Cultura

Quei missionari pro tempore

In Africa, per un periodo. Fu Pio XII a lanciare la proposta ai sacerdoti diocesani. Oggi sono 564. E la Cei rilancia... (di Francesco Dente).

di Redazione

Il linguaggio e i toni sono quelli ?canonici? dei documenti della Conferenza episcopale italiana. Lessico misurato, esposizione didascalica, accenti pacati. Uno stile chiaro già dal titolo: «Dalle feconde memorie alle coraggiose proposte». Nulla di rituale, però. Non la classica rievocazione sonnacchiosa ma un?analisi disincantata sullo stato della vocazione missionaria della Chiesa italiana. Un tentativo, soprattutto, di far luce sulle ombre che sembrano allungarsi sul suo cammino. L?argomento della Nota è il cinquantesimo anniversario della lettera enciclica Fidei donum di Pio XII. Scritta per esortare le Chiese europee a inviare sacerdoti nelle giovani diocesi dell?Africa, pone le basi della riscoperta (sancita poi dal Concilio) della natura missionaria della Chiesa. La Chiesa, questa l?intuizione, non ?fa? semplicemente missione: ?è? missione. Altrimenti non è. Un?intuizione che ha rilanciato la tradizione missionaria delle diocesi dopo quattro secoli di monopolio di Propaganda Fide. L?enciclica di papa Pacelli dà il nome infatti ai sacerdoti «fidei donum»: preti diocesani che, diversamente dai sacerdoti regolari appartenenti alle congregazioni missionarie, si trasferiscono all?estero solo per pochi anni. Non per tutta la vita. ?Missionari? pro tempore, dunque, ai quali è affidato il compito di evangelizzare e di testimoniare la carità ma, soprattutto, di costruire ponti fra le diocesi del mondo. I sacerdoti italiani in servizio all?estero nell?ultimo cinquantennio sono stati circa 1.900. Attualmente sono 564 (provenienti da 116 diocesi, soprattutto del Nord) e rappresentano il 4% dei circa 14-15mila missionari italiani. Durante gli anni 80 hanno raggiunto le 780 unità. Una riduzione considerevole che, tuttavia, è andata di pari passo con la diminuzione dei preti: i «fidei donum» costituiscono tuttora l?1,6% dei sacerdoti diocesani. In crescita, invece, i laici «fidei donum»: sono 240, di cui 114 sposati, e provengono da 53 diocesi. Il punto dolente messo in rilievo dalla Cei è la «fatica» del ricambio. Sembra diminuita, scrivono i vescovi, la «sensibilità missionaria ad gentes: non sono molti i preti disponibili a partire e alcune diocesi non prendono in considerazione questa prospettiva». Un fenomeno che la Cei mette in relazione con con «l?allentarsi dei rapporti con le diocesi di origine, spesso dovuto all?assenza di un preciso progetto missionario». Il prete che torna è una persona diversa: teme di non essere accettato o di non essere in grado di reinserirsi. Certi suoi atteggiamenti critici «possono aver raffreddato la simpatia dei confratelli». Per questo non appena può rifà le valigie. Per sempre.

Francesco Dente

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