Sostenibilità

Quegli “allarmisti”da premio Nobel

Il rapporto Ipcc Perché è così importante il lavoro di oltre 3mila scienziati

di Redazione

AParigi, lo scorso febbraio, gli scienziati avevano lanciato l’ennesimo allarme sullo stato del clima. A Valencia, a novembre, è stata diffusa l’ultima parte del IV Rapporto di valutazione del gruppo di lavoro intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), che delinea un futuro allarmante. Le conseguenze del surriscaldamento climatico possono essere «improvvise e irreversibili» e rischiano di causare l’estinzione di quasi un terzo delle specie animali e vegetali del pianeta. Secondo il rapporto, è ormai «inequivocabilmente» provata la responsabilità dell’uomo nel surriscaldamento del pianeta. Scenari? Entro il 2100, la temperatura potrebbe crescere tra l’1,1 e i 6,4 gradi centigradi rispetto ai livelli registrati tra il 1980 e il 1999. Il livello del mare aumenterà probabilmente tra i 18 e i 59 centimetri. Saranno sempre più frequenti, intense e violente, le ondate di caldo, le piogge torrenziali, i cicloni tropicali. Nella seconda metà del secolo, gli iceberg spariranno. Nessun Paese sarà esente dai cambiamenti climatici, ma i più colpiti saranno quelli più svantaggiati, soprattutto le isole piccole e le aree in cui centinaia di milioni di persone vivono poco sopra il livello del mare. La riduzione di emissioni di gas serra – sottolinea il rapporto – potrebbe essere ottenuta con costi relativamente bassi rispetto al Pil. Ma i governi devono muoversi presto: i tempi per farlo sono sempre più stretti.
Il lavoro dell’Ipcc costituisce la base scientifica della Conferenza mondiale sul clima in corso in questi giorni – si concluderà il 14 dicembre – a Bali, in Indonesia, e rappresenta la quarta e ultima tappa del percorso che nel corso del 2007 ha portato al IV Rapporto Ipcc. La sintesi finale di 50 pagine raccoglie i tre volumi che riguardano lo stato del clima (Parigi 2 febbraio), l’impatto (6 aprile) la mitigazione (Bangkok, 4 maggio). Al IV Rapporto Ipcc hanno lavorato per sei anni 800 autori e 2.500 revisori.
Un messaggio forte, che acquista ancor più valore se si considerano le fortissime pressioni esercitate da alcuni governi sugli scienziati dell’Ipcc, che hanno ricevuto lo scorso 10 dicembre il Nobel per la Pace e che hanno mantenuto ferme le proprie posizioni. «Il messaggio dell’Ipcc non può essere annacquato o frainteso», ha detto il WWF, «la scienza è chiarissima, parla con una sola voce e in modo inequivocabile. I cambiamenti climatici sono il prodotto delle attività umane, ma è altrettanto chiaro che la soluzione del problema è nelle nostre mani».
«Oggi l’Ipcc ci ha consegnato un lavoro che dovrà affiancare qualunque decisione politica del futuro, consegnando al Summit di Bali un messaggio chiaro: occorre fare in fretta», spiega Mariagrazia Midulla, responsabile del programma Clima del WWF Italia, presente a Bali. «Il primo passo dovrà essere fatto proprio dai Paesi più ricchi, che devono ridurre entro il 2020 le proprie emissioni di anidride carbonica e altri gas serra del 30% rispetto ai livelli del 1990 e investire in tecnologie pulite e progetti di adattamento nei Paesi in via di sviluppo. Da Bali deve uscire un mandato preciso in tal senso. La politica deve fare la sua parte per il bene dell’umanità, superando gli interessi di chi ha tutto il vantaggio di sfruttare i combustibili fossili sino all’ultimo. Occorre anche sconfiggere chi vuole sfruttare il problema dei cambiamenti climatici per proporre “non soluzioni”, come il nucleare, troppo costoso per le tasche e la sicurezza dei cittadini e delle comunità».


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