Scuola
Quando il libro di testo è un extra budget
È tempo di acquistare i libri per il prossimo anno scolastico e sempre più spesso ci sono materie che non prevedono nessun testo. Non per scelta, ma per colpa di un tetto di spesa che non viene aggiornato dal lontanissimo 2012. I prof così sono costretti a rinunciare ai libri. Ma se dietro questo problema si celassero nuove opportunità?
Luglio è il mese in cui le famiglie iniziano la ricerca dei libri scolastici da mettere nello zaino a settembre. Capita sempre più di frequente che negli elenchi pubblicati dalle scuole manchino i testi di alcune materie. Alla richiesta di chiarimenti, le segreterie scolastiche rispondono che come da normativa: «il Collegio dei docenti adotta i libri di testo in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e con il limite di spesa stabilito per ciascuna classe di corso». Di fatto il problema è che il tetto massimo previsto per i libri, per cercare di mettere un limite alla spesa che le famiglie devono sostenere, non viene aggiornato da più di un decennio e così gli aumenti dei prezzi dei libri obbligano i consigli di classe a rinunciare a qualche libro.
Il Parlamento nel convertire in legge il decreto legge Sport e scuola (è stato approvato in via definitiva il 23 luglio 2024) ha disposto che nel Decreto legge 25 giugno 2008, che regola i tetti di spesa e il loro aggiornamento annuale, sia inserita la frase «I tetti di spesa di cui alla presente lettera sono adeguati al tasso di inflazione programmata». L’articolo in questione è il 14-ter, riferito a misure urgenti in materia di welfare studentesco. Si tratta di un passo in avanti? Sì e no. nel senso che è utile solo se, come previsto peraltro dalla norma del 2008, il ministro dell’istruzione ogni anno emanasse il decreto che definisce i tetti di spesa.
Il tetto per arginare il caro-libri
L’articolo 27 della legge 448 del 1998, infatti, ha introdotto per la prima volta un tetto alla spesa delle famiglie per i testi scolastici. Secondo la norma spettava al ministero dell’istruzione individuare ogni anno con un decreto i criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno della scuola dell’obbligo. Questo valore doveva essere assunto come limite all’interno del quale i docenti dovevano fare le proprie scelte.
Dieci anni dopo la disciplina è stata rivista con il Decreto legge 112 del 2008 che all’articolo 15 ribadisce che il prezzo dei libri di testo nella scuola primaria e i tetti di spesa dell’intera dotazione libraria necessaria per ciascun anno della scuola secondaria di primo e di secondo grado devono essere stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione.
I tetti massimi di spesa? Fermi al 2012
Dunque il ministero dovrebbe fissare i tetti massimi di spesa per ogni anno scolastico tenendo conto, anche, degli effetti dell’inflazione. Nei fatti però l’adozione dei libri è disciplinata, da molti anni, dalla nota ministeriale del 09 aprile 2014 che rimanda allegato 1 del Decreto 43 dell’11 maggio 2012 che – per esempio – per la scuola secondaria di primo grado fissa la spesa massima a 294 euro per le classi prime; 117 euro per le classi seconde; 132 per le classi terze.
I prezzi dei libri scolastici intanto salgono. Secondo i dati dell’Associazione italiana editori solo nel 2023 sono aumenti, rispetto all’anno precedente, del 3,04% per la scuola secondaria di primo grado e del 3,42% per la secondaria di secondo grado.
Va aggiunto che nell’articolo 6 della legge 128 del 2013 “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” si legge che: «i testi consigliati possono essere indicati dal Collegio dei docenti solo nel caso in cui rivestano carattere monografico o di approfondimento delle discipline di riferimento». Questo vuol dire che se un docente volesse “consigliare” ai genitori di comprare comunque il libro di testo della sua materia, anche se non è stato inserito nell’elenco di quelli adottati, non può farlo non avendo esso carattere di monografia o approfondimento.
Inoltre il Ministero, con il Decreto 781 del 2013, precisa che il tetto di spesa è ridotto del 10% se sono adottati i testi in versione cartacea e digitale accompagnata da contenuti digitali integrativi e del 30% se sono solo testi in versione digitale accompagnata da contenuti digitali integrativi. È ammesso, però, uno sforamento del tetto del 10% che il Collegio docenti deve motivare.
È così che da più di dieci anni i docenti a maggio si armano di fogli di calcolo per valutare al centesimo i costi dei testi da adottare e cercano le soluzioni più fantasiose per perorare la propria causa e riuscire a mettere in elenco il libro della propria materia. Il principio di una democratica rotazione è quello che spesso prevale.
Tetti di spesa: da limite a opportunità
«Forse è giunto il momento di iniziare a vedere i tetti di spesa come un’opportunità e non solo come un limite», spiega Angelo Lucio Rossi dirigente scolastico e presidente della Rete Ipm 2020 – Insieme per la musica di Milano: «La scuola ha autonomia didattica, organizzativa e di ricerca. Il libro è uno strumento didattico, ma non l’unico. Per altro può rappresentare un vincolo che porta il docente a procedere stancamente lungo una strada già segnata e ripetuta per anni. Il collegio docenti, in virtù dell’autonomia didattica, può sperimentare altri strumenti didattici. Si può scegliere, per esempio, di progettare con la classe il proprio libro di testo. I giovani docenti hanno le competenze per elaborare autonomamente nuovi strumenti per la didattica. Serve una rinascita educativa che punti su strumenti didattici progettati dalla comunità educante. Libri o quaderni didattici realizzati, anche, con la partecipazione degli alunni».
Una bella sfida, che cambierebbe non solo quello che accade oggi nei consigli di classe in cui gli insegnanti si concentrano a calcolare al centesimo i costi dei testi da adottare, spesso abdicando ai criteri di scelta che dovrebbero essere in coerenza con il piano dell’offerta formativa e l’ordinamento scolastico. Ma anche alcune situazioni di disparità che si verificano nelle classi in cui chi può e vuole acquista comunque i libri che mancano negli elenchi.
Nella foto di apertura la libreria Acqua Alta di Venezia (foto: Associazione Editori Veneti)
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