Cultura

Quando Dante incontra Lana Del Rey

Su TikTok spopola Dante, con un sonetto abbinato ad una canzone di Lana Del Rey. C'è chi inorridisce e chi cita T.S. Eliot e Virginia Wolf per ricordare che la poesia emoziona perché comunica prima ancora di essere compresa. E che «il diritto all'emozione appartiene a tutti». In dialogo con Paola Lisimberti, la prof che Dante lo ha già portato su Telegram

di Sara De Carli

Lana Del Rey

Se i vostri figli in questi giorni improvvisamente declamano Dante, il merito probabilmente è di TikTok. Da qualche giorno infatti lì spopola uno dei sonetti più celebri dalla Vita Nova, il “Tanto gentile e tanto onesta pare”. Su TikTok gli hanno messo come sottofondo Lana Del Rey e da lì in avanti poi ognuno ci ha fatto quel che gli pare, sollevando lo scandalo dei puristi. Fatto sta che da cinque giorni Dante sta nei trend di TikTok in Italia e il video di Edoardo Prati che lo difende, per esempio, ha 1,6 milioni di visualizzazioni. Il giovanissimo “Barbero di TikTok” cita Virginia Wolf per ricordare che la poesia altro non è che far risuonare quei sentimenti e quelle emozioni che abbiamo già provato e che «il diritto di emozionarsi è di tutti», anche di chi non ha un dottorato in filologia.

Paola Lisimberti insegna Lettere e Latino, è PhD in Scienze delle Relazioni Umane e fa la formatrice. L’uso delle tecnologie nella didattica e gli ambienti di apprendimento sono il suo pane quotidiano. Anni fa con i suoi alunni ha portato Dante su Telegram e anche oggi dice che «se potessi, a scuola farei solo la Divina Commedia».

Dell’exploit di Dante su TikTok non è stupita: «Dante è vivo, viva Dante!», dice. Perché Dante su TikTok “parla” ai ragazzi e in classe no? Questa è la domanda delle domande. «Me lo chiedo tutti i giorni. Io ho una grande passione per Dante e dopo 31 anni di insegnamento posso dire che mi ha guidato… Ho fatto diverse sperimentazioni, anni fa con Telegram ora con l’AI, proprio perché Dante è sempre vivo. Infondere la passione è il compito dell’insegnante e per poterlo fare deve stare accanto agli studenti e alle forme espressive che a loro appartengono. La letteratura deve diventare vita, deve essere importante per la nostra vita e tante situazioni della Commedia si prestano benissimo ad essere sentite vicine. Lo stesso vale per “Tanto gentile e tanto onesta pare”. Anche l’attitudine alla recitazione nei ragazzi non è rara… perché si emozionano, perché la poesia e la musica non sono disgiunte».


Non solo parola

Dante infatti, ricorda la professoressa, «appartiene a un mondo che non era solo fatto di parola, ma anche di musica, suono, colore, geometrie e anche odori. L’insegnante che legge e fa la parafrasi assolve a una funzione, ma non appassiona. È lo stesso Eliot, nel 1929, che ci ricorda che l’immaginazione di Dante è visiva, che è quello che mi è venuto in mente guardando i video. Marco Dallari dice che la nostra cultura e il nostro sistema scolastico hanno separato i linguaggi, abbiamo creato recinti, e questo è uno dei motivi per cui la scuola è debole. Non consideriamo che oltre alla parola ci sono tutti gli altri linguaggi, i famosi cento linguaggi dei bambini del Reggio Children… Dante non è solo parola, è musica, è visione. E poi l’emozione. Le persone che hanno fatto un video su TikTok si sono immedesimate in un sonetto che parla di una donna e di un’emozione che abbiamo vissuto tutti. Eliot dice che la poesia riesce a comunicare prima ancora di farsi capire. Chi critica oggi quel che è successo su TikTok forse deve tornare a leggere Eliot. In classe ovviamente quello di TikTok non può essere il punto di arrivo della lezione, ma un punto di partenza… perché no?».

Dante al McDonald’s

D’altronde è proprio di Dante che chiedono i ragazzi di una scuola della periferia romana, la ex Ilaria Alpi, tre settimane dopo la fine degli esami, seduti ai tavolini roventi di un McDonald’s. Prof, prima di salutarci vorremmo chiederle una cosa… come finisce la Divina Commedia? Finiscono così le ultime pagine di Leggere Dante a Tor Bella Monaca, il bel racconto che Emiliano Sbaraglia fa di un anno in classe, in una scuola media di frontiera (è appena uscito per edizioni e/o). Leggetelo, sarà lampante che davvero «il diritto di emozionarsi appartiene a tutti», senza storie.

Foto di Richard Shotwell, LaPresse

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