Volontariato

Quasi libero, oltre le mura

di Elisabetta Ponzone

Tropi è uscito. Non è più dentro. Ce l’ha fatta. Non è evaso, state tranquilli, ma è quasi libero. Di notte dorme a casa, con lenzuola fresche, doccia e bagno tutto per sé e di giorno viene da noi in cooperativa.

Le persone detenute che sono prossime a terminare la pena si chiamano “liberanti, c’è chi lo è dentro le mura, in carcere, chi fuori, come Tropi adesso. E poi cosa farà? Staremo a vedere.

Intanto ha scritto questo:Oggi tutto mi sembra più bello. I cancelli sembrano stanchi di chiudersi, cardini annoiati dalla compagnia del solito ferro. C’è il mazzo pesante di chiavi legate alla cinghia di un calzone, il passo della guardia che anticipa al suolo lo scatto della serratura della mia cella. M’informa che sono “liberante“.

Cammino lungo il corridoio con mosche di luce a ronzio perduto, stecchite al confine. Spiegare la mia verità non è facile, quella di un seme respinto dagli appezzamenti della società, vangato lontano da ogni terreno riconosciuto degno di cura.

Ero un individuo ridotto a essere la sagoma della mia colpa, ritaglio incollato sul supporto di una condanna. Ma oggi esco. Oltrepasso la sbarra che divide il carcere con la libertà.

Oggi tutto mi sembra più bello. Ammiro i fiori che sembrano condurmi a una vincita nuova, a una giocata pulita, cercando di togliermi di dosso la macchia del baro. Mi guardo indietro e ricordo loro, tutti gli altri. Uomini colmi di detriti, schiacciati dallo smottamento del destino e da una frana di coscienza.

Oggi se ho raggiunto la libertà devo ringraziare chi mi ha dato un lavoro e la fiducia. Ora voglio godermi l’amore per i miei figli, e nipoti. Un amore che non tradirò mai più.”

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