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Quei ponti che la costituzione ha lanciato tra profit e non profit

Le camere di commercio chiamate ad un ruolo più incisivo.

di Redazione

Nel vasto arcipelago del sistema amministrativo italiano c?è una categoria molto speciale di enti pubblici, dette ?autonomie funzionali?, che non rientra nelle tipologie tradizionali. Sono autonomie funzionali le università, le camere di commercio e le istituzioni scolastiche. Si caratterizzano per essere al tempo stesso enti esponenziali di collettività particolari o di interessi settoriali e, per altro verso, organizzazioni di tipo pubblico, istituite espressamente dal legislatore.

Hanno dunque una conformazione complessa, la cui peculiarità e il cui valore sta nell?essere collocate in una posizione intermedia fra società civile e amministrazioni pubbliche.

Per esempio, per quanto riguarda le camere di commercio, esse da un lato riflettono «l?autonomia dei privati nel sistema delle attività economiche ad esse facenti capo» (Corte costituzionale, n. 477/2000). Dall?altro, rientrano però nell?elenco di ?amministrazioni pubbliche? di cui all?art. 1, comma 2 della legge n. 29/1993.

Un?altra peculiarità delle autonomie funzionali sta nel fatto che esse esercitano le loro funzioni all?interno di un territorio ma non sono enti territoriali, né rappresentano articolazioni periferiche di amministrazioni centrali. Basta pensare alle università, la cui attività di ricerca per definizione non ha confini, per comprendere come la collocazione territoriale delle autonomie funzionali costituisca soltanto uno dei tratti che le caratterizzano.

Le autonomie funzionali nella Costituzione

In questi ultimi anni ci sono stati vari tentativi di ?costituzionalizzare?, per così dire, le autonomie funzionali riportandole all?interno dell?ambito di applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale. L?ultimo tentativo in tal senso fu fatto nel 2005, con il disegno di legge di revisione della Costituzione poi respinto dagli elettori con il referendum confermativo del giugno 2006.

Esso prevedeva una modifica all?ultimo comma dell?art. 118, mirante ad introdurre la seguente disposizione (in corsivo le modifiche proposte): «Comuni, Province, città metropolitane, Regioni e Stato riconoscono e favoriscono l?autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Essi riconoscono e favoriscono altresì l?autonoma iniziativa degli enti di autonomia funzionale per le medesime attività e sulla base del medesimo principio; l?ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale è definito con legge approvata ai sensi dell?articolo 70, primo comma».

La modifica in questione tendeva dunque ad ottenere un riconoscimento costituzionale delle autonomie funzionali equiparandone le attività a quelle svolte dai cittadini, singoli e associati, sulla base del principio di sussidiarietà. L?obiettivo della ?costituzionalizzazione?, in sé legittimo e condivisibile, era però perseguito mettendo sullo stesso piano realtà molto diverse fra loro.

Da un lato, cittadini che autonomamente decidono di prendersi cura dei beni comuni esercitando quella nuova forma di libertà responsabile e solidale che trova la propria legittimazione nel principio di sussidiarietà. Dall?altro, enti pubblici la cui stessa esistenza dipende dal legislatore e le cui attività, per quanto espressione appunto di autonomia funzionale, non sono libere nel fine come quelle dei cittadini, espressione dell?assai più ampia autonomia dei privati.

Le autonomie funzionali e i cittadini attivi

Fallito questo tentativo, sembrerebbe non esserci spazio per le autonomie funzionali all?interno dell?ambito di applicazione del principio di sussidiarietà. E invece forse lo spazio c?è, ma non sul versante della cittadinanza attiva, dove le autonomie funzionali in quanto enti pubblici non hanno in realtà ragione di collocarsi, bensì sul versante delle istituzioni che devono ?favorire? le iniziative dei cittadini.

Il punto di partenza sta nell?elenco di soggetti pubblici che apre l?art. 118, ultimo comma, nella sua formulazione vigente: «Stato, Regioni, Province, città metropolitane e Comuni favoriscono?». Questo elenco riproduce, in ordine decrescente, quello del primo comma dell?art. 114, che afferma che «la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».

In sostanza, poiché i poteri pubblici elencati all?art. 118, ultimo comma sono gli stessi che costituiscono la Repubblica, si può allora concludere affermando che è la Repubblica, nella sua interezza, che deve «favorire le autonome iniziative dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».

Ora, poiché come s?è visto le autonomie funzionali rientrano per espressa previsione legislativa nel sistema dei poteri pubblici e dunque sono parte integrante della Repubblica nella sua accezione più ampia, non si vede perché non si debba applicare anche ad esse la previsione dell?art. 118, ultimo comma.

In termini più generali, questo vuol dire che l?elenco di pubblici poteri di cui all?art. 118, ultimo comma, non è tassativo, bensì deve essere interpretato in senso estensivo. E anzi tale interpretazione è doverosa, per evitare che soggetti pubblici diversi da quelli ivi elencati possano sottrarsi al dovere costituzionale di favorire i cittadini attivi. Si avrebbero altrimenti situazioni paradossali, per cui per esempio i Comuni sono tenuti a «favorire le autonome iniziative dei cittadini», ma non le comunità montane o altre forme di aggregazioni sovracomunali.

In conclusione, le autonomie funzionali, cioè le università, le camere di commercio e le istituzioni scolastiche, pur non essendo espressamente elencate all?art. 118, ultimo comma, sono anch?esse tenute a ?favorire? i cittadini attivi, sostenendone le autonome iniziative volte a prendersi cura dei beni comuni.

E questo da un lato apre nuovi spazi all?applicazione del principio di sussidiarietà e dunque all?attivismo civico, dall?altro legittima pienamente tutte quelle attività delle autonomie funzionali tendenti a creare collaborazioni fra i soggetti di cui sono enti ed i soggetti espressione della società civile, del terzo settore e del mondo del non profit.

LA SUSSIDIARIETA’ ENTRA IN LABORATORIO
Le persone sono portatrici non solo di bisogni ma anche di capacità ed è possibile che queste capacità siano messe a disposizione della comunità per contribuire a dare soluzione ai problemi di interesse generale». Queste parole annunciano la nascita di un laboratorio per la sussidiarietà, ribattezzato con un nome accativante, Labsus. Il laboratorio si avvale di un sito già molto ricco di contenuti, ed è presieduto da Gregorio Arena. Sul sito si può trovare l?integrale di questa riflessione che Arena ha scritto per Vita.
www.labsus.org


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