Lavoro

Quando il dipendente diventa imprenditore. Il caso delle 323 imprese italiane “salvate”

Legacoop presenta un approfondimento sull’evoluzione normativa del Workers buyout, il prezioso strumento che ha consentito il recupero di 323 imprese da parte dei lavoratori in forma cooperativa. Tra questi: Ceramiche Noi e Birrificio Messina

di Sabina Pignataro

Quando c’è crisi, ci sono i Workers Buyout (Wbo). È successo con la grande recessione. E anche con la pandemia. Per Workers buyout si intende il salvataggio di un’impresa in crisi – oppure senza successori – da parte dei lavoratori che subentrano nella proprietà, conservando competenze, capacità e clienti e, quasi sempre, costituendosi in una cooperativa. In italiano trova una definizione equivalente in “impresa recuperata” o “impresa rigenerata”, ma è ormai d’uso comune il termine anglosassone.

Una ricerca di Area Studi Legacoop – che ha portato alla costruzione del campione più ampio mai realizzato in Italia – identifica, dall’entrata in vigore della Legge Marcora, nel 1985, al 2020, 323 imprese recuperate da parte dei lavoratori in forma cooperativa, che hanno coinvolto 10.408 lavoratori, con un tasso di sopravvivenza del 35%.

Circa il 75% delle operazioni condotte a partire dal 2003 (anno di entrata in vigore della riforma della Legge Marcora) sono tuttora attive. Oltre il 54% del campione (176 imprese) è composto da cooperative che aderiscono o hanno aderito negli anni di attività̀ a Legacoop: tra le attive ad oggi, il 74% aderisce a Legacoop. L’analisi basata sullo stato di attività̀, mostra che le imprese associate presentano complessivamente un tasso di sopravvivenza (47,2%) nettamente più alto di quello riscontrato tra le non aderenti (20,4%).

Il ruolo di Legacoop nella nascita di un WBO

Nel 2020, Legacoop, Confcooperative e AGCI insieme a CGIL, CISL e UIL hanno stretto un accordo sulla base del quale si impegnano a mettere in campo una serie di attività, svolgendo un’azione di monitoraggio periodica delle crisi in atto sul territorio o comunque di tutte le eventuali situazioni di configurabilità di un WBO, individuando insieme specifici indici di riferimento e impegnando le proprie strutture ad adoperarsi per la segnalazione dei casi ritenuti compatibili.

Ancora, Legacoop, attraverso le sue diverse articolazioni territoriali e settoriali, svolge un ruolo attivo non solo nella fase di promozione dei WBO ma anche nell’accompagnamento dei lavoratori alla nascita delle nuove iniziative imprenditoriali in forma cooperativa. L’associazione viene normalmente coinvolta sin dagli albori dell’iniziativa, innanzitutto nella definizione della sua fattibilità economico-finanziaria e organizzativa, nella verifica delle condizioni formali e sostanziali di sviluppo del progetto, assumendo un ruolo chiave nell’interlocuzione con tutti gli stakeholder che intervengono nel processo (sindacati, strumenti finanziari cooperativi e istituti di credito, istituzioni, organi delle procedure, clienti, fornitori della vecchia azienda, imprese del movimento cooperativo, ecc.), e supportando a raggiungere l’obiettivo i lavoratori intenzionati a realizzare il progetto.
Tra i primi risultati raggiunti dopo l’accordo, va evidenziata la nascita nel marzo del 2021 a Bologna del primo Osservatorio congiunto tra cooperative e sindacati sul Workers buyout.


Alcuni esempi

Da quando esiste lo strumento del Workers buyout, Legacoop, tramite il fondo mutualistico Coopfond, ha sostenuto numerose operazioni di successo, creando nuova occupazione e preservando ricchezza, professionalità e competenze: dall’inizio della crisi finanziaria del 2008 ha avviato 75 workers buyout, che hanno coinvolto 1500 soci e salvato 1700 posti di lavoro.

Tra queste: Ceramiche Noi; Birrificio Messina; Fenix Pharma; 7Wash; CFD-Cooperativa Fonderia Dante; Cartiera Pirinoli; Arbizzi; Centro Olimpo (si trova a Palermo la prima impresa sottratta alla mafia, operativa nella grande distribuzione organizzata, recuperata dai propri dipendenti).

Quando al Congresso 2023 di Legacoop Nazionale ha preso la parola Lorenzo Giornelli, direttore commerciale di uno dei più celebri Workers buyout, l’umbro Ceramiche Noi – citato anche dalla presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen come esempio di flessibilità organizzativa per far fronte ai rincari energetici -, non ha esitato ad ammetterlo: «è dolorosissimo il passaggio da dipendente a imprenditore, è necessario tutto il supporto possibile e tanta formazione». Si tratta, com’è evidente, di «un cambio di mentalità e di responsabilità dal quale dipende il destino in salute – o meno – di un’azienda».

è dolorosissimo il passaggio da dipendente a imprenditore, è necessario tutto il supporto possibile e tanta formazione

Lorenzo Giornelli, direttore commerciale di Ceramiche Noi

Perché una cooperativa?

La forma d’impresa cooperativa è lo sbocco naturale per le operazioni di Workers buyout, rappresentando, con i valori legati al mutualismo e alla parità di peso dei soci che la contraddistinguono, il miglior sistema per assicurare un seguito di vita sano a un’azienda in crisi o senza successori che viene acquisita dai lavoratori.

Il WBO è una possibilità imprenditoriale che poggia su un solido corpus normativo che ne garantisce il supporto patrimoniale e finanziario: messa a fuoco e regolamentata per la prima volta dalla legge Marcora (n. 49) nel 1985, voluta dall’allora ministro dell’Industria Giovanni Marcora, è stata nel corso degli anni rafforzata da numerosi provvedimenti che la rendono un’opzione concreta e in molti casi di successo e gratificazione per chi la sceglie.

I notevoli vantaggi sociali sono stati affiancati nel tempo da quelli fiscali. Con la legge di bilancio 2021 sono state disciplinate specifiche agevolazioni: l’esenzione fiscale per i lavoratori degli importi di TFR che vengono da loro destinati alla sottoscrizione del capitale sociale delle cooperative; l’esenzione dall’imposta di successione e donazione per i trasferimenti di aziende, di quote sociali e di azioni (ex art. 3, c. 4-ter del TU sulle successioni e donazioni, D.Lgs. n. 346 del 1990) e dalla tassazione delle plusvalenze relative alle medesime operazioni, come previsto dall’articolo 58 del Testo unico delle imposte sui redditi.

La foto in apertura è di Esseci per Agenzia Sintesi

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.