Quale futuro se il Belgio apre alla morte dei minori?

di Marco Dotti

Dal 2010, sono molti i dossier concernenti tematiche di “politica della vita” esaminati dalle commissioni riunite di Giustizia e Affari sociali (Commissions réunies de la Justice et des Affaires sociales) del Senato belga.  A oggi, su 48 dossier aperti in sede congiunta quasi 2/3 riguardano i temi dell’utero in affitto, dell’interruzione di gravidanza e quelli dell’estensione dell’eutanasia ai minori e alle persone affette da gravi deficit mentali,  . 

Prendo qui l’espressione “politica della vita” nel significato più semplice, descrittivo e immediato possibile: politica intesa come azione di politics e/o policy, ossia di decisione e/o attuazione di un programma, che non solo tocca, alterandoli, i principi generali del sistema (la cd. polity), cornice entro cui quelle azioni di politics e quelle strategie di policy dovrebbero operare, ma scuote… Che cosa, scuote? Scuote le corde tradizionali del rapporto tra individuo, principi e poteri, ma, fatto inedito –  in considerazione di un’estensione tecnico-funzionale dei poteri e di una loro capacità di intervento senza precedenti sul vivente  -,  travolge la vita stessa, tanto nei suoi codici simbolici e concreti, quanto nelle sue terminazioni nervose e profonde.

A dispetto del nome, questa politica opera non per la vita e la sua difesa, ma dentro una perversione profonda. Perverte l’habeas corpus, ovvero il principio che di non ingerenza di poteri nella vita stessa delle persone. Lo fa dichiarando una “non ingerenza”, mascherandola da “diritto” -(in realtà una delega del consenso a un apparato tecnico-funzionale: clinici, medici, psichiatri), ma così facendo tocca i codici di quella che Nikolas Rose, già direttore del BIOS-Centre for the Study of Bioscience, Biomedicine, Biotechnology and Society della London School of Economics e oggi  direttore del dipartimento di  scienze sociali, salute e medicina del King’s College di Londra, definisce la cittadinanza biologica (torneremo sul concetto in un altro post del blog).

Nell’ultimo decennio, almeno 16 sono stati gli specifici progetti di legge volti a estendere anche ai minori il “diritto di eutanasia” già sancito ex lege nel 2002. Questi progetti di legge costituiscono l’indubbio antecedente di quello che, dopo mesi di discussione e una ventina di emendamenti approvati, il 27 novembre scorso ha ottenuto parere favorevole delle commissioni e attende ora la sua più che probabile conversione in legge, a dispetto di una legislatura che si appresta a terminare.

La proposta volta a estendere l’eutanasia ai minori, modificando la legge del 28 maggio 2002 (“Proposition de loi modifiant la loi du 28 mai 2002 relative à l’euthanasie en vue de l’étendre aux mineurs”), è stata depositata in commissione il 26 giugno  e ora è nelle mani del Parlamento, dopo il parere favorevole (13/26 voti a favore, 4/8 contrari) espresso dalla Commissione il 27 novembre scorso. 

Nel Senato belga siedono 71 senatori, di cui 40 vengono eletti su base federale, 1o sono “cooptati” dai loro pari e 21 esponenti sono invece nominati dai parlamenti delle comunità. Promotori dell’iniziativa del Senato sono stati i socialisti Philippe Mahoux e Guy Swennen – entrambi cooptati, ma il primo appartenente al francofono PS il secondo al fiammingo SP.a – e i “sénateurs de communauté” Jean-Jacques De Gucht (comunità fiamminga. esponente dell’Open Flemish Liberals and Democrats) e di Christine Defraigne (comunità francese. esponente del MR, il Mouvement réformateur). Se Philippe Mahoux è il nome più noto, essendo stato tra le tante cose della legge entrata in vigore il 20 settembre 2002, va detto che anche Jean-Jacques De Gucht si è a lungo mobilitato sul tema, avanzando più di un intervento di modifica sulla stessa legge (→ qui).

Cattolico e di centro-destra, come l’Open-VLD di De Gucht il Mouvement réfourmateur di Christine Defraigne aderisce all’ALDE PARTY, l’Alliance of Liberals and Democrats for Europe presente al Parlamento Europeo e a cui fa capo anche l’IDV di Antonio di Pietro (vedi →.QUI).

