Formazione

Quel muro dei bagni scolastici pieno di scritte per la prof che non c’è più

Non c'è solo lo studente che insulta o lancia una sedia all'insegnante. Anzi, è molto probabile che la storia del modo clamoroso con cui gli alunni delle medie di Mezzago (Monza e Brianza) abbiano salutato l'amata docente Rossella Tadini rappresenti tutti quei casi in cui il rapporto con un professore lascia un segno indelebile nella vita di un adolescente

di Daniele Biella

Questa è una storia che parte da un lutto ma che racconta un inno alla vita. Anzi, alla quello che può dare la scuola alla vita. Quella scuola che fa meno rumore dell’ennesima violenza fisica o verbale di un alunno (o un genitore) all’insegnante di turno. Quella scuola che racconta di quanto bene può fare il rapporto normalmente speciale che un educatore può avere con il suo educato. La protagonista porta il nome di Rossella Tadini, ma idealmente potrebbe avere centinaia se non migliaia di nomi: quelli di docenti che, come lei, riescono – sono riusciti, e riusciranno – a fare breccia nel cuore degli studenti tanto da renderne indelebile il ricordo.

Sì, perché la professoressa Tadini, insegnante di Inglese per ben 26 anni di fila alla scuola secondaria di primo grado di Mezzago (MB), è deceduta pochi giorni fa, 58enne, per quel tumore che l’ha accompagnata suo malgrado negli ultimi quattro anni di vita. E la reazione di decine di studenti dell’istituto, 13-14enni brianzoli di nascita o di immigrazione, è stata clamorosa: “hanno riversato sui muri dei bagni il loro sgomento, scrivendo frasi cariche di affetto”. A raccontarcelo è proprio la dirigente scolastica Nora Terzoli, ora preside ma prima lei stessa ex insegnante, ancora scossa dall’accaduto – “penso di continuo al significato di un’azione del genere” – come lo è il sindaco Giorgio Monti, che di quella foto delle scritte sui muri ne ha fatto un post su facebook carico di emozione e ricordi: “ho 32 anni, non l’ho avuta nella mia classe ma la conoscevo bene, così come la conosce tutto il Paese, tra cui molti genitori degli alunni attuali”. Per non parlare dei colleghi, in particolare chi ha condiviso con lei anni di consigli di classe: sono ben venti quelli in cui ha collaborato con il professore di Italiano Ivan Fedeli. “Così semplice e coerente che si faceva amare anche nelle classi che il resto di noi docenti considerava ardue da scolarizzare”, ricorda il professore.

Quella foto, le scritte, la spontaneità, sono un simbolo. “Certo, non è una buona cosa scrivere sui muri. Ma, come ho detto agli studenti entrando in ogni classe, un’esplosione di spontaneità così forte merita profonda comprensione”, ci spiega la preside. “Rimarranno ancora un po’ di tempo, poi le faremo pulire”, aggiunge il sindaco 32enne e al secondo mandato, “una reazione del genere, così inaspettata, ci fa capire quanto conta il rapporto con il proprio insegnante per un ragazzo di quell’età”. Anche il professor Fedeli è netto: “a volte è bello scrivere sui muri dei bagni, perché lì si dice quello che si pensa veramente”.

Certo, non è una buona cosa scrivere sui muri. Ma, come ho detto agli studenti entrando in ogni classe, un’esplosione di spontaneità così forte merita profonda comprensione"

La preside della scuola


La preside, che ha ricevuto l'ultima volta nel suo ufficio la prof Tadini lo scorso 5 ottobre ("si informava su come sarebbe potuta gradualmente rientrare una volta migliorate le proprie condizioni, l'anno scolastico precedente era riuscita a insegnare tutto l'anno") nei giorni scorsi ha appeso grandi cartelloni nell’atrio della scuola, che si sono via via riempiti di ulteriori scritte e sono stati poi consegnati durante il funerale alla famiglia della professoressa Tadini. Un funerale in cui gli stessi alunni hanno partecipato in massa e due di loro hanno espresso parole di apprezzamento senza fronzoli, come un adolescente sa fare bene: “Diceva sempre che il suo sogno era quello di tornare una volta a Londra, ma purtroppo non è riuscita a concretizzarlo. Per lei voglio farlo io”, ha detto un suo alunno dal pulpito, come riportato dal Giornale di Vimercate, testata locale che le ha dedicato un’intera pagina. Questa.

Tra l’altro Vimercate, provincia di Monza e Brianza, è il luogo dove viveva la professoressa, molto stimata anche nell’ambito del volontariato e nella parrocchia del suo quartiere, San Maurizio. Coincidenza vuole che Vimercate sia finita sotto i riflettori nazionali per un’altra notizia legata al mondo della scuola, meno tragica ma per certi versi comunque drammatica: uno studente di un istituto delle superiori ha lanciato una sedia addosso a un insegnante, ferendola. Un caso eclatante che ha portato allo sdegno collettivo e, solo dopo un po’ di giorni, a una lettera di scuse da parte dell’autore del gesto. L’altra parte della medaglia, troppo spesso protagonista dei telegiornali a scapito delle “belle storie” come quelle del rapporto tra la prof Tadini e i suoi alunni. “Belle storie” in cui la parola “bello” non è una semplice carineria, ma rappresenta “il ricordo che tutti noi, io compresa, ci portiamo dentro degli insegnanti che hanno segnato la nostra crescita”, indica la preside.

In tempi in cui il rapporto tra famiglie degli alunni e docenti è molto più incrinato che in passato, notizie di “esplosioni di spontaneo affetto” di alunni verso i propri insegnanti potrebbero sembrare casi speciali. “Speciali lo sono perché l’insegnante che riesce a entrare nei cuori dei ragazzi, come la professoressa Tadini, ha doti pedagogiche oggi non comuni”. Di certo “speciale” non vuole dire unico, ma scavare nel perché la professoressa delle medie di Mezzago abbia lasciato una tale eredità ai suoi studenti può servire a capire: “quello che riusciva a fare era personalizzare gli apprendimenti, ovvero dosare le proprie richieste in modo diverso per ciascun alunno: non umiliava chi non riusciva a dare troppo, era molto esigente con chi invece poteva arrivare più in alto”, sintetizza la preside.

Anche per i docenti era una sferzata di responsabilizzazione, del resto: “aveva un senso del dovere fuori dal comune e dal tempo, che ci è servito e ci serve come stimolo a migliorarci”, aggiunge il professore di Italiano. Che in anni di frequentazione ha raccolto tanti, davvero tanti aneddoti sulla figura della professoressa più amata della scuola. Quelli intimi li conserva per sé, eccone invece uno, assai efficace, degli altri. “Era molto riservata, con un aplomb in perfetto stile inglese. Che veniva fuori anche nelle battute e nella capacità di non prendersi mai troppo sul serio: in un giorno di nebbia, era quella che entrava in sala professori e esclamava sorridente ‘Finalmente è arrivato il tempo inglese!’. Con un gran bel sorriso, inevitabilmente contagioso”.

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