Non profit
Quando le rinnovabili rinnovano molte vite
Il modello del consorzio Abn: percorsi di inserimento lavorativo con il fotovoltaico. Esportato anche all'estero
di Redazione

Nel fotovoltaico c’è anche un congruo numero di imprese sociali. Realtà associative che si preoccupano per l’ambiente, cooperative di tipo B che realizzano inserimenti lavorativi. Il consorzio Abn, un’organizzazione che raggruppa una cinquantina di cooperative di Legacoopsociali in tutta Italia, per esempio, ha avviato il suo percorso nel 1999 con il progetto “Comune solarizzato”.
«Abbiamo avviato alle rinnovabili decine di Comuni. Ora quell’iniziativa è diventata “Mille tetti”», spiega il presidente Roberto Leonardi, «e oggi l’attuiamo in diverse regioni italiane». Sollecitando in questo modo la creazione di una rete che per lo più coinvolge la comunità di riferimento: «Abbiamo presentato dei bandi in Umbria, dove abbiamo la nostra sede, cui hanno aderito 1.500 famiglie».
Funziona così: mettendo a disposizione il loro tetto, i cittadini ottengono un risparmio di circa 800 euro l’anno e il consorzio, tramite gli incentivi, rilancia la sua azione cogliendo anche l’obiettivo di creare posti di lavoro per persone in difficoltà.
Un modello che il consorzio Abn ha esportato anche all’estero. In Romania e in Gran Bretagna. «A Gosport, con un’impresa sociale inglese stiamo rilevando un ex ospedale dismesso da anni. Qui, sempre attraverso il fotovoltaico, sperimenteremo l’inserimento lavorativo di ex soldati in Iraq, persone che dopo il trauma della guerra non sono più riuscite a ricollocarsi nella società». Così anche nel New Hampshire l’energia pulita diventerà un mezzo per rinnovare l’esistenza delle persone. Come è successo in Umbria: dei 2.600 addetti del consorzio Abn, il 30% ha potuto usufruire di percorsi di inserimento lavorativo. «Abbiamo scelto questo ambito perché ci siamo resi conto che consentiva ampi margini di movimento. Una remuneratività interessante e quindi risorse per portare avanti la nostra missione», aggiunge Leonardi.
In effetti il fatturato del consorzio deriva per l’80% da commesse private. E questo chiamiamolo dettaglio spiega la stranezza (ma lo stupore è ammirativo) di una realtà cooperativa che solo poche settimane fa ha presentato il suo piano industriale quinquennale.
L’abbiamo costruito sulla base di contratti già sottoscritti, convinti che si debba tornare a una programmazione per tempi lunghi. Questo vale per le società e ancor più per le persone».
Non solo: aver dichiarato i propri obiettivi è diventato anche uno strumento di dialogo con realtà imprenditoriali profit.
«Hanno cominciato a capire cosa c’è dietro una cooperativa sociale», conclude Leonardi, «e quindi si è potuto avviare anche uno scambio importante. Nel quale ciascuno impara qualcosa dall’altro».
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.