Autismo

Quando l’arte diventa palestra di vita (e di lavoro)

Sarà visitabile fino al 22 dicembre la mostra "Omaggio a Edward Hopper" dell'Officina dell'arte, laboratorio della Fondazione Bambini e autismo, che rielabora a mosaico le grandi opere del pittore americano. Si tratta di un'esperienza che non ha niente di pietistico ma un grande valore artistico

di Veronica Rossi

«La nostra è un’operazione culturale: vogliamo far avvicinare il pubblico alle opere di persone che di solito si pensa debbano essere solo accudite. La nostra è una visione dell’autismo fuori dagli stereotipi; nelle condizioni giuste, in un ambiente giusto e con personale preparato si possono tirare fuori anche i talenti nascosti». A parlare è Davide Del Duca, direttore generale della Fondazione Bambini e autismo di Pordenone che, a dispetto del nome, si occupa di autismo in tutte le fasi della vita, partendo dalle diagnosi nei primi anni di vita fino alle attività dedicate agli adulti, compresa una struttura – inaugurata pochi giorni fa – per il “Dopo di noi”.


In uno dei centri dedicati ai più grandi, l’ “Officina dell’arte”, svettano colori e forme diverse: un laboratorio di mosaico in piena regola, in cui un maestro mosaicista dirige il lavoro degli utenti nella produzione di vere e proprie opere d’arte. Fino al 22 dicembre al palazzo Montereale Mantica di Pordenone sarà visitabile una mostra realizzata con alcune di queste, in un “Omaggio a Edward Hopper”, grande pittore americano del secolo scorso di cui sono state rivisitate le opere grazie all’accostamento paziente di migliaia di tasselli. Si tratta di una tradizione ormai consolidata: è la diciottesima esposizione che omaggia grandi artisti. «Esponiamo in sale prestigiose, dove c’è arte e dove ha senso per noi stare», continua Del Duca, «siamo molto categorici in questo; siamo stati in Piazza Unità a Trieste, in un’ala del Castello di Udine e siamo anche nel palazzo della Regione». Anche qui, quindi, si ribalta lo stereotipo: non si tratta, quindi, di visitare una mostra per “pietismo” verso persone disabili, ma perché ha effettivamente un valore artistico. Anzi: le opere sono anche in vendita per chi le vuole comprare. Questo permette di finanziare le attività del laboratorio e di pagare le professionalità coinvolte.

Ma perché dedicarsi proprio al mosaico? Pordenone si trova a soli 30 km da Spilimbergo, sede di una delle migliori scuole di mosaicisti in Italia, che attira talenti da tutto il mondo. Una ventina di anni fa, agli inizi dell’”Officina dell’arte”, la fondazione ha visitato questa scuola, per chiedere come sia possibile fare un laboratorio professionale di questa arte; da quel momento è iniziata l’avventura, per cui è stato anche assunto un maestro mosaicista diplomato. All’interno dell’”Officina” si fa anche packaging e informatica (messa al servizio delle altre due). È una palestra per il lavoro, non solo perché sono state assunte delle persone autistiche per lavorare per la fondazione – c’è anche un grafico molto abile che cura la pubblicità delle mostre, per esempio – ma anche perché si instaurano delle abitudini utili per la vita professionale. «Abbiamo assunto le persone che potevamo assumere usando la legge dello Stato», conclude il direttore, «ma l’”Officina dell’arte” è anche un luogo in cui si impara l’abc del lavoro; alle nove, quando si arriva, chi ne è capace firma e trova il programma di quello che si farà nella giornata. A mezzogiorno c’è la pausa pranzo e si esce a mangiare, poi si torna e alle cinque si va a casa».

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