Arte e comunicazione sociale
Quaranta modi per dire che diversity è bellezza
Sono le opere selezionate da tutto il mondo per Posterheroes Beautifully Diverse. Fino al 28 febbraio, ai Bagni Pubblici di Torino, la mostra è l’occasione per immergersi in una riflessione attorno alla diversità e ai diritti delle persone con disabilità. Un progetto di Plug Creativity in collaborazione con Fondazione Time2, Favini e Centro internazionale di formazione Itc-Ilo
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Gli omini di pan di zenzero appoggiati su una teglia sorridono: uno è stretto, un altro è largo, a qualcuno mancano entrambe le gambe. Visto dall’Iran, il bello della diversità è illustrare l’unicità di ognuno. Oltre il vetro trasparente di una doccia (sì, una doccia), c’è l’immagine di una sedia a cui manca una gamba, al suo posto c’è un ausilio con la scarpa allacciata. A un metro di distanza, la veduta dall’alto firmata da un artista di Hong Kong restituisce le sagome di quattro persone, soltanto l’ombra rivela su quale mezzo si muovono. Fino al 28 febbraio, ai Bagni Pubblici di Torino, Beautifully Diverse è l’occasione per immergersi in una riflessione attorno alla bellezza, alla diversità e ai diritti delle persone con disabilità.
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40 opere da tutto il mondo in uno spazio che è crocevia di esperienze, culture e pezzi di storia della città. Sono arrivate qui perché Posterheroes, il concorso internazionale che accende una luce sui temi sociali e ambientali attraverso la forza della comunicazione visiva, continua a farli viaggiare. Un percorso lungo 15 anni che nel 2023 ha saputo tessere una collaborazione plurale: Plug Creativity, l’associazione che nel 2010 ha dato vita al progetto, Fondazione Time2, fondata da Antonella e Manuela Lavazza con l’intento di superare discriminazione e separazioni, l’azienda leader nella produzione di carte sostenibili Favini e il Centro internazionale di formazione Itc-Ilo che fa parte dell’Organizzazione internazionale del Lavoro.
Un quartiere che sa accogliere
Siamo in Barriera di Milano, quartiere nato tra fine Ottocento e inizio Novecento al di là della cinta di quella che allora era la città di Torino, lungo la direttrice per Milano. «Ecco spiegato il nome», dice Martina Dragoni. Operatrice dei Bagni pubblici di via Agliè, ci porta dentro la storia di uno spazio vivo: il tintinnio delle tazzine al bistrò è superato dal vociare dei bambini che giocano nel grande salone centrale. Ci sono libri e tavoli: a seconda dell’orario possono trasformarsi in sportello per il lavoro o in centro diurno per adulti con disabilità. «I locali che oggi costituiscono la casa del quartiere nascono alla fine degli Anni 50 con la funzione di bagni pubblici, dando risposta alla fotografia abitativa di un’area densamente popolata, in cui le case di ballatoio erano in maggioranza e i bagni in casa non esistevano. Per questo servivano i bagni pubblici, per fare una doccia o il bucato nel piccolo lavatoio».
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Con l’evoluzione dell’urbanistica e il declino industriale, l’edificio rimane chiuso dalla fine degli Anni ’80 al 2006, quando la Circoscrizione 6 pubblica un bando per la concessione degli spazi con l’onere di riattivare il servizio di docce pubbliche. La riapertura avviene nel 2008 e assolve a necessità nuove e antiche: «Alcune case continuano a non avere il bagno in casa. Prima della pandemia contavamo 11mila accessi annui alle docce, oggi arriviamo a circa 8mila. Questo è un quartiere che è stato in grado di accogliere le varie ondate migratorie che si sono susseguite e in cui la definizione di periferia è relativa, in 10 minuti di tram si raggiunge il centro. Qui i cittadini sono al centro del protagonismo civico e sono nucleo generativo di progettazione per il territorio».
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Beautifully Diverse è approdata qui non a caso. Da quest’anno è attivo il progetto Inclusione 6.0 della Città di Torino, finanziato dal Fondo per le periferie inclusive e di cui Fondazione Time2 è partner. La Consulta per le persone in difficoltà nel ruolo di capofila ha individuato come luogo di atterraggio per la Circoscrizione 6 proprio i Bagni Pubblici di via Agliè. «L’obiettivo», spiega Chiara Basile, responsabile Programmazione e Sviluppo di Fondazione Time2, «è quello di facilitare l’accesso ai servizi esistenti per persone e famiglie con disabilità e rafforzare l’idea di una presa in carico della disabilità che non sia separatista ma in luoghi di tutte e tutti». Nella casa di quartiere sta partendo una formazione per operatori e operatrici che superi barriere che a volte sono soprattutto culturali. «Ci ha colpito la partecipazione degli anziani», racconta Hakima Eljamaoui, educatrice. «Si sono sentiti coinvolti da immagini come quella del bastone: vi si appoggiano anche loro ogni giorno».
