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Quando irritai il Vaticano e don Giussani mi convocò a Milano…

di Redazione

Cinque anni fa moriva don Luigi Giussani. Di lui porto appresso soprattutto il suo sguardo. Negli anni 70 lo ascoltai più volte predicare gli esercizi spirituali. Citava Leopardi, Pasolini, Kafka. E Pavese: «Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?». Poi leggeva il Vangelo, i primi incontri di quei pescatori della Galilea con Gesù. E ti sembrava di essere lì. Ricordo gli ultimi due incontri. Il primo nel 1991. Lavoravo al settimanale Il Sabato e un mio articolo era risultato sgradito in Vaticano. Dai sacri palazzi si preferì inoltrare le lamentele direttamente a don Giussani, che di quell’articolo non sapeva nulla. Mi convocò a Milano. Andai su con la coda fra le gambe. Era una domenica pomeriggio. Non feci nemmeno in tempo a dire «mi dispiace» che lui mi abbracciò, scusandosi mille volte «perché hai dovuto lasciare i bambini piccoli, nel giorno di riposo, per venire qui a Milano…». Poi tirò fuori il suo whisky migliore e mi spiegò cose da me mai più dimenticate, come il valore non estrinseco che ha per un cattolico l’obbedienza al Papa. E altre ancora, più delicate che tengo per me.

Quella lettera a Pasolini
Ci rivedemmo nel 1998. Don Giussani era già malato. Ma aveva saputo della morte di mia moglie e volle condividere quel dolore. Ricordo, oltre le sue lacrime, che parlammo di Benigni e Pasolini. Era appena uscito il film La vita è bella. Io ne ero estasiato e non capivo il motivo del gelo con cui era accolto in certi ambienti ciellini. Lui mi tempestò di domande, curioso e aperto come sempre. Poi, non so come, il discorso cadde su Pasolini. «L’unico grande intellettuale cattolico» che abbiamo avuto, diceva. Mi rivelò un episodio che non conoscevo. Nel 1975 Giussani gli aveva scritto una lettera. Desiderava incontrarlo. Ma proprio in quei giorni sopraggiunse la morte improvvisa del regista e la lettera non fu più spedita. Sarebbe bello ritrovarla.

Ipse dixit
Gli uomini si innamorano e spesso la fedeltà è il debito vitalizio che si accollano in cambio della felicità imminente. Spesso finiscono insolventi, e la felicità torna in pena. Tu forse hai tenuto insieme dall’inizio innamoramento e fedeltà, la tempesta dolcissima che travolge e la lunga pazienza possente

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