Politica

Quartapelle (PD): «I campi vanno chiusi, ma senza la presenza dell’Italia in Libia chi li chiuderà?»

Né la politica estera, né quella interna, né i giochi dei partiti possono essere fatti sulla pelle delle persone. Per questo, spiega Lia Quartapelle, «i campi in Libia vanno chiusi, senza se e senza ma. Le immagini di torture e violenze le abbiamo viste tutti, sono strazianti. Ma la politica internazionale è, prima di tutto, concretezza e serve che l'Italia ritrovi il proprio ruolo nel Mediterraneo. Responsabilità che questo Governo, sempre più isolato sul piano internazionale, non vuole assumersi»

di Marco Dotti

Martedì prossimo si vota. Nel frattempo la risoluzione Minniti-Quartapelle, ad accelerare la stabilizzazione della Libia, ha incontrato un primo ostacolo. Un ostacolo interno: sei deputati, hanno scelto di firmare la risoluzione del parlamentare diLeu Erasmo Palazzotto. Tanto è bastato ai giornali per parlare di un «PD spaccato sugli accordi con la Libia».

Per fare chiarezza abbiamo incontrato Lia Quartapelle, capogruppo in Commissione esteri, e con Marco Minniti prima firmataria della risoluzione.

Che cosa è successo?
Tutto nasce da una discussione sul rinnovo della partecipazione italiana alle missioni internazionali. Tutte le questioni di politicha estera hanno degli elementi di tensione tra una parte valoriale e una parte di difesa realistica dell'interesse nazionale. Ogni decisione di politica estera mette sempre in tensione questi due elementi. Anche una discussione sulla nostra partecipazione alle missioni internazionali e, in particolare, nella zona oggi più calda, ovvero la Libia, mette in discussione questi due punti.

I campi in Libia vanno chiusi senza se e senza ma. Ricordiamo anche che i campi in Libia non sono un problema di oggi e nemmeno un problema di ieri, ma son un problema che dura almeno da dieci anni, ossia dal periodo di Gheddafi e dal Governo Berlusconi.

Lia Quartapelle

Una discussione che qualcuno ha letto come spaccatura all'interno del Partito Democratico.. Non avete più una visione comune?
Non esagererei, parliamo di 6 deputati su 111.

Andiamo alla vostra visione comune, allora.
All'interno del PD ci sono dei punti in comune molto forti che vanno oltre il dibattito sulla mozione, ma riguardano per intero la nostra politica estera. Il primo punto è che l'Italia deve essere un attore per la stabilità e la pace nel Mediterraneo. Deve avere un approccio multilaterale, cosa che il nostro Paese ha sempre fatto distinguendosi da tutti gli altri Paesi. Il secondo punto riguarda i campi in Libia.

I campi in Libia vanno chiusi? Ce lo dica chiaramente…
Vanno chiusi senza se e senza ma. Più chiaro di così. Ricordiamo anche che i campi in Libia non sono un problema di oggi e nemmeno un problema di ieri, ma son un problema che dura almeno da dieci anni, ossia dal periodo di Gheddafi e dal Governo Berlusconi.

Eppure l'opinione pubblcia associa i campi in Libia a Minniti, non è così?
No, non è così. L'azione di Marco Minniti ha reso visibili e ha accertato la condizione nei campi. Dobbiamo chiarire bene questo fatto, altrimenti cadiamo in errore. Grazie all'azione di Minniti, quando era Ministro, i giornalisti sono potuti andare nei campi, le Ong e l'UNHRC sono entrati dociumentando la barbarie. Per la prima volta sappiamo come sono, quanti sono, come sono gestiti. Abbiamo racconti agghiaccianti sui campi e, adesso, abbiamo anche le prove. Generalmente si associa l'azione di Minniti e del Governo Gentiloni con i campi, perché i campi sono diventati visibili.


Oggi, a fronte di tutte le notizia che arrivano, di tutte le evidenze che emergono diventa ancora più urgente chiudere i campi.

Quando parliamo di campi, di che cosa parliamo?
DI un certo numero di campi governativi che raccolgono 6mila, 7mila persone. Poi ci sono altri luoghi nel Paese dove vengono rinchiusi, fuori da ogni controllo. Ma se anche ci limitiamo ai campi gestiti dal governo libico possiamo fare qualcosa e dobbiamo chiuderli.