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La Fondazione che cambia i contesti
Le narrazioni possono esplodere al di fuori dei confini che pensavamo di aver tracciato, viste con gli occhi di chi vive una difficoltà. La Fondazione Time2 ne è profondamente convinta: «La nostra immaginazione è contaminata dalle immagini che ci vengono proposte. Se quelle immagini cambiano, cambia anche la nostra immaginazione», spiega Basile. «Questa mostra è una grande leva di mainstreaming per il tema della disabilità: non si tratta di una caratteristica di alcune persone, è qualcosa che può accadere a chiunque temporaneamente o permanentemente. Siamo qui per spostare l’attenzione dall’individuo al collettivo». Basile ricostruisce il cuore del messaggio portato avanti dalla Fondazione: «Portiamo al centro del discorso ciò che è stato sancito nel 2006 dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ma che ancora fatica a entrare nell’agire sociale. Abbiamo bisogno di passare da un’idea della disabilità come ambito di cura e assistenza al paradigma della cittadinanza, ovvero ragionare su come le persone con disabilità sono o non possono essere cittadine dei nostri spazi sociali ricreativi, culturali e sportivi. Per questo lavoriamo per il cambiamento dei contesti».
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La collaborazione con Posterheroes è un mattoncino di questo nuovo edificio che sta nascendo. «Se siamo d’accordo che il cambiamento passa anche dal mutamento delle rappresentazioni, allora diventa interessante stimolare la comunità di un concorso internazionale su quali altre rappresentazioni della diversità si possono dare», continua Basile. «Non supereroistiche né pietistiche, che non creino alterità nella diversità ma che riescano a definirla come parte della natura umana. Soltanto così ci allontaneremo da una narrazione dell’eccezione e riconosceremo l’ordinarietà della bellezza».
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”
Quindici anni fa, un gruppo di studenti, assistenti e professori del Politecnico di Torino sogna (e lancia) un concorso internazionale che si distingua per una presa di posizione forte su temi di interesse sociale e ambientale attraverso la comunicazione visiva. Lo slancio è potente, il nome – Posterheroes – guarda al drammaturgo e poeta tedesco Bertolt Brecht quando scrive “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Da allora, ogni anno l’associazione Plug invita la comunità creativa di tutto il mondo a creare un poster-manifesto: una giuria internazionale sceglie i 40 migliori tra quelli inviati. «Negli anni abbiamo ricevuto 25mila poster da 110 paesi», spiega Matteo Marcato, il vicepresidente dell’associazione. «Siamo uno spazio globale in cui l’arte incontra la comunicazione sociale».
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Beautifully Diverse è tra le mostre nate dalle edizioni del concorso che hanno viaggiato di più: dalla sede di Fondazione Time2 a quella di Itc-Ilo a Torino, fino al Palazzo dell’Onu a New York. Oggi è qui, in Barriera di Milano, a raccontare una storia collettiva. «Le cose cambiano quando le persone si mettono insieme per cambiarle», aggiunge Basile mostrando il poster che si è aggiudicato la menzione speciale di Fondazione Time2 (con audiodescrizione per i non vedenti). «Il gruppo attivista The Rolling Quads negli Anni ’70 ha lottato per ottenere le rampe in una città che inizialmente non le prevedeva. Una vicenda che ha dimostrato che l’accessibilità genera benefici non soltanto per le persone con disabilità fisica ma per chiunque si muova in un luogo». 40 poster sono un promemoria sull’importanza di cambiare sempre il punto di vista. Andrebbero stampati in formato gigante e appesi negli androni dei condomini dove l’ascensore è troppo stretto, nelle scuole, negli uffici e sui muri affacciati ai marciapiedi dove una rampa è ancora un miraggio.
In apertura, un momento dell’inaugurazione della mostra [Fotografia di Fondazione Time2]. Le immagini all’interno del pezzo sono di Posterheroes, Fondazione Time2 e dell’autrice
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