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Quanti occhi puntatibsul professor Ratzinger

Chiesa La storia degli anni universitari del futuro Papa

di Lucio Brunelli

« M entre fai lezione, il massimo è quando gli studenti lasciano da parte la penna e ti stanno a sentire. Finché continuano a prendere appunti su quello che dici vuol dire che stai facendo bene, ma non li hai sorpresi. Quando lasciano la penna e ti guardano mentre parli, allora vuol dire che forse hai toccato il loro cuore». Confidenze del professore Joseph Ratzinger alla fine degli anni 50. Pensando al tono vellutato dell’oratoria di Benedetto XVI, si fa fatica oggi ad immaginare il successo e la fama che circondavano le lezioni universitarie del futuro Papa. Sono stati anni intensi e poco noti, ma decisivi per comprendere la personalità di Benedetto XVI. Anni sui quali ha indagato in profondità Gianni Valente nel suo Ratzinger professore . Un libro che ha già ottenuto entusiasti commenti bipartisan. Sia da intellettuali decisamente poco “ratzingeriani”, come Alberto Melloni, o comunque critici di certe tendenze della Chiesa italiana, come Enzo Bianchi, sia dai devotissimi del sito Papa Ratzinger blog. Perché la penna brillante di Valente evita ogni a priori, sia quello celebrativo sia quello spregiativo. E poi dimostra che si può parlare di contenuti, persino di teologia, senza annoiare o per forza rivolgersi a una claustrofobica cerchia di addetti ai lavori.
Ma dunque cosa ci rivela questo libro – che già non sapessimo – sugli anni universitari di Ratzinger? Il segreto del fascino che esercitava allora. Raffinatezza culturale unita a chiarezza divulgativa. Rigore di studio e mitezza nei modi. Riscoperta della grande tradizione dei padri della Chiesa – Agostino in testa – percepita e presentata come nuova, più “esistenziale”, quindi più moderna, rispetto al pensiero astratto della teologia neoscolastica, dominante nelle università pontificie romane.
Un Ratzinger “progressista”, se proprio vogliamo usare questo termine obsoleto. In prima linea nelle battaglie conciliari. Convinto che si dovesse “forzare il muro del latino” e seppellire per sempre l’idea dello Stato cattolico: «Negli ultimi 150 anni poche cose hanno tanto danneggiato la Chiesa come il tenace attaccamento a superstiti posizioni di Chiesa di Stato. Il tentativo di custodire con mezzi di protezione statale la fede minacciata dalla scienza moderna ha minato questa fede soprattutto dall’interno? ha favorito l’idea che la Chiesa sia nemica della libertà». È questo lo stesso Ratzinger, prima Prefetto della Fede e poi Papa, inseguito da fama di tetro inquisitore? Domanda inevitabile. Valente non prende posizione. Impossibile negare una certa discontinuità. Soprattutto è cambiato il contesto, della società e della Chiesa. Ma il nucleo essenziale appare lo stesso: ragionevolezza della fede, riforma della Chiesa come un ritorno alle sue fonti più antiche e vive, nettezza di opinioni unita a modi cortesi e miti.


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