Welfare
Quale giustizia per Hussein? Il raìs a Paperopoli
La fine del despota ha acceso la discussione su quale tribunale lo debba giudicare. Il più accreditato è il tribunale appena istituito a Bagdad. Ma che processo sarà?
“Ma, sai, ci può essere qualcuno pronto a puntare il dito se entriamo in contatti troppo amichevoli con uno che si diverte a sparare scariche da duemila volt sui prigionieri politici. Cosa che fa con molta disinvoltura, mi pare”. “Voci maligne”, disse Mark disperdendo nell?aria il fumo del sigaro con la mano, “non ho visto nulla che le comprovi”. Così, ne La famiglia Winshaw di Jonathan Coe (1994), alcuni sudditi del Regno Unito parlano del presidente dell?Iraq.
Una buona notizia
Chiunque abbia a cuore la difesa dei diritti umani non può che essere soddisfatto della cattura di Saddam Hussein. Il suo governo ha scatenato guerre e insanguinato la regione, ha perseguitato centinaia di migliaia di persone. Le organizzazioni per i diritti umani queste cose le sanno da tempo, molte diplomazie pare se ne siano accorte solo qualche mese fa. Ora occorre che il raìs venga portato di fronte a un tribunale equo, che subisca un processo pubblico e trasparente. I processi, naturalmente, servono per analizzare singoli fatti e valutare responsabilità individuali, non per dare giudizi storici. Ma quello a Saddam Hussein potrebbe comunque contribuire a cambiare la storia, se fornirà elementi per capire come il suo potere abbia potuto resistere per decenni. Potrebbe aiutare a comprendere quali e quanti siano stati i supporti internazionali ricevuti dal regime iracheno, potrebbe essere l?occasione per ripensare le politiche estere, talvolta ciniche, spesso improvvisate e superficiali, messe in atto dai Paesi più potenti del mondo.
Saddam Hussein non finirà di fronte alla Corte penale internazionale, perché è entrata in vigore solo nel luglio 2002 e non ha potere retroattivo, e perché il suo statuto non è stato ratificato né dall?Iraq né dagli Usa che il raìs l?hanno preso in custodia. L?ipotesi più probabile è che Hussein venga processato da un tribunale istituito il 10 dicembre scorso dal Consiglio che formalmente sta governando l?Iraq. Ma anche se questo tribunale sembra conforme agli standard internazionali in tema di genocidio, crimini di guerra e contro l?umanità, decenni di dittatura hanno tolto all?Iraq ogni competenza ed esperienza nell?amministrazione della giustizia. Senza un contributo di giuristi internazionali, esperti sui crimini di cui Saddam Hussein è accusato, difficilmente questo processo potrà essere utile sia al popolo iracheno che alla comunità internazionale.
Crimini e bandiere
A questi problemi di tipo tecnico-giuridico si aggiunge il rischio che i crimini di Saddam Hussein vengano sbandierati ed enfatizzati al solo scopo di giustificare la guerra in Iraq e minimizzare l?importanza dei crimini compiuti dalle forze di occupazione. È un modo di fare che i governi dei Paesi più importanti hanno già collaudato, spesso con la collaborazione della maggior parte dei media dei loro Paesi. I drammi della ex Jugoslavia, in particolare del Kosovo, sono stati attribuiti esclusivamente a Milosevic; le tragedie dell?Afghanistan, dopo essere state ignorate per decenni, sono state spiegate semplicemente come responsabilità dei talebani del mullah Omar; il clima di terrore mondiale è descritto come colpa unica di Osama Bin Laden e allo stesso modo, naturalmente, tutti i guai iracheni vengono imputati a Saddam Hussein.
La Banda Bassotti
È come se il mondo fosse una sorta di Paperopoli dove la cosa più importante da fare è arrestare i Bassotti, e il resto dei cittadini potrà vivere tranquillo e sereno. Un modo di banalizzare le cose che ha il vantaggio di rendere inutili analisi volte a spiegare chi ha sostenuto questi ?cattivi? per decenni. Un modo per evitare scomode domande sulle responsabilità dei Paesi più potenti, che si sentono così autorizzati ad andare avanti per la propria strada senza grandi ripensamenti.
Nelle riunioni del G8 degli ultimi due anni sono state spese ore a discutere di terrorismo. Neanche pochi minuti sono mai stati dedicati, invece, per affrontare il tema del commercio delle armi grazie al quale, al di fuori di ogni controllo, gli ?otto grandi? stanno continuando a rafforzare la propria supremazia.
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