Non profit

Quattro storie che ci fanno innamorare della realt

Sono quelle di Roberto Benigni, Claudette Habesch, Maurizio Vinti, Pier Paolo Pasolini

di Giuseppe Frangi

Ci sono alcuni volti, in questo numero di Vita, sui quali il vostro sguardo si deve fermare. Il primo è, naturalmente, quello di Roberto Benigni. Difficile non essergli grati dopo il regalo che ci ha fatto dal palco di Sanremo. È salito assediato dai sospetti e dalle malignità, e li ha spazzati via con un sorriso. A parte le parole bellissime che ci hanno commosso e riempiti di allegria, Benigni ha avuto un grande merito: quello di essere scappato fuori dalla solita insopportabile logica dei teatrini. Avrebbero voluto tenerlo dentro il ping pong dei girotondi e del vittimismo berlusconiano, lui li ha guardati, con ironia,dall?alto in basso. Non è vero che non si sia schierato, come qualche deluso ha sostenuto. Non si è schierato secondo la logica del teatrino, ma si è schierato, eccome, nella logica del reale: ha detto che solo una passione verso gli altri e verso la vita può muovere le cose. Ha detto che è meglio lasciarsi andare all?amore per ciò che ci circonda piuttosto che restare arroccati nel rancore. Meglio sdraiarsi sul pubblico per felicità e gratitudine, che restare chiusi nell?angolo assieme a un pugno di professori. Un altro volto su cui fermarsi è quello di Claudette Habesch. è la direttrice della Caritas di Gerusalemme, oltre che madre di tre figli. Due mestieri difficili, in questi tempi, in Israele. Come direttrice della Caritas si trova a far fronte a una quotidianità devastata dalla violenza e dalla povertà. Come madre, non riesce neanche a vedere sua figlia maggiore, che abita a nemmeno un chilometro. Ma in quel chilometro ci sono ben tre posti di blocco israeliani. Nelle parole di Claudette, però, è difficile trovare echi di quella violenza. Lei è convinta che il linguaggio della solidarietà sia in grado di ricucire anche ferite così devastanti. Ci crede fermamente, e l?opera delle sue giornate vuole esserne una tangibile dimostrazione. La sua fragile storia è una non fragile speranza in questi giorni così cupi in Palestina. Sullo stesso mare, da altre sponde, s?affaccia invece il volto di Maurizio Vinti: è il coordinatore dei volontari della Croce Rossa di Lampedusa. C?era lui e c?erano i suoi amici ad accogliere lo sparuto gruppo di sopravvissuti a quell?immane tragedia che aveva visto sparire nel mare forza 4 un numero ?imprecisato? di clandestini. Maurizio Vinti, con la sua presenza, è la migliore risposta alla barbarie contenuta in una legge che il Senato ha già approvato e che presto arriverà alla Camera per l?ultimo ok. Lui è lì, su quella spiaggia all?estremo sud d?Italia, a tenere aperto un piccolo spiraglio ai disperati che bussano. Ma a Roma quella porta vogliono chiuderla a doppia mandata, trasformando ogni clandestino in un delinquente. Come ha detto il cardinal Ruini, numero uno della Chiesa italiana, pronunciando parole di durissima condanna, «l?altro, anche quando viene da lontano, è in primo luogo ?prossimo?, e non avversario minaccioso». Non li avrebbe certamente considerati avversari l?ultimo personaggio su cui richiamiamo la vostra attenzione, carissimi lettori. è Pier Paolo Pasolini, forse il più profetico intellettuale italiano di questo ultimo mezzo secolo, che in questi giorni avrebbe compiuto 80 anni. Cosa avrebbe scritto Pasolini se ancora fosse tra di noi? Marco Revelli ha provato a immaginarlo e ha dedotto che, non sapendo barare, avrebbe taciuto con dolore. «Non si sarebbe mai limitato a ?girare intorno? ai palazzi del potere. Andava al cuore delle cose, offrendo se stesso e soffrendo esso stesso». Scrive Revelli. Una cosa è certa: quanto ci manca oggi una voce come quella di Pasolini, sincera sino al sacrificio e incurante dello scandalo!


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