Un profondo, incontenibile sentimento di rabbia.
Giacomo Sferlazzo dell’
Associazione Askavusa -con sede a Lampedusa, nata col proposito di gestire attività culturali e ricreative rivolte allo sviluppo della comunità- non riesce a contenere l’amarezza per lo spettacolo indecoroso a cui ha assistito: «
Il Mediterraneo è completamente militarizzato, come si può concepire che un barcone affondi a mezzo miglio dalla costa?».
Ma in questa fase,
cosa può fare di concreto Askavusa? «Fisicamente, poco o niente. I morti sono tantissimi, ed è compito della Guardia Costiera recuperarli dal mare. Tante persone in queste ore ci contattano, vorrebbero volontariamente dare una mano, ma quel che chiediamo a questo punto è partecipare alla nostra riunione allargata, per fare il punto della situazione. Oggi faremo una fiaccolata coi migranti del
Centro d’Identificazione e Espulsione (C.I.E.)».
Al danno, oltretutto, si somma la beffa: «
Napolitano ha sciorinato la consueta retorica sterile. Ma peggio ancora
Alfano, che di fronte al bagno di sangue non ha trovato di meglio che rilanciare le politiche di respingimento. È inutile che esibisca la faccia contrita di fronte alle telecamere:
la stragrande maggioranza dei lampedusani è molto arrabbiata, sanno che il problema alla base di tutto è il cinismo della classe dirigente».
I tagli del governo Monti hanno peggiorato ulteriormente una situazione già ai limiti della sopravvivenza: «La quota riservata a ogni migrante accolto in uno dei 12 C.I.E. attivi sul territorio nazionale si è ridotta all'osso: circa otto volte inferiore a quella di un detenuto ordinario. In media, si parla di 30-35 euro al giorno. La cifra deve coprire le spese di vitto, alloggio, vestiario, cure mediche, mediazione sociale e sicurezza. Una autentica follia».
La tragedia ormai è avvenuta, nessuno potrà riportare in vita quei corpi. Un’Associazione attiva sul territorio ha però molte risorse per sensibilizzare l’opinione pubblica: «Faremo dei report per spiegare come stanno veramente le cose qui nell’isola. Se ci si affida all’informazione nazionale è la fine: non solo si parla di Lampedusa quando la situazione è già al collasso; per di più le notizie sono nella migliore della ipotesi incomplete, il più delle volte false».
Riflettere sulle colpe dei governi italiani è primo step fondamentale. «Qui mancano i servizi essenziali e si spendono fior di quattrini per gli F35. Vanno riviste totalmente le priorità, ci vuole un cambiamento di prospettiva a 360 gradi. Basta ai politici codini che appoggiano le guerre imperialiste americane, e poi chiudono gli occhi di fronte al sacrosanto diritto all’accoglienza».
Dunque non sono i soldi a mancare, è la politica che li spende senza criterio: «
Frontex è un’agenzia nata per contrastare i flussi di immigrazione irregolare: costa milioni di euro. La politica deve muoversi in direzione esattamente contraria: riuscire a creare collegamenti regolari dalla Libia all’Europa; impedire che i migranti vengano criminalizzati solo perché sono in assenza di un documento identificativo. Non dimentichiamoci che l’allora ministro Maroni nel 2009 ha introdotto il
reato di clandestinità. È una battaglia, questa per la creazione di un corridoio umanitario, che coinvolge anche altre Associazioni e intellettuali».
Altro luogo comune da sfatare è che chi parte per una traversata disperata cerchi l’America in Italia. «Nessun migrante vuole stare in Italia, sanno benissimo che da noi ci saranno politiche raffazzonate in questo senso. Puntano piuttosto al Nord Europa, Paesi dove la normativa sul diritto d’asilo è anni luce più avanti rispetto alla nostra».
Su quali binari deve muoversi l’informazione in Italia? «Ci vuole un’attenzione quotidiana su Lampedusa, non si può rincorrere il sensazionalismo della tragedia. Tutto l’anno ci sono problemi legati all’immigrazione, gli italiani non sono sufficientemente informati sulle cause».
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