Sostenibilità
Quando studiare può salvare la vita
Educare al territorio e alla comprensione dei suoi meccanismi è fondamentale. Ecco come la scuola può intervenire. Di Antonio Bossi*
di Redazione
La zona in cui viviamo è a rischio sismico, idrogeologico o di altro tipo? Il territorio è attrezzato per ridurre i danni di questi fenomeni naturali o l?uomo ha inserito squilibri che lo rendono ancora più precario? La catastrofe del Sud-Est asiatico ci ha portato esempi di singoli individui (come Tilly, la ragazzina inglese di 10 anni che avvertì i turisti dell?arrivo dello tsunami cogliendo alcuni segnali che le aveva spiegato il suo prof di geografia) e di gruppi (gli indigeni delle Andamane) che si sono salvati e hanno salvato le persone vicine osservando il ritirarsi delle onde, i cambiamenti del mare, il comportamento degli animali. E noi? Sapremmo cosa fare nel caso si verificasse uno di questi disastri ?prevedibili?? Sapremmo leggerne i segni premonitori?
Le popolazioni di vaste aree del pianeta abitano in zone a rischio sismico, si pensi alla California, al Giappone, alla Turchia… e all?Italia. Queste società sono spesso organizzate per riconoscere, prevenire e affrontare gli eventi naturali di questo tipo, iniziando dalla scuola e continuando con iniziative di sensibilizzazione per tutta la popolazione. Questo tipo di formazione ha come conseguenza la riduzione dei danni, anche psicologici, conseguenti a questi eventi inevitabili.
La scuola e altre agenzie educative devono quindi farsi carico di un impegno informativo e formativo mirato anche a gestire l?emotività connessa a questi eventi. «Non è il terremoto che uccide le persone, è la casa che crolla loro sulla testa perché non è costruita bene. Allo stesso modo, lo tsunami può uccidere solo se la pressione demografica e l?occupazione sconsiderata delle coste a rischio si accompagna all?assenza di segnali adeguati d?allarme». Così si esprimeva Helena Molin-Valdes, vicedirettore della struttura dell?Onu che si occupa della mitigazione degli effetti dei disastri naturali (l?International strategy for disaster reduction), all?indomani della tragedia dell?Oceano Indiano. A questa voce si aggiunge quella di Isabelle Louis, direttore del Programma per l?Asia del Pacifico del WWF: «Ecosistemi sani possono salvare vite umane, e questo tragico evento, nonostante l?impressionante numero di vittime, ancora una volta lo ha dimostrato. I luoghi che avevano barriere coralline sane e mangrovie intatte sono stati meno devastati dallo tsunami di quelli in cui le barriere erano danneggiate e le mangrovie eliminate e rimpiazzate dagli allevamenti di gamberi e da alberghi costruiti a pochi metri dal mare». «Lo sviluppo costiero scarsamente programmato ha aggravato l?impatto dello tsunami», ha aggiunto Mubariq Ahmad, responsabile del WWF Indonesia. «È importante non ripetere gli errori del passato».
Queste tre testimonianze hanno un unico, evidente denominatore. La conoscenza dell?ambiente e del territorio, l?attenzione ai meccanismi che lo regolano, la conservazione di ecosistemi intatti e la cultura tesa al recupero del rapporto delle comunità con il proprio ambiente di vita sono le carte da giocare per il futuro sostenibile del pianeta. È ormai chiaro, infatti, che il degrado ambientale non comporta solo un impoverimento del patrimonio naturale della terra, ma può avere risvolti economici e sociali devastanti.
Educare al territorio ha una triplice valenza: innanzitutto, permette la comprensione dei fenomeni naturali, dei cicli biologici e delle interazioni fra le risorse primarie (acqua, suolo, aria) attraverso meccanismi di apprendimento rispettosi delle capacità individuali, della manualità, del lavoro di gruppo basati sull?osservazione dei fenomeni in modo diretto e sul campo. In secondo luogo, facilita l?integrazione uomo-ambiente e uomo-città, attraverso la scelta di intervenire sui piccoli gesti quotidiani che, evidenziando le responsabilità di tutti alla gestione del bene comune, a partire dai più piccoli, fanno prendere coscienza dell?importanza della biodiversità come fattore di stabilità ecologica. In terzo luogo, individua possibili azioni concrete per una azione personale andando a ?scuola dalla natura? per poi sperimentare nel quotidiano (a scuola, in casa e nel territorio) scelte ecocompatibili e rispettose degli equilibri ambientali.
Recuperare il rapporto con il territorio può dunque divenire un investimento per il nostro futuro e per quello del pianeta. L?ambiente intorno alla nostra casa e il quartiere in cui viviamo costituiscono lo spazio in cui trascorriamo gran parte della nostra vita. La qualità delle strade, dei cortili, dei marciapiedi, degli spazi verdi, ma anche di fiumi, laghi, mari, montagne riguarda ognuno di noi. E non importa la nostra qualifica: l?abitante, il cittadino, il responsabile politico, l?insegnante, il commerciante, il professionista, il genitore possono contribuire, ciascuno secondo la propria posizione e con il proprio contributo personale a migliorare il nostro ambiente di vita.
La scuola può avere in tal senso un grande ruolo. L?apertura della scuola al territorio, elemento cardine del passaggio da una scuola centralizzata a una inserita nella propria realtà locale, è infatti settore specifico dell?educazione ambientale e origina progetti che permettono di conoscere e ?sentire? il proprio territorio, stabilendo con esso un senso d?appartenenza radicato e concreto.
Fare scuola utilizzando il territorio può favorire l?incontro diretto (cognitivo, operativo, emotivo) dei ragazzi con le diverse componenti, che fanno del territorio un organismo complesso, interconnesso e in evoluzione. Aprirsi al territorio offre la possibilità di potersi confrontare con i fenomeni reali in tutta la loro complessità: si può ?toccare con mano? la realtà ed essere coinvolti operativamente ed emotivamente in esperienze fortemente legate all?ambiente in cui si opera. Il tutto attraverso la messa a punto di una modalità di lavoro che permetta di formulare ipotesi, di cercare risposte, anche se parziali, utilizzando una pluralità di fonti, di punti di vista, di modi di guardare la realtà.
Lavorare sul territorio, con una metodologia adeguata, permette di imparare a coglierne i segni, a parlarne, a schematizzare e rappresentare, a correlare tra loro aspetti diversi, a generalizzare ciò che si è appreso e soprattutto a riconoscere i processi connessi al percorso.
Utilizzare il territorio come luogo di insegnamento/apprendimento ha come obiettivo generale quello di costruire una scuola sempre più adeguata nel preparare cittadini autonomi e responsabili, capaci di confrontarsi con la complessità ambientale e in grado di proporre soluzioni in caso di situazioni problematiche.
*uff. educazione wwf italia
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