Non profit

Quante parole vuote sul corpo dei clandestini

di Giuseppe Frangi

Avvicinandosi la scadenza del voto per le Europee. abbiamo voluto verificare con quali idee in materia di immigrazione i due partiti maggiori si preparassero a sbarcare a Bruxelles. L’Italia è un Paese esposto come nessun altro al fenomeno e tutti dicono, giustamente, che la risposta non può certo esser nazionale, ma continentale. La ricerca è stata del tutto inutile. A parte l’impegno di qualche esponente singolo, non c’è traccia di un programma proposto, in quanto forze politiche, da andare a mettere sul tavolo europeo. Si capisce così come tutto il dibattito scatenato dalla drammatica e disumana vicenda degli immigrati respinti nell’infernale girone libico, sia in realtà un festival delle ipocrisie. Da una parte c’è la forza drammatica della realtà di quei volti, di quei corpi e di quelle lacrime. Dall’altra la vacuità insopportabile delle parole. «Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Per quanto mi riguarda cerco solo di rappresentare la dottrina sociale della Chiesa che, nel valutare la soluzione ad un problema impone di verificare non solo se è efficace, ma anche se è giusta»: sono le parole con cui Agostino Marchetto, il presidente della commissione vaticana Giustizia e pace ha giudicato la vicenda. E crediamo che a queste parole ci sia poco da aggiungere. Ognuno si assuma le sue responsabilità: che non riguardano solo il destino circoscritto di quei singoli, ma anche il mondo da cui vengono e in cui brutalmente, per il nostro quieto vivere, li abbiamo ricacciati.
Indignarsi o fingere di aver fatto la sola cosa ragionevole per quanto spietata, rappresentano reazioni di una politica che non sa guardare al di là del suo ombelico. Quindi una politica inutile, impotente e senza idee, come quella che s’appresta a sbarcare a Bruxelles. Perché il vero scandalo è il modo con cui è stato derubricato il problema numero uno del mondo, oggi: cioè la spaventosa forbice che si è aperta tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Una forbice che la crisi ha ulteriormente allargato. Davanti a una contraddizione così devastante e lasciata irrisolta, capirete che definire un’emergenza lo sbarco di settemila clandestini in un anno a Lampedusa, è quanto meno ridicolo. L’emergenza non è qui, ma è al di là del Mediterraneo, nel cuore dell’Africa, dove quest’anno, per la prima volta dal 1994, secondo un rapporto dell’African Development Bank, il reddito pro capite diminuirà «facendo scivolare milioni di persone nella povertà». A fronte di questa previsione cos’ha fatto l’Italia? Ha tagliato del 56% gli stanziamenti della cooperazione allo sviluppo gestiti dal ministero degli Esteri. Nell’anno della presidenza italiana del G8, l’aiuto pubblico allo sviluppo del nostro Paese si assesterà al massimo a 1,7 miliardi circa di euro, lo 0,11- 0,12% del Pil. Per di più nella distribuzione di quelle risorse è avvenuto un ribaltamento silenzioso: perché in ascesa troviamo i Paesi con cui sono stati sottoscritti accordi di rimpatrio o di gestione dei flussi dell’immigrazione clandestina. Paesi che non sono nella lista dei 58 Paesi considerati prioritari per la situazione di povertà. Che sono poi i Paesi da cui si generano i flussi biblici dell’immigrazione clandestina: La cattiva politica alla fine produce sempre e solo danni.


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