Non profit

Quanto ci costerà lo scherzetto di visco

Se le percentuali di adesione sono quelle straordinarie dello scorso anno, le associazioni devono rifare i conti. Paradossalmente al ribasso. Una delle novità di quest’anno consiste nell’odiato...

di Carlo Mazzini

Una delle novità di quest?anno consiste nell?odiato ?tetto al 5 per mille? di spesa riportato al comma 1237 dell?art. 1 della Finanziaria. Un tetto di spesa è un atto dovuto, in quanto il Parlamento non può approvare una nuova o maggiore spesa senza indicare i mezzi per farvi fronte (art. 81, c. 4, Costituzione). E che sia un provvedimento di spesa è pacifico, in quanto sono somme destinate a enti non pubblici, e così come entrano (con il prelievo delle imposte), escono – con un certo ritardo, ci appare – a favore degli enti prescelti dal contribuente. Il problema non consiste quindi nel fatto di aver posto un tetto massimo di spesa, ma di averlo coscientemente quantificato ad un livello particolarmente basso (per la cronaca, 250 milioni di euro).

È noto, infatti, che le prime proiezioni del passato 5 per mille (edizione 2006, che le organizzazioni devono ancora incassare) hanno segnalato dati sorprendenti, in quanto si è registrata un?adesione molto alta, di circa il 61% dei contribuenti (quindi il 20% in più del blasonato 8 per mille) che comporterebbe una spesa per lo Stato di poco più di 400 milioni di euro. Il governo ha pertanto ritenuto che un successo così evidente (derivante da un?idea personalissima del precedente ministro dell?Economia) non andasse replicato, ovviamente per salvaguardare le casse dello Stato, il pareggio di bilancio, i parametri di Maastricht, nobilissime cause perseguite con uguale ostinazione in tutti i 1364 commi della Finanziaria!

Il frutto di tanto rigore porta quindi ad una situazione paradossale che qui cerco di descrivere nei suoi effetti più sorprendenti. Più le campagne delle organizzazioni avranno successo, e maggiore sarà la falsità comunicata ai contribuenti dalle organizzazioni stesse. Come? È semplice. Se – come per l?anno scorso – l?adesione si confermerà al 61%, per effetto del tetto ogni contribuente, invece del 5 per mille, avrà contribuito effettivamente per un misero 3,1 per mille delle sue imposte. Se, come plausibile, il 5 per mille aumenterà la sua attrattività e farà dire di sì a 8 contribuenti su 10, il reale contributo di chi crede nel non profit si dimezzerà al 2,5 per mille, sempre grazie al tetto.

Tutto ciò succede – e questo è realmente ?urtante? – senza che il contribuente sappia nulla. Quale faccia farebbe il contribuente se alla richiesta di donare il suo 5 per mille gli venisse detto che comunque la sua ?donazione? va in parte destinata allo Stato? Credo la stessa del presidente della media associazione che invece di ricevere i 10mila euro destinatigli dalla generosità dei suoi donatori più assidui, se ne vedrà accreditati poco più di seimila; sempre che l?adesione si confermi al 61%, in quanto se, come nell?ipotesi di prima, 8 italiani su 10 dicessero sì al 5 per mille, la situazione diventerebbe tragica, con soli 5mila euro incassati! Di conseguenza – ma avrà mai fine questa catena di disgrazie? – gli investimenti sulla comunicazione mirata al 5 per mille si riveleranno meno efficienti, quanto maggiore sarà la loro efficacia.

Cosa fare, si chiede il presidente della media associazione? Più il settore non profit spende in comunicazione, meno l?investimento della singola associazione sarà giustificato! Una piccola proposta: giriamo i quesiti ai responsabili politici dell?introduzione di un tetto così basso. Ce ne sarà qualcuno che partecipa a qualche associazione iscritta al 5 per mille. Come si comporta con la sua associazione? Cosa dirà ai suoi donatori? Ci illumini, ci tolga dall?imbarazzo; noi a oggi non troviamo argomenti plausibili.

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