazze non avessero già sofferto abbastanza in mesi di prigionia, come se pure loro e chi vuole impegnarsi fuori dai confini -perché c’è tanto mondo là fuori- non stessero già imparando da questo fatto. Come se fossero, in definitiva, andate là a fare i propri interessi invece che per aiutare qualcuno.

E guardate che, aldilà delle opinioni personali, il diverso metro di giudizio che c’è fra queste due ragazze e i due marò accusati di omicidio in India -ragazze ingenue da una parte e povere vittime degnamente depositarie del sentimento nazionale- è dovuto al penoso conformismo che sta ammazzando il nostro Paese almeno quanto la crisi economica che vive. E il conformista -cantava il grande Giorgio Gaber– è uno che sta sempre dalla parte giusta, “un concentrato di opinioni che quando pensa, pensa per sentito dire”. L’importante è che ci sia qualcuno che la impone questa parte. Tanto poi abboccate sempre.

Quindi siate felici, state pure dalla parte giusta, prendete pure a calci nel culo figurati quelle due ragazze. Auguratevi che i vostri figli facciano marachelle il sabato sera e non partano per zone in cui c’è guerra o sofferenza. Scoraggiate a farlo chiunque voglia viaggiare nel mondo per andare aiutare gente lontana. Indignatevi solo per quello che vi propinano sotto il naso in televisione -tipo i presunti riscatti pagati-, non perché ci sono guerre e distruzioni. Annuite quando parla Matteo Salvini o rifiutatevi di capire quando qualcuno cerca di raccontarvi come stanno le cose. Sentite come rubati dai vostri portafogli presunti riscatti pagati. Distruggete pure la cultura della solidarietà, fate in modo che il peccato originale di chi si impegna per gli altri non venga mai perdonato.

Oppure no.

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