È l’alba del 4 novembre 1966 quando, dopo alcuni giorni di piogge intense e ininterrotte, l’Arno rompe gli argini a Firenze: l’acqua inonda le strade e sale fino ai primi piani delle case: una targa, posta in Via dei Neri, ricorderà il punto più alto raggiunto dall’ondata di piena: 4 metri e 92 centimetri. Alle 11 Radio Londra lanciava un allarme disperato: «Il mondo sta per perdere una delle sue gemme: Firenze». La televisione di New York trasmetteva di ora in ora bollettini sulla sorte della città.
Nasce così il mito degli “angeli del fango”. Nelle ore successive all’esondazione, migliaia di giovani provenienti dal resto d’Italia e da tutto il mondo giunsero infatti nel capoluogo toscano per spalare oltre 600mila tonnellate di fango cercando di salvare, quasi a mani nude, persone e opere d’arte di inestimabile valore che altrimenti sarebbero andate perdute. In occasione dell’ultimo raduno nazionale del 2006 (per il quarantesimo anniversario dell’alluvione) furono censiti oltre 10mila angeli del fango.
Dopo Firenze 66 l’appellativo fu utilizzato solo in altre due occasioni. A Genova: nel 1970 e nel 2011.
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