Politica

Quando il software ha l’algoritmo della libertà

Terza Puntata L’Italia è al quarto posto per numero di contributi allo sviluppo del free software. Parla Stefano Maffulli, presidente della Free Software Foundation sezione italiana

di Stefano Maffulli

Terza puntata e terzo interlocutore con cui riflettere sul perché la pubblica amministrazione dovrebbe dotarsi di software proprietario o software libero. Nell?ottobre dello scorso anno, infatti, è stata istituita la Commissione Open source in seno al ministero dell?Innovazione e delle tecnologie per valutare tutti gli aspetti che una tale scelta comporterebbe. Risultati attesi per fine aprile, ma che ancora non sono stati resi pubblici.
Dopo Andrea Valboni (cto Microsoft Italia) e Gabriele Paciucci (Sales & marketing manager Sud Europa per Red Hat Linux), ecco Stefano Maffulli, presidente della Free Software Foundation Italia.
A ribadire l?importanza strategica di tale scelta, da una parte la percentuale di sviluppatori italiani di software libero: l?8% di quelli mondiali, attestando l?Italia al quarto posto dopo Francia, Germania e Stati Uniti; un disegno di legge in questo senso, promosso dal senatore Fiorello Cortiana (Verdi), e un?occasione per riattivare quel tessuto di software house italiane che, come ha affermato Paciucci, potrebbero finalmente “far rifiorire quelli che sono i veri talenti italiani nel mondo del software”; dall?altra, il valore di un?azienda leader del mercato che, per venire incontro alle esigenze di clienti particolari come i governi, ha varato il Government security program. Accordo che, come ha spiegato Valboni, permetterebbe ai governi di verificare il livello di sicurezza dei prodotti Microsoft, altrimenti impossibile da gestire per un utente finale.
Ma la questione non si limita certo ai sistemi operativi, a Microsoft e Gnu/Linux. Per questo Maffulli insiste sul concetto di software libero. Anche le applicazioni devono essere ?libere?. Applicazioni come database proprietari (Oracle ad esempio) riporterebbero la situazione al punto di partenza, per quanto vengano utilizzate su sistemi operativi ?liberi?.
(Riccardo Bagnato)

“Accettiamo documenti solo se redatti su carta di marca X con inchiostro Y”. Questo è quanto impone effettivamente il ministero delle Finanze: per consegnare la dichiarazione dei redditi via internet bisogna, infatti, disporre di un sistema operativo fornito da un unico produttore. E non è un caso isolato, visto che tanti siti web delle pubbliche amministrazioni sono accessibili solo da un particolare browser.
Il software è di fatto onnipresente e regola la vita dei cittadini, per questo è importante che sia libero. Cioè? La Free Software Foundation ha sempre considerato prioritario l?accesso alle tecnologie digitali, rispetto a quelli che Microsoft ad esempio definisce “miti dell?Open source”: affidabilità, sicurezza, gratuità di Linux. Questi non sono che una conseguenza diretta, infatti, ma non imprescindibile, dei diritti e libertà che le nostre licenze garantiscono agli utenti del software. Per questo abbiamo sempre continuato a chiamarlo Software libero, sapendo che avere accesso al ?codice sorgente? senza le libertà di adattarlo secondo le proprie esigenze, di eseguirlo senza vincoli sul suo utilizzo, di poterne redistribuire copie, di migliorarlo e distribuirne i miglioramenti, non serve a nessuno.
Il sistema Gnu/Linux, grazie alla Gnu/General Public License, è un modello di distribuzione che aiuta quindi a conservare, estendere e garantire il patrimonio universale di informazioni a ogni individuo/cittadino.

