Volontariato

Quando far ridere serve a guarire anche se stessi

Clown dottori? Serve una formazione mirata (di Sara De Carli).

di Redazione

Già il nome fa ridere: gelotologia. Come, che cos?è? È la scienza che dimostra che ridere fa bene. I medici fanno ricerca, ma stranamente sono un po? restii a mettersi un naso rosso; e allora sono i clown che entrano in corsia. Molte associazioni organizzano corsi di formazione specifica per clown e volontari: trasfusioni di cioccolata e trapianti di naso non si possono improvvisare! Adesso basta con gli scherzi: il lavoro dei vari ?dottor sorriso? e ?medici della risata? richiede una formazione mirata, perché i clown devono sapersi avvicinare alla sofferenza con delicatezza e rispetto. Il precursore è stato Michael Christensen, del Big Apple City Circus Clown Care di New York. Da lì sono partiti i vari progetti di sperimentazione, arrivati in Italia all?inizio degli anni 90. Oggi sono già molti i risultati consolidati e le associazioni storiche del settore: Clown Aid e Soccorso Clown a Firenze, Ridere per vivere a Roma, la Fondazione Garavaglia-Dottor Sorriso a Milano. Il metodo è serissimo. A Ridere per vivere l?hanno diviso in due: comicità passiva e attiva. Se ridere fa bene perché libera le vie respiratorie, abbassa il colesterolo e combatte la stitichezza, tirare fuori la propria vena comica e umoristica è un detonatore della capacità di autoguarigione. L’ospedale pediatrico Anna Meyer, a Firenze, nel 1999 è stato il primo ad avere un?équipe stabile di clown presenti in corsia, i Soccorso Clown. Lavorano per rendere l?ambiente ospedaliero più vivibile e per ridurre lo stress dei pazienti; i risultati si vedono nei disegni dei bambini: da quando ci sono i clown, sono diventati a colori. Il progetto non vuole soltanto creare momenti di evasione per i piccoli pazienti, ma integrare le normali terapie. I clown viaggiano sempre in coppia, fanno spettacoli per il reparto – inclusa la rianimazione – oppure, su richiesta, lavorano faccia a faccia col singolo bambino. La prima regola è il rispetto del paziente: è lui che decide se e quando giocare con il clown, e la risata è l?unica medicina che può rifiutare. I numeri danno ragione ai pagliacci col camice: un calo del 20% nell?uso degli anestetici. Grazie alle tecniche di distrazione dei clown dottori, i bambini hanno una percezione molto ridotta del dolore provocato da procedure mediche e diagnostiche fastidiose: dal classico prelievo alla gastroscopia, fino alla puntura lombare e al prelievo midollare. Per questo il metodo sarà esteso a tutti gli ospedali della Toscana, anche non pediatrici.

Sara De Carli


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