Cultura

Quanti giovani con noi. Il festival è un incubatore

L'esperienza modello di Mantova. Parla l'editore Marzia Corraini

di Marina Moioli

Lavorano come volontari. E per molti diventa un’esperienza decisiva per la scelta degli studi e della professione. La nostra forza? Essere un’iniziativa libera e dal basso
È il prototipo di tutti i festival letterari (e non) italiani e quello che vanta più tentativi di imitazioni della Settimana Enigmistica. Da 15 anni la kermesse mantovana da il “la” alla stagione culturale e sembra non conoscere crisi. I numeri parlano chiaro: alla prima edizione, nel 1997, gli incontri furono 106 e vennero staccati 12mila biglietti; l’anno scorso a seguire i 220 eventi in programma sono accorse 70mila persone. Non c’è che dire, un bell’esempio di incubatore culturale?. «Sì, il nostro è diventato con gli anni un appuntamento riconosciuto. La stessa città è riconoscibile attraverso il festival. Quando si dice Mantova, ormai dappertutto si dice festival», spiega con orgoglio Marzia Corraini, editore raffinato, una degli otto membri del Comitato organizzatore. «Ovviamente questo si tramuta in un impatto sul territorio anche di durata più lunga dell’evento vero e proprio. Una ricerca dell’Università Bocconi ha calcolato che la ricaduta economica immediata sarebbe di dieci volte il nostro budget, il che a me sembra un po’ esagerato. Certo è comunque che siamo felicissimi di far del bene alla città».
Vita: Qual è stato negli anni il ritorno più importante per il territorio?
Marzia Corraini: Una vera ricaduta sulla città il Festival ce l’ha da un altro punto di vista, che non è quello economico. Il festival è molto “dentro” le persone. Mantova è una città di 47mila abitanti: quasi ogni famiglia è coinvolta. Vuol dire che ogni famiglia o ha un volontario del festival o ci presta una casa o ci presta l’auto se abbiamo bisogno una macchina. C’è proprio un radicamento nel tessuto sociale, uno spirito di condivisione molto forte.
Vita: Uno dei punti di forza a Mantova sono sempre stati i volontari?
Corraini: Sì è vero: da 14 anni c’è come l’abitudine da parte di tutti i ragazzi quando finiscono la scuola di cominciare a fare l’esperienza del volontariato all’interno del festival. Ormai sono tanti anni, un’intera generazione è cresciuta così. Tutti hanno incontrato autori, tutti hanno visto libri, tutti hanno sentito parlare saggisti, narratori. Hanno “respirato” una certa aria. E questo in parte finisce per condizionare scelte universitarie, scelte di lavoro: molti sono andati a lavorare negli uffici stampa di case editrici; qualcuno ha fatto ingegneria gestionale perché si era occupato qui di logistica. Mi è capitato di vedere curriculum dove la partecipazione al Festivaletteratura come volontario veniva messa in evidenza in maniera notevole.
Vita: E i rapporti con l’amministrazione pubblica?
Corraini: Sono come devono essere. Noi siamo un ente privato che ha relazioni con le amministrazioni, qualsiasi esse siano. L’apporto di tutto il “pubblico” Comune, Provincia e Regione non supera il 17-18% del nostro budget. Circa l’80% proviene da privati. È giusto che le amministrazioni ci aiutino perché riconoscono la funzione del festival all’interno delle città. La cosa più importante però è che ci diano la disponibilità di piazze e luoghi. Anche il fatto che ci sia da parte nostra una capacità di trovare altri finanziamenti, e quindi di pesare relativamente sulla spesa pubblica, è importante e ci rende liberi.
Vita: Anche a Mantova si avverte la crisi economica?
Corraini: Siamo sempre molto attenti all’aspetto economico. Ci siamo stabilizzati su un budget di circa 1,5 milioni a edizione e per risparmiare sui costi abbiamo cercato luoghi coperti, per ospitare gli eventi, per tagliare sulle spese. Fortunatamente anche quest’anno, che immaginavamo più duro, alla fine siamo riusciti. Si fa più fatica, bisogna bussare a più porte, ma anche questo è un modo per far sentire alla città che tutto il festival è più “suo”.

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