Dipendenza dall?estero
Promuovendo l?uso e lo sviluppo di software libero, la pubblica amministrazione italiana ed europea non solo invertirebbe il flusso negativo nella bilancia dei pagamenti con gli Usa, ma avrebbe l?occasione per ridurre la dipendenza tecnologica e promuovere un?economia basata sulla conoscenza “più competitiva e dinamica nel mondo”, come stabilito dal Consiglio Europeo di Lisbona del 2000.
L?Italia ha quindi un ruolo importante nello sviluppo di software libero. Il rapporto dello studio Floss, commissionato dalla Commissione Europea, dimostra come il nostro Paese sia il quarto per numero di contributori allo sviluppo di software libero, con circa l?8% del codice rilasciato.
Migliaia di persone partecipano alla comunità del software libero e contribuiscono con suggerimenti, bug fixing o traduzioni. Decine di aziende ne hanno fatto la base per le loro attività produttive (www.freesbi.it).

Sostenibilità economica
Il modello di distribuzione predominante di software oggi ha una struttura piramidale con in cima un unico ?produttore? che produce software da distribuire ?in scatola?. Più in basso nella piramide ci sono vari ?distributori? o ?rivenditori? che rivendono le scatole aggiungendo i servizi di assistenza e personalizzazioni. Alla base della piramide ci sono gli utenti di software (singoli o aziende) che comprano in un blocco unico le scatole con i servizi. Basta fare un giro in un qualsiasi negozio di informatica per notare che le ?scatole? sono tutte prodotte negli Stati Uniti, mentre al mercato nazionale spetta il mero compito di agire da distributore o rivenditore. Il modello economico associato al software libero, per contro, favorisce lo sviluppo di realtà produttive locali, rompendo il monopolio sulla conoscenza pregressa che caratterizza il mercato software attuale.
Con il nostro modello di licenze il settore information technology dell?economia italiana (ed europea) non vedrebbe radicalmente modificato il proprio assetto, in quanto i distributori continuerebbero ad aggiungere valore per i propri clienti tramite servizi e personalizzazioni, senza dover pagare una tassa di accesso al mercato. E gli utenti di software potrebbero vedere ridotte di una voce (licenze software) le proprie fatture di fornitura di sistemi informatici.
Il ministro Stanca e la Commissione per il software a sorgente aperto nella pubblica amministrazione hanno la possibilità reale di far crescere l?importanza culturale del Paese sfruttando un patrimonio già esistente, senza grandi investimenti ma solo spezzando una catena di dipendenza da monopoli sedimentati e non rispondenti alle esigenze di sviluppo.

Sviluppo e scelte strategiche
A nostro avviso, quindi, la pubblica amministrazione è il migliore candidato per iniziare la migrazione verso il software libero per almeno tre ragioni.
Primo: perché è necessario non solo adottare meccanismi di governo trasparenti, ma anche usare mezzi accessibili universalmente ai cittadini. Il software libero è l?unico mezzo che garantisce accessibilità universale anche nel tempo.
Secondo: perché nessuno Stato può permettersi di dipendere dagli autori del software (specie se stranieri) senza mettere a rischio la propria sovranità. Il software libero garantisce sempre controllo completo sui programmi in uso.
Terzo: perché la pubblica amministrazione può dare il buon esempio e incoraggiare cittadini e aziende a scambiarsi documenti con formati aperti. I governi dovrebbero garantire la pluralità del mercato, anziché inquinarlo imponendo l?uso di un solo sistema operativo per interagire con l?Ufficio entrate, ad esempio.
Il governo italiano deve anche evitare ?accordi segreti? con aziende private: firmare protocolli dal contenuto non divulgabile per poter leggere codice sorgente dubbio, può essere accettabile solo per un?azienda ma non in una democrazia.

(C) 2003 Free Software Foundation – Italia /Vita non profit magazine
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Glossario:
Gnu/General Public License:
Altrimenti Gnu/Gpl. Licenza che accompagna il software libero e che garantisce libertà di: eseguire il programma per qualunque scopo, senza vincoli sul suo utilizzo; studiare il funzionamento del programma; adattarlo alle proprie esigenze; ridistribuirne copie; migliorarlo e distribuirne i miglioramenti.
www.linux.it/GNU/gpl.txt

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Le puntate precedenti:
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