Avvocato, particolarmente impegnata sul tema dei minori e delle famiglie, la senatrice Defraigne si è apprestata a chiarire la propria posizione, affermando che  la legge del 28 maggio 2002 «non ha dato luogo a alcuna deriva e il numero delle eutanasie si è evoluto in maniera lineare e non è esploso di colpo».  Vediamo però nello specifico le sue dichiarazioni, delle quali sottolineaiamo i punti critici.


Elargissement euthanasie : les réactions – Sénatrice MR Christine Defraigne from ActuaMedica on Vimeo.

Punto della senatrice Defraigne«Abbiamo lavorato a lungo», ha dichiarato la senatrice, e «in questo lungo percorso legislativo, e abbiamo fatto molte audizioni. Questa estensione della legge del 2002 sull’eutanasia è necessaria. (…) bisogna istituire una certezza giuridica per i medici che si confrontano con queste situazioni».

Contrappunto critico: sembra dunque che la legge abbia come ratio quella di stabilire una depenalizzazione di una pratica ricorrente e per ora illecita… Per questo la senatrice parla di”certezza giuridica per i medici”?

Punto della senatrice Defraigne. Spingendosi oltre, afferma: «Cosa che reputo ancora più importante è liberare la parola tra il giovane paziente e l’équipe medica che lo segue e, chiaramente, anche con i genitori. Per ora, i medici ci hanno spiegato che questa libertà di parola non esiste. Bisogna quindi procedere nella direzione di un dialogo permanente».

Contrappunto critico: se e in che misura la parola consegnata ai clinici e a un dispositivo tecnico-funzionale è una parola “liberata”? . 

Punto della senatrice Defraigne. Sul suo sito (→qui)  la senatrice Defraingne scrive: «La sofferenza di un bambino merita la stessa attenzione di quella di un adulto. Anche i bambini hanno diritto di morire con dignità».

Contrappunto critico: la legge non prevedeva l’estensione ai minori, parlando di “mineurs”? Perché siamo passati a parlare di bambini, “enfants”?   

In attesa di un confronto, rileviamo che si tratta di un provvedimento che segna un apparente punto di svolta, rispetto alla normativa precedente, prevedendo che l’eutanasia attiva possa essere richiesta anche dal minore, purché dotato di accertata “capacità di discernere”. Finora si prevedeva un’unica possibilità: che il minore fosse emancipato. Ma ora? Che cosa succederà? A che età un minore – visto che il progetto non lo specifica – è considerato portatore di “capacità di discernere”? Difficile rispondere.

Va detto che il percorso della normativa in Senato ha subito un’accelerazione dopo che, il 1 ottobre scorso l’opinione pubblica è stata fortemente scossa dal caso di Nathan/Nancy.

Un 44enne giunto allo stadio terminale di una malattia, fattosi operare per cambiare sesso, non sopportando più la vista del proprio corpo dopo l’operazione, ha fatto ricorso all’eutanasia attiva. Altre questioni e altre parole su parole: sofferenza psichica? Dolore fisico? Fine vita? Il medico che gli ha praticato l’eutanasia, Wim Distelmans  ha spiegato che «soffriva sia psichicamente che fisicamente», pertanto «c’erano le condizioni legali per ricorrere all’eutanasia».

La legge belga, ha confermato Jacqueline Herresman, della Commission Euthanasie, non distingue tra sofferenza fisica e psichica. «La persona deve essere colpita da un male incurabile che le procura sofferenza insopportabile, ma questa sofferenza può essere di ordine fisico o psichico». Resta il fatto che quello trattato dal dottor Win Distelmans è il primo caso di eutanasia autorizzata per una «sofferenza psichica insopportabile». È un caso che apre non pochi, inquietanti scenari nel panorama della politica della vita. 

