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Quattro cose che nessuno ancora ha detto sul Dopo di Noi

Quattro cose che nessuno ha ancora spiegato della legge sul dopo di noi approvata ieri alla Camera: il Fondo diventa stabile; si potrà continuare a vivere nella propria abitazione, con il solo requisito dell’abitabilità; i progetti devono garantire sostenibilità economica per 10 anni; il famoso "favore alle assicurazioni" vale 40 euro. Ne parliamo con Roberto Speziale, presidente di Anffas

di Sara De Carli

Continuiamo ad approfondire la legge sul dopo di noi approvata ieri alla Camera, la prima legge importante sulla disabilità dopo la Convenzione Onu, su un tema delicatissimo e oggi come mai cruciale. Qui un'analisi dettagliata di Roberto Speziale, presidente di Anffas, che ha seguito fin dal'inizio il cammino della legge.

Qual è il suo giudizio, soprattutto riguardo tenendo conto degli emendamenti approvati in Aula?
Possiamo esprimere soddisfazione per questo primo e importante passo in avanti, ma al tempo stesso vogliamo ricordare a tutti gli attori istituzionali e non che il sì dell’Aula di Montecitorio di certo non risolve totalmente le problematiche del Durante e Dopo di Noi. Devo dire che alcuni emendamenti approvati in Aula sono significativamente migliorativi, ad esempio il rafforzamento della possibilità di continuare a vivere nella propria abitazione, con il solo requisito dell’abitabilità perché non vogliamo che gli appartamenti si trasformino, per legge, in soluzioni sanitarizzate. Questo era un punto dirimente, proposto più volte da noi e finalmente entrato nel testo. In secondo luogo il Fondo da 90 milioni di euro istituito dalla legge di Stabilità è immediatamente reso disponibile e trasferito, quindi sarà utilizzabile già nel 2016, ci sono risorse subito, basterà fare un decreto e trasferire le risorse alle Regioni. Positivo, decisamente, il fatto che il Fondo – che nella legge di stabilità era triennale – diventa stabile, non è più un intervento spot.

Cosa continua a lasciarla perplesso?
Due aspetti, che dovranno essere corretti in Senato: la legge ora dà la possibilità all’amministratore di sostegno di rivedere il progetto di vita redatto, che è una cosa priva di senso, e il fatto che il trustee debba rendere conto del suo operato.

Non è una garanzia in più, positiva?
Sì, ma il problema è che non si sa a chi debba rendere conto, la legge non lo dice. Noi nel corso di tutti questi mesi abbiamo segnalato più volte il fatto che sarebbe stato necessario normare meglio il trust, non è stato fatto, ora c’è il rischio che questo sia uno specchietto per le allodole, per rassicurare formalmente le perplessità sollevate ma senza che non si producano risultati. Il trustee deve rendere conto, certo, ma per come oggi è la normativa questo non è praticabile, si tratta di una norma inapplicabile.

C’è anche ci critica il fatto che la legge utilizzi una terminologia anacronistica, come “persone affette da disabilità”, come prova dell’incompetenza dei parlamentari su questi temi. È così?

Si tratta della prima importante sulla disabilità dopo la Convenzione Onu, certo anche la questione terminologica è rilevante. A chi fa questa critica però sfugge che ieri sia stato dato mandato al presidente della Camera per “pulire” il testo in questo senso e utilizzare ovunque il termine “persone con disabilità”. Anche questo è positivo.

Quindi valutazione nel complesso positiva?
Sì, anche se avremmo voluto un più esplicito riferimento alla deistituzionalizzazione, che pure è indicata come priorità, e soprattutto – ora vedremo come rafforzarlo a livello di regioni – il fatto che chi propone un progetto per il Dopo di Noi, chiedendo i finanziamenti di questa legge, garantisca non solo la costruzione di un edificio, quale esso sia, ma presenti anche un piano di gestione che assicuri la sostenibilità di questo progetto per almeno dieci anni altrimenti, non essendo LEA, non si capisce come potranno vivere queste realtà.

È o non è una legge a sostegno di muri e strutture come alcuni accusano?
Gli emendamenti approvati smorzano questa preoccupazione, ma di fatto dobbiamo riconoscere che la destinazione delle risorse andrà principalmente all’edilizia, alla costruzione di micro residenze. Si sarebbe dovuto sostenere di più la deistituzionalizzazione, ad esempio perché parlare di gruppi appartamento e non di un appartamento in un condominio normale? Non vogliamo più luoghi separati per le persone con disabilità: certo c’è chi ha bisogno di servizi complessi, ma molte persone possono vivere in appartamenti.

Avete esperienze in questo senso?

A Cinisello stiamo lavorando al Condominio “Arcipelago” che ha due servizi collegati: una “palestra” per le autonomie e la vita indipendente del “durante noi” per preparare le persone, alla vita in microcomunità con altri amici o senza disabilità. E dei gruppi appartamento che realizzano questa vita. Questo sarebbe stato un elemento qualificante di una legge che rispondesse non solo alle necessità del Dopo di Noi ma anche all’art 19 della Convenzione ONU. Analoghe esperienze le abbiamo a Mortara, Trieste, Ragusa, Grottammare: stiamo sperimentando a prescindere dalla legge in molte parti d’Italia una risposta alternativa alle RSA, RSD e varie strutture accreditate, il problema è che lo abbiamo sempre fatto con risorse delle famiglie e non con il sostegno del pubblico.

E qua veniamo al dibattito infuocato a cui abbiamo assistito in Aula: che ne pensa della concezione del M5S su pubblico e privato?

È stato un dibattito strumentale, molto ideologico e poco dentro la specifica questione. Il M5S non ha capito fino in fondo il tema.

È fondata la preoccupazione che legge sia un favore alle lobby assicurative?

Non c’è bufala più grande. Con questa legge, ho fatto i conti, si dà possibilità di dedurre dal reddito 40 euro: le pare che una famiglia deciderà di fare o non fare un’assicurazione in virtù di questo? Dal nostro punto di vista anzi serviva un’agevolazione molto più significativa, nel confronto fatto con le nostre famiglie è emerso che le famiglie sarebbero felici di poter costruire situazioni che garantiscano il futuro dei loro figli, senza che venga meno l’obbligo dell’impegno pubblico? Perché non sostenerle?

Alle famiglie quindi interessano realmente gli strumenti assicurativi presenti nella legge?

Sì e già da tempo Anffas sta lavorando con Cattolica per mettere in piedi un prodotto assicurativo funzionale alle famiglie. Abbiamo fatto anche un ragionamento con il professor Marcello Esposito lì a Vita e un incontro con Unipol, stiamo costruendo cose che vanno nella direzione della corretta destinazione del patrimonio, non prestandoci ad alcun interesse delle assicurazioni di cercare nuovi clienti.

E sul trust, il punto caldo del dibattito?

Riteniamo che sarebbe il caso di normarlo a latere, prima dell’approvazione in Senato della legge sul Dopo di Noi. Il trust non è la panacea del durante e dopo noi. Avere un articolo di una legge sul dopo di noi che dettaglia così minuziosamente la disciplina del trust è una forzatura. La sostituzione fedecommissaria ad esempio è uno strumento giuridico già esistente, più confacente alle esigenze di cui parliamo, bastava fare riferimento a quello, è più certo e già definito. Oggi si può fare solo per le persone interdette, sarebbe solo da estendere a chi ha l’amministratore di sostegno.

Foto Sergei Supinski/Getty Images

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