Non profit
Quando alletica non torna il conto
I conti etici lanciati dalle banche: bilancio di un flop. Annunciato
di Paola Mattei
Quelli che le banche hanno, con leggerezza e pomposità, chiamato ?conti etici?, cioè quei conti correnti istituiti con lo scopo di offrire al correntista la possibilità di devolvere una quota degli interessi attivi maturati a enti non profit, hanno deluso decisamente le aspettative. I risultati? Un vero flop. Raccolte fondi irrisorie, coinvolgimento limitato e arbitrario (cioè senza regole e senza trasparenza) di enti benefici, mancanza di convinzione da parte delle stesse banche a ?spingere? adeguatamente questi prodotti, mancanza di rendicontazione e di monitoraggio sui pochi soldi devoluti. Anche a causa del forte calo dei tassi di interesse, dopo soli pochi anni trascorsi da quando comparve sul mercato, forse è già arrivato il momento di celebrare il ?de profundis? per questo strumento finanziario (malgrado la Cariplo con tempismo incredibile ne abbia acceso uno proprio in queste settimane). Ma proviamo a guardare le cifre dei principali ?conti etici?, almeno quelle che ci è stato possibile raccogliere.
Risale al 1994 la scelta fatta dalla Banca Popolare Commercio e Industria di dare ai titolari di conto corrente la possibilità di destinare una percentuale degli interessi netti maturati nell?anno (minimo 5%) a favore di organizzazioni non profit individuate insieme ai giovani imprenditori di Assolombarda (sic!). Cinque anni fa i tassi non erano ancora così bassi come oggi, quindi qualche cifra significativa sarà stata pure raggiunta. Abbiamo chiesto perciò alla banca di indicarci almeno l?ammontare complessivo della raccolta, ma il dato ci è stato negato adducendo inderogabili esigenze di riservatezza. Resta il dubbio che i risultati siano non comunicabili per altre ragioni, come l?esiguità della cifra raccolta e la discutibilità degli enti prescelti.
Ancora più abbottonati si sono mostrati alla Cassa di Risparmio di Firenze, sia sulle cifre che sulle associazioni beneficiarie. Un dirigente, molto onestamente ci dice: «Sono operazioni che avevano qualche senso quando i tassi di interesse arrivavano al 10%, ma oggi… Oggi è meglio il silenzio».
Fu nel 1996 che la Banca Popolare di Milano introdusse l?opzione per i suoi correntisti di stornare parte degli interessi attivi maturati a favore della Fondazione San Carlo di Milano. Dopo tre anni la raccolta complessiva realizzata non supera i 60 milioni, cioè 20 milioni l?anno! Davvero poco per una grande banca. Ha invece 6 mesi di vita il conto ?Noi e Voi? del Banco Ambroveneto che prevede una devoluzione fissa di 4 mila lire mensili per conto corrente, metà le mette il correntista, l?altra, 2000 lire al mese, la banca (meno del costo di un bonifico), a favore di 5 organismi non profit scelti addirittura con lo strumento molto scientifico del sondaggio d?opinione. Finora sono stati aperti 600 conti, la stima prevista per l?anno in corso ne indica 1800, per un importo complessivo di circa 80 milioni. In Ambroveneto il conto ?Noi e Voi? lo hanno battezzato ?una sfida culturale? perché la banca condivide una scelta di solidarietà fatta dal correntista. Sarà pure così, ma 80 milioni annui ci sembrano un po’ pochi per un colosso del sistema bancario e i meccanismi di scelta degli enti, per altro, non c?entrano nulla con la scientificità e l?eticità.
L?ultimo nato è infine il Conto etico Cariplo, lanciato con una campagna che dice ?Aiutare chi aiuta è facile?, soprattutto per la Banca verrebbe d?aggiungere. Qualunque correntista può devolvere dai tassi d?interesse del suo conto la percentuale che desidera a favore di 14 enti benefici, anche qui scelti in maniera del tutto arbitraria, cioè senza criteri certi e trasparenti. A fine anno la banca ci mette di suo il 10% della somma complessiva raccolta. Essendo appena partito naturalmente non è possibile fare previsioni quantitative. Ma se i tassi di interesse viaggiano ormai intorno alla media dell?1% per cento, anche stavolta si raccoglieranno le briciole. Un dubbio: ma se questi conti fintamente etici rappresentassero per le banche una buona scusa per non fare più nemmeno quel po? di beneficenza che tradizionalmente facevano, e un?occasione in più per coprire inaccessibilità al credito e alle informazioni da parte dei cittadini e anche degli enti non profit con un?operazione di facciata?
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