Un sondaggio condotto all’inizio di ottobre, in seguito al caso di Nathan/Nancy, sembrerebbe dare ragione alle tesi di coloro che vogliono un’estensione dell’eutanasia ai minori “capables de discernement”che ne facciano richiesta: i belgi la chiedono e la vogliono. Difficile ragionare davanti all’urgenza e all’emergenza istigate a mezzo stampa… Sia come sia, stando al sondaggio de La Libre (qui sotto pubblichiamo l’infografica), 2 belgi  su 5 sarebbero favorevoli al provvedimento, il 75% della popolazione si ritiene “piuttosto favorevole” e il 13% non ha opinioni a riguardo. Cresce, invece, il consendo (siamo all’80%) sull’eutanasia per i malati di mente in condizioni di grave sofferenza (il sondaggio parla di démence type Alzheimer ou de démence vasculaire grave”). Se lasciamo perdere gli indecisi, solo il 4% su base nazionale si dichiara contrario. Questo, secondo gli analisti, è un chiaro segno che persino in ambito cattolico l’idea dell’estensione dell’eutanasia a minorenni e malati ha fatto presa.

 

Il primo paese a introdurre l’eutanasia attiva fu il Northern Territory of Australia (legge del 16 giugno 1995,abrogata dal Parlamento federale australiano il 25 marzo 1997), seguita dall’Olanda (legge del 1 aprile 2002 e, dal 2004, estesa anche ai minori) e, infine, dal Belgio (legge del 16 maggio 2002) e dal Lussemburgo (2008). I paesi del Benelux sono, pertanto, gli unici in Europa ad avere una precisa regolamentazione in tema di eutanasia attiva diretta e volontaria. 

NB: L’eutanasia è detta attiva quando il decesso è provocato direttamente dalla somministrazione di farmaci e viene generalmente distinta da quella attiva indiretta (che, a seguito di una diminuita somministrazione di farmaci, diminuisce i tempi di vita) e dal suicidio assistito (in questo caso, legalizzato in Svizzera, il medico assiste fornendo al paziente quanto necessario per la “pratica”).

In Belgio, come in Olanda, inizialmente si trattava di escludere l’atto di “somministrazione della morte” dal regime dell’illecito, esentando quindi da responsabilità penale il medico, purché in presenza di determinate condizioni. La legge belga del 2002 prevede così che un paziente, giunto alla fase terminale della malattia, possa chiedere l’eutanasia se: 1) è maggiorenne o minore emancipato, cosciente e capace di esprimere la propria volontà; 2) al richiesta è fatta in forma scritta e non è dettata dalle circostanze e dalla tensione del momento; 3) la malattia è definita incurabile e la sofferenza arrecata non è alleviabile; 4) il medico si è consultato più volte col suo paziente e ha chiesto l’ausilio di un medico terzo, discutendo con l’équipe di cura la richiesta del paziente; 5) al termine dell’eutanasia, il medico rediga verbale attestante la regolarità della procedura. Questo nel caso di persone coscienti e consapevolo, ma la legge belga prevede anche un secondo caso, quello dell’incoscienza. Che fare se una persona è incosciente, ma ha firmato un dichiarazione anticipata di volontà e  la sua situazione appare senza via d’uscita («irreversibile, secondo lo stato attuale della scienza»),

Come avvenuto in Olanda, con l’adozione del Protocollo di Groningen (ne parleremo nel prossimo post), l’impatto della legge del 2002 sulle politiche della vita non si è fermato alla regolamentazione dei casi di espressa volontà, ma ha prodotto un effetto domino mirante all’estensione, tramite “simulazione” del consenso a: 1) persone incoscienti; 2) incapaci; 3) minori. 

Tema scivoloso e scottante, ma ancor più scivoloso e scottante quando si parla di un’estensione dell’eutanasia ai malati di alzheimer (proposta avanzata dai socialisti belgi) e ai minori allo stadio terminale di una malattia. Come, seguendo la logica del consenso e tralasciando per ora ben altre questioni, valutarne la corretta “manifestazione”?  Gli esponenti dei partiti socialista fiammingo e vallone, i verdi e i liberali di centro destra che hanno approvato il progetto di legge sostengono che basti la “capacità di discernimento” e che tale capacità venga accertata da una ristretta équipe di tecnici (psicologi e esperti in pedagogia). 

A oggi, sono 1200 i casi di eutanasia praticati in Belgio nel 2013. Ma il numero è destinato a crescere. E se per i minori, nell’immediato, si prevedono 17 casi l’anno, non è da escludere che la linea di crescita visualizzata nel grafico qui sopra e relativa ai primi dieci anni di regolamentazione dell’eutanasia per maggiorenni, non possa presto riguardare anche loro…

… segue

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