Come?
Per chiuderli, c'è bisogno di maggiore presenza internazionale, non di disimpegno. Se vogliamo fare i corridoi umanitari…

Cosa c'entrano i corridoi umanitari?
I corridoi umanitari sono il modo per svuotare i campi. I corridoi umanitari si realizzano grazie alla presenza di OIM e UNHCR che sono presenti nei campi e che mettono in atto tutto quel processo (dall'identificazione al capire chi ha diritto all'asilo, alla protezione, etc.) che è necessario fare e, altrimenti, verrebbe fatto in Italia. Gli accordi Gentiloni-Sarraj, di cui oggi si parla, prevedono la possibilità di fare i corridoi umanitari…

Mi colpisce molto questo elemento, anche nella discussione fatta in questi giorni: c'è una grande confusione. Confusione su quanto successo, confusione su quanto sta accadendo in Libia e confusione su quanto e cosa sia possibile fare con la Libia. Dovremmo cercare di ritrovare un campo del possibile nella politica estera

Lia Quartapelle

Senza accordo col Governo libico, che accadrebbe?
Non ci sarebbero corridoi umanitari. Quello che dobbiamo spiegare è che la Libia è una situazione complessa, problematica, con tantissimi problemi e criticità nella gestione dei campi e ci sono infiniti problemi con la Guardia costiera libica… Non dobbiamo chiudere gli occhi davanti a questa situazione, ma la presenza italiana al fianco della Guardia costiera libica ci permette di essere più efficaci.

Più efficaci in che cosa?
Nell'evitare che una situazione già critica, degeneri. La Guardia costiera libica e i campi esisteranno indipendentemente da noi. Non è con una mozione parlamentare che si chiudono i campi in Libia.

Colpisce il fatto che, nell'immaginario Minniti sia sempre associato ai campi. Ritorno sul punto, perché credo sia indicativo di quanta poca complessità, oggi, siamo in grado di reggere nel discorso pubblico…
Mi colpisce molto questo elemento, anche nella discussione fatta in questi giorni: c'è una grande confusione. Confusione su quanto successo, confusione su quanto sta accadendo in Libia e confusione su quanto e cosa sia possibile fare con la Libia. Dovremmo cercare di ritrovare un campo del possibile nella politica estera.

Pià realismo politico e meno sogni?
Non direi. Il possibile non è realismo bieco, declinato in meri rapporti di forza. Fare il ossibile è rendersi conto di quanto davvero possiamo fare. La politica estera è l'ambito della politica più vincolato. La domanda vera che dobbiamo porci è: come chiudiamo i campi in Libia?

La sua risposta?
Li chiudiamo con la nostra presenza in Libia, perché da soli non si chiuderanno mai. Questo non significa, ovviamente, mettere tra parentesi la sofferenza, le torture, la corruzione, il traffico di esseri umani. Tutt'altro. Questo significa affrontare i problemi e tentare di risolverli concretamente, non con slogan.

La discussione all'interno del Partito Democratico non va vista come un arretramento delle nostre posizioni. La cosa che ci deve preoccupare è l'inattività del Governo giallo-verde: in un anno di governo non sono riusciti a imbastire nessuna azione diplomatica sulla Libia, nessun tipo di soluzione, nessun tipo di alleanza. Questo ci deve preoccupare

Lia Quartapelle

Al caos Libico, insomma, abbiamo aggiunto il nostro caos quotidiano e, alla fine, rischiamo di abbandonare la situazione a sé stessa. I campi continueranno a esistere, semplicemente spariranno dal nostro campo visivo…
Proprio così. Penso che, sempre nello sforzo di riflettere, capire e analizzare si apre la questione di che cosa è oggi la Libia, La Libia è un Paese complicatissimo, per questo bisogna esserci, altrimenti la situazione non può peggiorare. Non stiamo parlando di una situazione statica, fredda, con uno Stato ben delineato. Quando parliamo di Libia non parliamo di uno Stato funzionante e ha davvero bisogno di un aiuto a funzionare.

L'attuale Governo, però, sembra aver dimenticato il ruolo strategico dell'Italia nel Mediterraneo… Non vuole esserci, non vuole confrontarsi con i problemi e, di fatto, li consegna alla contingenza…
Il Governo Lega-M5S è completamente isolato sul piano internazionale. Non riesce a imbastire nessuna iniziativa diplomatica o politica: anche per questo preferisce chiudere la questione sulla Libia. A maggior ragione, vista l'inconcludenza di chi governa oggi il nostro Paese, abbiamo bisogno di tenere la porta aperta e di essere presenti in Libia. Non dobbiamo fare il gioco di chi non sa fare e finge che i problemi non esistano. I problemi in Libia ci sono e per questo dobbiamo intervenire.

Oggi tutto il focus è sulla Sea-Watch, la Libia come realtà è precipitata nella spirale del silenzio…
La "gestione" governativa della Sea-Watch è proprio l'effetto del metodo-Salvini: si tolgono le navi europee dal Mediterraneo, si tolgono le Ong, nessuno salva più vite e chiunque arriva viene respinto. Questa visione è profondamente sbagliata e dannosa.

Cosa accadrà dopo l'assist al Governo?
La discussione all'interno del Partito Democratico non va vista come un arretramento. La cosa che ci deve preoccupare è l'inattività del Governo giallo-verde: in un anno di governo non sono riusciti a imbastire nessuna azione diplomatica sulla Libia, nessun tipo di soluzione, nessun tipo di alleanza. Questo ci deve preoccupare.

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