Volontariato

Quel “noi” di cui ha bisogno il mondo

Il vero problema dell'Occidente é il modo in cui rapportarsi alla minaccia fondamentalista.

di Riccardo Bonacina

Incredibile Bush. Parlando all?American Legion, lobby di reduci riunita a Nashville, in Tennessee, il presidente George W. Bush ha detto: «L?America e il mondo sono più sicuri ora che Saddam si trova in una cella». E ha spiegato: «Il nostro Paese è oggi in guerra, ma è una guerra diversa, dove potremmo non sederci mai al tavolo della pace». Ma com?è possibile sostenere che oggi il mondo è più sicuro? Come è possibile, se proprio l?attacco americano all?Iraq ha scatenato la più drammatica tra le escalation terroristiche inaugurando l?era dell?insicurezza a livello globale? Si muore sugli autobus in Israele e nei campi a Gaza, si muore sui treni a Madrid e fuori dalle chiese cattoliche in Iraq, si muore, per mano dell?internazionale del terrore, nel Sud Est asiatico, in Africa, per le strade a Mosca. Incredibile Bush, che ha come unico schema di governo del mondo la guerra, e con la sua infinita chiamata alle armi punta a rivincere le elezioni americane (l?attacco all?Iraq e lotta contro il terrorismo, avvertono i sondaggisti Usa, sono proprio le chiavi del vantaggio di Bush su Kerry). Ma incredibile anche la coerenza a buon mercato che c?è in giro, crolli il mondo (e il mondo sta davvero crollando) c?è chi non si preoccupa d?altro che di tenere la posizione. Del resto basta poco: un po? d?ideologia, non fa niente se a buon mercato. Marcello Pera che invita a «difendere con forza la civiltà europea cristiana» e l?ultimo militante del campo antimperialista che invita a «sostenere la resistenza irachena», dicono la stessa castroneria, non aiutano a capire la sfida che questo tempo drammatico fa a ciascuno di noi, e a noi tutti insieme. Il patriarca di Venezia, Angelo Scola, qualche giorno fa a Rimini ha avvertito: «Mi pare innegabile che oggi siamo entrati in una fase della storia in cui Dio, che l?ha inaugurata e la conduce, chiama con forza uomini, popoli e nazioni a un forte coinvolgimento reciproco». I barbari assassini di Baldoni, un testimone pacifico in Iraq, o dei 12 clandestini nepalesi, in Iraq in cerca di lavoro, la minaccia verso i due colleghi francesi dell?internazionale islamica del terrore ci danno l?obiettiva sensazione di far parte di un mondo scelto a bersaglio da un altro mondo che non consideravamo nemico ma che ci sta braccando, negando valore – ecco la scoperta inaudita – ad ognuno dei nostri valori più alti, dalla sacralità della vita di ogni uomo alla democrazia come governo delle libertà individuali e di gruppo. Perciò, oggi, il vero problema dell?Europa e dell?Occidente è decidere come rapportarsi alla minaccia del fondamentalismo islamico. Se opponendogli un fondamentalismo uguale e contrario, persino nella parodia che islamisti e cristianisti fanno della loro grande tradizione religiosa, o se rimettere in gioco ciò che abbiamo di più caro, dalla concezione della persona, della sua libertà e dei suoi diritti, alla concezione della democrazia, in un nuovo impeto appassionato e costruttivo che sappia dare speranza al mondo e che sappia dare prospettiva di costruzione per tutti. Il problema, che la cronaca quotidiana ci ripropone con brutalità inaudita, è quello di capire se è oggi possibile dire ?noi? in modo diverso e più cosciente. Se è possibile un ?noi? che sia un plurale fatto da tanti io, una rete di uomini e donne coscienti della loro tradizione e delle loro radici, non come clave da brandire ma come opportunità offerte a tutti. Vogliamo capire se è possibile un ?noi? che tenga assieme Stefano Baldini (medaglia d?oro della maratona ad Atene) ed Enzo Baldoni (appassionato e curioso testimone di una guerra sbagliata), un ?noi? che possa nominare la loro unicità ma anche la loro appartenenza ad un popolo. La questione è seria e richiede una rimessa in gioco persino personale. Perciò, nel nostro piccolo, abbiamo deciso di investire ancora di più in questa ricerca appassionata di nuova coscienza. Abbiamo a Venezia per Vita un grande regista (Daniele Segre come inviato speciale) e fra due settimane proporremo ai nostri lettori un numero speciale di Vita dedicato a un grande spettacolo, Rwanda94, che sbarcherà in Italia per ricordarci cosa accadde dieci anni fa. La Biennale cinema o un grande avvenimento di teatro civile sono occasioni privilegiate per rimettere in gioco la nostra coscienza e la nostra identità.


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