Formazione
Quale formazione per il non profit?
La Camera di Commercio di Milano propone di riorganizzare la formazione per i manager del non profit e per i responsabili delle organizzazioni
Ora che il Terzo settore ha raggiunto dimensioni economiche di rilievo che in virtù dei processi di riforma del welfare avrà margini di crescita sempre più ampi, la domanda di formazione che si leva al suo interno non può più essere elusa o soddisfatta episodicamente. C?è bisogno, invece, di percorsi di formazione continui, innovativi e mirati che tengano nel giusto conto della complessità del settore in ordine, per esempio, alla tipologia delle organizzazioni che lo compongono (associazioni, cooperative sociali, fondazioni, ecc.), alle dimensioni delle stesse (sia in termini di addetti che di fatturato), alla composizione della compagine interna (presenza di personale volontario rispetto a quello retribuito).
Insomma, non c?è più tempo per continuare a considerare la formazione nel non profit una sorta di optional senza il quale, comunque, gli enti che vi fanno parte riescono egregiamente a sopravvivere. È vero esattamente il contrario e quanto prima si avrà diffusa consapevolezza di ciò tanto più agevole sarà attivare proficue sinergie tra i diversi attori protagonisti della formazione quali le università, le centrali della cooperazione, i centri di ricerca e così via.
A sostenere con forza queste tesi è l?Osservatorio sull?economia civile della Camera di Commercio di Milano che ha appena ultimato l?indagine ?Quale formazione per il non profit? che verrà presentata a Milano il prossimo 8 giugno al Palazzo Affari ai Giureconsulti (info. tel. 0285154286), nel corso di una tavola rotonda aperta al pubblico alla quale parteciperanno esponenti dell?economia civile, dell?industria, delle istituzioni e del mondo accademico.
«Mentre negli ultimi anni il Terzo settore ha registrato una crescita di grande significatività» sottolinea Federico Montelli, direttore di Formaper, l?azienda speciale per la formazione della Camera di Commercio di Milano, «non altrettanto è accaduto per quanto riguarda la formazione del personale, volontario o retribuito che sia, che in esso presta la propria opera. C?è allora bisogno di recuperare il tempo perduto per mettere in condizione il nostro Terzo settore di raccogliere le grandi sfide che l?aspettano e che senza adeguate professionalità, soprattutto sul fronte gestionale e manageriale, difficilmente potranno vincere». Come procedere allora in concreto? «Puntando, fondamentalmente, su tre direttrici di marcia» risponde Montelli, «innanzi tutto chiedendo alle Regioni, di inserire il non profit in modo non residuale nei progetti di formazione che essa finanzia. Poi è importante che tutti i soggetti che fanno formazione si siedano attorno ad uno stesso tavolo ed individuino i rispettivi ambiti di intervento così da evitare inutili sovrapposizioni.
Infine, sarebbe opportuno dar vita ad un?osservatorio permanente sulla formazione nel non profit che non solo monitori costantemente il settore ma che svolga anche un ruolo ?influenzante? attraverso consulenze ed iniziative ad hoc».
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