Formazione

Quant’è sbiadita la foto delle statistiche

Terzo settore, il regno dei numeri presunti

di Redazione

Risale al 2001 l’ultimo censimento ufficiale delle istituzioni non profit.
Per compensare, ci si affida a indicatori di vario tipo. Con il rischio di programmare politiche di sostegno al buio
L’appuntamento era fissato per inizio anno, ma del secondo censimento Istat delle istituzioni non profit in Italia non si hanno più notizie. Tutto sembra rinviato al 2011, quando nel calderone del nuovo censimento dell’industria e dei servizi ricadranno anche le organizzazioni non lucrative. Magra consolazione considerando che una rilevazione ad hoc avrebbe consentito di raccogliere informazioni più approfondite.
La cancellazione del censimento tematico è solo l’ultima e più grave notizia che colpisce il sistema informativo sul settore non profit gestito dall’Istituto nazionale di statistica. Si sono anche perse le tracce delle rilevazioni settoriali su organizzazioni di volontariato, cooperative sociali e fondazioni. Per cooperative e volontariato si interrompe inoltre una serie storica che consentiva di monitorare importanti variabili (numero di organizzazioni, dislocazione territoriale, settore d’intervento, volontari, occupati, ecc.) e non solo di scattare un singolo fotogramma.

Dieci anni di black out
Tirando le somme: per avere una statistica ufficiale sull’universo non profit si va indietro ormai di quasi dieci anni (2001), mentre invece per le forme giuridiche ricordate in precedenza il buco informativo è meno importante ma ormai consistente (2005).
In questo quadro piuttosto desolante è necessario rifarsi ai database di altri soggetti: le Camere di commercio per la parte imprenditoriale del settore, oppure, anche se in modo estemporaneo, all’Agenzia delle entrate che, grazie alla compilazione del modello Eas, mostra un settore dinamico e relativamente stabile nello svolgimento delle proprie attività. Ma non basta.
Occorrono dati certificati da parte di chi fa questo lavoro per missione (e per mestiere). E questo non solo per alleviare la sete di informazione di una comunità scientifica sempre più interessata a dimensionare il fenomeno e a leggerne le traiettorie di sviluppo, ma anche di tutti coloro che, a diverso titolo, svolgono funzioni di policy making: le pubbliche amministrazioni, le organizzazioni di rappresentanza del settore e importanti soggetti finanziatori come le fondazioni bancarie. Non c’è niente di peggio che programmare politiche di sostegno “al buio”.

Oltre il Pil
La questione merita una mobilitazione, al pari di quanto è stato fatto per il 5 per mille e per le spese postali, perché la rilevanza del settore passa anche da statistiche affidabili. Statistiche che valgono sia in quanto tali, sia per costruire gli algoritmi dei nuovi indicatori di ricchezza e di qualità della vita.
Senza non profit è difficile andare oltre il Pil (tema peraltro caro proprio al presidente dell’Istat). Per averne una prova è sufficiente consultare, tra le diverse fonti informative, l’Atlante delle competitività delle province italiane gestito dall’Istituto Tagliacarne e alimentato con dati camerali e dell’Istat. Uno strumento che consente di effettuare interessanti analisi di benchmarking territoriale su mercato del lavoro, economia, infrastrutture, welfare, ecc.
Poco o nulla invece per quanto riguarda la coesione sociale e la sussidiarietà che pure infarciscono il dibattito politico. Ogni tanto qualche dato, qua e là, lo si trova. Ad esempio l’Istat ha recentemente proposto i risultati di una rilevazione (del 2005) sulle strutture residenziali socio assistenziali dalla quale emerge che questo importante pilastro del welfare è spesso gestito da organizzazioni non profit.
Servono però ben altre batterie di indicatori, rilevate periodicamente e veicolate non solo in banche dati settoriali ma all’interno di sistemi informativi generalisti, consentendo così di incrociare le dinamiche (e i destini) del non profit con quelle delle altre istitutuzioni economiche e sociali. Dieci anni fa si muovevano i primi passi. Oggi si procede, ma a ritroso.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.