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Quando Mediobanca regnava a Monrovia
Ha mantenuto una sede per 50 anni. Un suo dirigente è stato anche presidente dei banchieri liberiani. Ma oggi la situazione è molto cambiata.
L?Italia conosce bene le navi battenti bandiera liberiana. Negli ultimi anni sono balzati agli onori delle cronache almeno due mercantili roventi: il primo, per aver portato ?tronchi di guerra? al porto di Ravenna (sbarco contrastato da un?azione di Greenpeace); il secondo, per aver imbarcato a Livorno truppe e armamenti Usa diretti in Iraq.
Malgrado tutto, gli armatori italiani hanno ridotto al lumicino le navi iscritte al registro liberiano.
Il perché lo spiega Carla Marchini, della Fit-Cisl di Roma: «La legge 30 ha introdotto nuove regole per i marittimi, che consentono di assumere personale straniero abbattendo così il costo del lavoro. Per chi invece continua a navigare sotto bandiera liberiana, chiediamo che almeno siano applicate le normative dell?Ilo sui contratti per tutelare i lavoratori«.
Difficile prevedere se la Liberia rinuncerà al suo porto offshore, che è anche la prima fonte di finanziamento dell?Imo, l?Istituto marittimo delle Nazioni Unite. Tuttavia, rilanciano i sindacati, è necessario aumentare i controlli e la trasparenza.
Sul fronte finanziario, il Bel Paese ha condiviso con la più antica Repubblica d?Africa – oltre alle formidabili giocate di George Weah sui campi di gioco – anche tanti e diversi interessi. A Monrovia per cinquant?anni ha regnato Mediobanca, sotto le vesti di una sua partecipata al 100%: la Tradevco International. Uno dei suoi più alti dirigenti in Liberia, il fiorentino Riccardo Sembiante, che oggi lavora come imprenditore nel settore del legname, è stato dal 1988 al 1994 presidente dell?Associazione banchieri liberiani.
Nel 2002, al secondo round della guerra civile contro il dispotismo di Charles Taylor, anche il gruppo Unicredit ha messo piede a Monrovia con il braccio finanziario di Pioneer Investments. Lì è stata aperta Moriah, una società anonima che però ha presto chiuso i battenti, precisamente nel 2003.
Ma in Liberia continuano comunque a girare soldi italiani. Nel 2004, secondo la Banca internazionale dei regolamenti dei conti, la cifra ammonta a 11 milioni di dollari. Una briciola in confronto ai 15 miliardi che vorticosamente passano senza lasciar quasi traccia nella Liberia disperata.
Christian Benna
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