Famiglia

Quattro minori in affido perchè obesi

Decisione controversa a Dundee in Scozia

di Redazione

Dati in adozione perché troppo grassi. Potrebbe succedere a quattro ragazzi, tre femmine e un maschio tra i 5 e gli 11 anni di Dundee in Scozia. La loro famiglia, composta in tutto da nove persone, era già stata nel 2008 oggetto delle attenzioni dei servizi sociali della città scozzese. Sempre per la stessa ragione, l’obesità. Alla famiglia era stata prima imposta una dieta ferra, senza “cibo spazzatura” e poi dato che la cura non dava effetti positivi, i bambini era stati dati in affido. Una soluzione che si è rivelata un fallimento e che ha portato il Comune a cercare una soluzione alternativa. Un monitoraggio sulle abitudini alimentari della famiglia in un “Grande Fratello” contro la ciccia. Un assistente sociale a sorvegliare cosa si mangiava a casa e a segnalare quello che non andava, oltre a un coprifuoco alla undici. Tre anni e secondo il Comune nessun risultato soddisfacente. Così martedì 30 agosto i servizi sociali hanno deciso un nuovo affidamento, questa volta definitivo. Che ha sollevato molte polemiche.

“Forse non siamo dei genitori perfetti — ha detto in lacrime la mamma, 42 anni, al Mail On Sunday, il domenicale che ha rivelato la notizia tutelando però i minori con l’anonimato — ma amiamo i nostri figli con tutto il cuore. È insostenibile pensare a un futuro senza di loro. Ci hanno preso di mira per via della nostra stazza e non ci hanno più lasciato andare”. Una disperazione condivisa anche dalle altri figli della coppia. “Si dovrebbero vergognare — ha dichiarato una delle ragazze —. Il peso è una questione personale e non riguarda gli assistenti sociali”. E’ una disgrazia” ha detto Tam Fry, presidente onorario della Child Growth Foundation, ha definito il provvedimento «una disgrazia. Queste persone hanno cercato di collaborare e tuttavia perdono lo stesso i loro bambini. È assurdo». Il comune non ha commentato, mentre la famiglia ha deciso che ricorrerà in appello e se necessario andrà fino alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.


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