Immigrazione
Quegli 85 minori stranieri accolti nei centri per adulti
Dopo il decreto 33/2023, la Prefettura può collocare i minori stranieri non accompagnati con più di 16 anni nei centri per adulti. Quante volte è successo? A settembre erano 252, oggi 85. Comunque troppi, perché sono ragazzi che non dovrebbero stare dove stanno. Gli interventi di Antonella Inverno (Save the Children) e Gianfranco Schiavone (Asgi)
![msna](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/02/Msna_Photo-Credits_-Gianfranco-Ferraro-per-Save-the-Children_Karamel-1.jpg)
Forse un sedicenne è meno minorenne di un quindicenne e quindi ha meno diritti? Se parliamo di minori stranieri non accompagnati pare che nel nostro Paese sia proprio così. Al 28 gennaio c’erano 85 ragazzi non ancora diciottenni ospitati in 35 centri non dedicati specificamente ai minorenni: lo rivela a VITA il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Lo scorso settembre i minori in quella condizione erano 252 (dato contenuto nel report Nascosti in piena vista di Save the children).
Si tratta di una novità, dal momento che solo con il decreto-legge 133/2023 il Governo Meloni ha stabilito che in caso di momentanea indisponibilità in qualsiasi tipologia di struttura ricettiva dedicata ai msna, il prefetto può disporre che il minore che abbia almeno 16 anni venga alloggiato nei centri di prima accoglienza e di accoglienza straordinaria per adulti, per non più di 90 o – nel caso di una proroga – 150 giorni (qui le preoccupazioni delle organizzazioni di Terzo settore in merito, contenute nello stesso rapporto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sul primo semestre del 2024).
Cosa dice la Convenzione Onu
Una misura che va contro la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, ma anche contro le direttive europee in materia, nello specifico la 33 del 2013, in cui si fa riferimento alla possibilità di collocare un minore in una comunità per adulti solo se ciò è nel suo superiore interesse: un’opzione quindi assolutamente residuale, da verificare situazione per situazione. Per esempio, se un ragazzo ha un fratello maggiorenne già ospitato in un Cas e questo è l’unico parente in Italia, si può pensare che la miglior opzione sia accoglierli assieme, a patto, ovviamente, che la struttura per adulti sia di buona qualità. È evidente, però, che si tratta di una misura per situazioni singole e molto particolari: la ragione del collocamento di un minorenne in un centro per adulti secondo la normativa europea non potrebbe cioè essere mai quella dell’indisponibilità momentanea di altri posti in luoghi migliori.
Eppure quella “possibilità” è diventata realtà. Che siano 252 o 85, sono comunque “di troppo”: si tratta di ragazzi che non dovrebbero stare dove stanno. Un numero peraltro relativamente basso: davvero non c’era modo di accoglierli in altri contesti? Davvero non possono essere ridistribuiti in centri più consoni?
Evidente promiscuità
«È una situazione molto grave di discriminazione», afferma Antonella Inverno, responsabile ricerca, dati e politiche di Save the children Italia. «Per la legge italiana – così come per gli standard internazionali – un minorenne non è solo un bambino, è chiunque non abbia ancora compiuto 18 anni. A tutti vanno garantite le stesse tutele». Quantomeno, nelle strutture dove i ragazzi vengono ospitati assieme agli adulti, dovrebbero essere garantiti luoghi separati per gli adolescenti: lo prevedeva lo stesso decreto. Ma in realtà si tratta di un’accortezza difficile da realizzare: «A meno che non si chiudano le persone a chiave non è possibile garantire una separazione reale», continua Inverno, «perché tutti dovranno uscire, andare nei luoghi comuni. La promiscuità è sostanzialmente inevitabile». Se poi si parla di 85 migranti in 35 strutture, ci sarà una media di poco più di due minorenni per struttura: tenerli distanti dagli altri sarebbe quasi metterli in isolamento.
«La sistemazione che il decreto-legge contempla dovrebbe essere dettata da uno stato di grande urgenza e necessità», chiosa Gianfranco Schiavone, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione – Asgi. «Questa misura illegittima, però, si sarebbe potuta evitare con pochissimo sforzo, prevedendo una migliore organizzazione». Come vengano distribuiti i minori stranieri non accompagnati, infatti, è demandato alle istituzioni che li hanno in carico. «Non c’è alcuna forma di programmazione reale», commenta Schiavone, «i percorsi a cui vengono avviati i minori dipendono da tutta una serie di fattori che nulla hanno a che fare con una certezza di diritto, come la volontà delle associazioni che li accolgono o delle singole prefetture».
Preferisco di no
Schiavone, infatti, che è anche presidente del Consorzio italiano di solidarietà, associazione che si occupa dell’accoglienza degli adulti a Trieste, testimonia che agli enti gestori della città la Prefettura ha chiesto se avessero la disponibilità di ospitare anche minori, secondo il decreto-legge 133/2023. A Trieste tutti hanno rifiutato, ma in altre zone, evidentemente, non è stato così. Del resto, in generale l’accoglienza dei minori pare guidata dalla “fortuna”. «C’è una varietà che non trova alcuna giustificazione nei numeri», dice l’esperto, «lo stesso minore arrivando un’ora prima o un’ora dopo può finire in un Cas o no».
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Di struttura in struttura
Il numero di msna presenti in Italia, infatti, non è certo emergenziale per un Paese di 60 milioni di abitanti: al 31 dicembre 2024 erano 18.625 (dati Mlps). Questi ragazzi, che dovrebbero avere tutti gli stessi diritti, nella realtà dei fatti hanno avviato dei percorsi molto diversi: c’è chi è rimasto nella prima accoglienza e nell’accoglienza emergenziale (a giugno era il 21%, dati Mlps), chi è entrato nella seconda accoglienza (a giugno il 58,1%, Mlps) e chi è stato ospitato in famiglia (a giugno il 20,4%, Mlps). Anche all’interno di questi macrogruppi, ci sono differenze significative. Chi rimane bloccato nella prima accoglienza, per esempio, può ricevere trattamenti molto diversi. «Prima del 2023 siamo riusciti a fare una ricognizione nei Cas dedicati ai minori», racconta Inverno: «Ci sono strutture che riescono a garantire dei servizi integrativi unendo più progetti, altri in cui non vengono assolutamente forniti percorsi di crescita, ma ci sono solo servizi di base, si mangia, si dorme, si fa un corso di italiano e poco altro». L’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, insomma, pare essere una “lotteria”, che ha ben poco a che vedere con questioni di diritti e necessità. «Tutto dipende dal momento in cui arrivi», conclude la responsabile di Save the children, «e da dove vieni inserito».
La foto in apertura è di Gianfranco Ferraro per Save the Children, tratta dal report “Nascosti in piena vista”
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